di Salvo Barbagallo
Giustino Fortunato scriveva a Pasquale Villari il 2 settembre del 1899: “L’unità d’Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L’unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all’opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali”. Leopoldo Franchetti nell’inchiesta “Condizioni politiche e amministrative della Sicilia” nel 1876 scriveva: “… In Sicilia la classe abbiente è scarsa, e in questa l’influenza e l’autorità è monopolio esclusivo di pochissimi. Essi soli hanno voce tanto forte da farsi sentire, e mezzi tanto efficaci da farsi temere dal Governo; da loro dipende l’elezione dei deputati; a piacer loro si manifestano quei fenomeni che in altri paesi sono a torto od a ragione considerati come la espressione dell’opinione pubblica. D’altra parte, gli interessi di questi pochi non hanno nulla che fare con quelli della popolazione in generale; sono interessi strettamente personali di loro o di quegli altri individui che per relazioni di clientela fanno capo a loro. Diremo più: se l’interesse generale sta principalmente nella pubblica sicurezza, nell’impiego a vantaggio di tutti del pubblico patrimonio, nell’applicare in modo uguale per tutti le leggi di ogni specie, gl’interessi di quei pochi sono contrari a quelli dell’universale, giacchè quello che per loro importa più, è di mantenere la propria autorità, e questa si fonda in parte, ne abbiano essi o no coscenza, sul proteggere e sul mantenere in stato i malfattori; e si fonda del tutto sull’assicurare a sè, e più che a sè ai propri clienti, sotto una forma o sotto un’altra, l’utile dei patrimoni pubblici di ogni specie; finalmente sul far prevalere, ovunque sia bisogno, a vantaggio proprio e dei clienti, la propria volontà, sopra quella della legge”.
Il tempo trascorre ma in Sicilia non cambia nulla, forse (il tempo trascorso) aggrava maggiormente le condizioni di disagio della popolazione: lo schema del potere resta eguale anche se passa un secolo e più. L’attuale premier Matteo Renzi probabilmente non conosce Giustino Fortunato, né Leopoldo Franchetti. Quindi è autorizzato a parlare come parla del Sud, è autorizzato a denunciare piagnistei e quant’altro è assimilabile ai piagnistei, che si riferisca o non si riferisca ai deputati del suo partito poca importanza ha. La situazione di oggi del Sud e della Sicilia in particolare è tale e quale l’ha descritta Franchetti: “… gli interessi di questi pochi non hanno nulla che fare con quelli della popolazione in generale; sono interessi strettamente personali di loro o di quegli altri individui che per relazioni di clientela fanno capo a loro…”: I “pochi” di oggi sono pari a quelli di ieri: i pochi sono coloro che dovrebbero rappresentare la collettività, coloro che dovrebbero fare gli interessi della collettività, cioè sono coloro che hanno governato e governano questo territorio in nome di tutti coloro che stanno a Roma a governare l’intero Paese.
L’assistenzialismo riversato al Sud, in Sicilia in particolare non è mai stato speso per favorire la collettività: la collettività dell’assistenzialismo (cioè del danaro elargito) non ha mai tratto un bel niente, non ha mai tratto alcun beneficio. Niente sviluppo, solo sfruttamento, a tutti i livelli. Chi ha goduto dell’assistenzialismo? Quei pochi e le loro cerchie che hanno saputo costruire nel tempo un potere che nessuno ha mai tentato di scalfire e che ancora oggi rimane protetto (in un modo o in altro). La dimostrazione la dà anche l’attuale governo nazionale, proteggendo i suoi indagati nella certezza che mai pagheranno il conto delle loro malefatte.
Non piagnistei, dunque, ma rabbia: rabbia profonda dei meridionali, dei Siciliani che non hanno strumenti adeguati per reagire. Al premier Matteo Renzi indirizziamo le pregnanti parole di Leopoldo Franchetti: “…se l’interesse generale sta principalmente nella pubblica sicurezza, nell’impiego a vantaggio di tutti del pubblico patrimonio, nell’applicare in modo uguale per tutti le leggi di ogni specie, gl’interessi di quei pochi sono contrari a quelli dell’universale, giacché quello che per loro importa più, è di mantenere la propria autorità, e questa si fonda in parte, ne abbiano essi o no coscenza, sul proteggere e sul mantenere in stato i malfattori; e si fonda del tutto sull’assicurare a sé, e più che a sé ai propri clienti, sotto una forma o sotto un’altra, l’utile dei patrimoni pubblici di ogni specie…”.
Per quel che vale, al premier Matteo Renzi l’invito a non bluffare quando indirizza le sue esternazioni al Sud e alla Sicilia, e non chiediamo altro perché un invito a fare pulizia proprio all’interno del suo governo (ne siamo convinti) cadrebbe inesorabilmente nel vuoto.