E’ stato e viene sottovalutato il grido d’allarme del presidente tunisino Beji Caid Essebsi “Abbiamo l’Isis alle porte” quando ha comunicato la decisione di proclamare lo stato di emergenza nel suo Paese, adottando di conseguenza misure eccezionali per fronteggiare il terrorismo. In vigore dal 15 gennaio 2011 lo stato di emergenza era stato revocato il 6 marzo 2014, ma dopo i tragici avvenimenti di Sousse del 26 giugno scorso si è reso necessario nuovamente il supporto militare delle forze di sicurezza. L’attenzione puntata principalmente sul decisivo referendum in Grecia, le altre (importanti) problematiche (terrorismo compreso) sono comprensibilmente passate in secondo piano. E’ sfuggito così (e forse sfugge ancora), a nostro avviso, che comunque anche la drammatica situazione che vive la Tunisia rientra nel quadro complessivo di una instabilità che ingloba una miriade di elementi che hanno reso e continuano a rendere insicuro lo scenario euro mediterraneo.
L’Europa, e il mondo occidentale nel suo insieme, stanno mostrando una vulnerabilità tanto pericolosamente alta che induce il Califfato jihadista ad essere sempre più spavaldo, ponendosi come “alternativa” ad un modello di vita ritenuto corroso, asfittico e senza prospettiva. Per quanto attiene l’Italia, la sudditanza dimostrata dal premier Matteo Renzi nei confronti della Germania della Merkel proprio in merito alla condizione socioeconomica e politica della Grecia, può aprire varchi impensabili alla propaganda jihadista che si nutre di ogni possibile debolezza di quanti considera “avversari” da abbattere e cancellare. Il richiamo alla “responsabilità” del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo il risultato del referendum greco, è un segnale che dovrebbe essere preso in seria considerazione. Le reazioni (spesso inconsulte) dei protagonisti dell’area euro-mediterranea alla vittoria di Tsipras non possono essere considerate prove di forte coerenza, e anche questi sono fattori negativi che potranno determinare fratture a catena in un contesto che, invece, dovrebbe mostrarsi coeso. Non è un caso che prima del summit di oggi a Bruxelles la Merkel sia volata in Francia da Hollande, non prendendo minimamente in considerazione una presenza del premier italiano nei colloqui. Renzi è stato ritenuto un “elemento” superfluo. Nelle mani della Merkel e di Hollande non c’è soltanto il futuro della Grecia ma di tutti i Paesi euro mediterranei, e oltre. La situazione potrebbe sfuggire a qualsiasi controllo e precipitare. La domanda “chi ci guadagna?” è inevitabile.
Inoltre, e ovviamente parliamo d’Italia: chi ci governa dovrebbe prendere esempio dal ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis che si è dimesso dal suo ruolo per favorire una possibile trattativa a Bruxelles. In Italia non si dimette nessuno, tutti attaccati alla poltrona, la maggior parte pronti a favorire sé stessi e non certo la collettività nazionale che dovrebbero ben governare.
I “nemici” sono alle porte? Forse (probabilmente!) i “nemici” li abbiamo in casa, e sono coloro che (direttamente o indirettamente) hanno “favorito” l’avanzata della jihad applicando una politica dissennata (ricordare il “Caso Libia”), con un “buonismo” spesso interessato (ricordare la speculazione su centri di accoglienza dei migranti!), con un servilismo (ricordare quello di Renzi nei confronti della Merkel!) che ricorda tanto i tempi che tutti condannano, con una corruzione che si combatte quasi sempre solo formalmente (ricordare il “caso De Luca”!), con le leggi che hanno privato i lavoratori dei loro diritti fondamentali.
Ma cosa andiamo cercando? Dovremmo approvare chi condanna la Grecia solo perché ha avuto l’indispensabile scatto d’orgoglio di una democrazia che non vuole essere vinta?
I “nemici” sono alle porte? Forse (probabilmente!) i “nemici” li abbiamo in casa…