di Nello Cristaudo
Scoperta una macina romana nel centro storico di Francavilla di Sicilia. A fare il prezioso ritrovamento il restauratore francavillese Antonino Immesi, artigiano sempre attento a tutto ciò che riguarda la salvaguardia dei beni culturali e con grande esperienza poliennale nel restauro di essi. Immesi, dopo aver individuato il magnifico reperto sito nel vecchio borgo storico della città, ha subito informato i responsabili della Soprintendenza dei beni archeologici di Messina e quelli del Parco Archeologico di Naxos ai quali ha anche documentato, con un suo studio accurato sulle macine, la particolarità del rintracciamento in questa zona della Sicilia . Sul luogo, per constatare e verificare il tutto, si sono immediatamente portati due funzionari dei rispettivi Enti: Giusy Zavettieri e Gabriella Tigano, che con loro stupore hanno confermato l’importanza della scoperta. Antonino Immesi, non è nuovo a simili iniziative, tant’è che già nel lontano 1979 – insieme ad altri- segnalò alla Soprintendenza di Siracusa ed al museo Paolo Orsi della medesima città, il rinvenimento in una zona di Francavilla (Via Don Nino Russotti e c.da Fanterilli) di reperti archeologici, da cui successivamente presero le mosse le diverse campagne di scavo portando alla luce una vera acropoli datata presumibilmente intorno al VII secolo avanti Cristo. Successivamente, nel 2001, diede il suo prezioso contributo, per la scoperta di un lembo di necropoli Ellenistico-Romana in via Delle Rimembranze a Giardini Naxos, mentre nel 2002, in una sua visita al Convento degli Agostiniani di Forza d’Agrò, individuò un affresco del sec. XVI sotto intonaco e il suo curriculum si arricchisce sempre più, quando nel 2012, reperì un vecchio libro del 1721 sulla battaglia di Francavilla con le originali acqueforti della guerra tra austriaci e spagnoli del 1719, decisiva per la presa della Sicilia.
Abbiamo chiesto al maestro Immesi quali siano le peculiarità e le caratteristiche del nuovo ritrovamento da lui effettuato nei mesi scorsi nel centro storico francavillese. Ci ha risposto che, dopo aver studiato ed analizzato il pezzo per due settimane con metodo storico scientifico, è giunto alla certezza, peraltro confermata dai due esperti dallo stesso chiamati, che si tratti di una macina molto rara ed unica per la Sicilia. Essa trova riscontro in quella di Pompei, ovvero a traino animale, per la consistente dimensione a differenza di quelle testimoniate in Sicilia di piccole macine, per tritare farinacei e mortai troncoconici con pestelli, tutti realizzati in pietra etnea. Quest’ultime sono visionabili nelle aree archeologiche di Taormina, Tyndaris, Lipari, Aidone Morgantina ed Entella. In particolare ad Entella si possono essere raffrontare macine provenienti da più aree estrattive dove sono stati individuati esemplari provenienti oltre che dall’Etna, dalla Sardegna, da Pantelleria e dalle isole Eolie, da Bolsena, Vico, Bracciano e Roccamonfina.
Continuando nella sua dotta spiegazione, ci dice che la Sicilia e le adiacenti piccole isole, hanno rappresentato storicamente, tappe importanti sia dal punto di vista commerciale che come importanti aree per la produzione di macine, lungo il tradizionale asse Nord-Sud della rotta del grano. Il manufatto “meta” scoperto a seguito di questo studio, va ad arricchire i manufatti delle macine ritrovati nei cinque scavi dell’età del bronzo e di epoca romana della provincia di Messina.
L’economia greca, importata nell’isola a seguito della colonizzazione, resta fortemente legata ai cereali e, quindi, la figura di Demetra – “la Madre Terra” dea del grano e dell’agricoltura – diventò importantissima. Per i Romani il mito di Demetra diventò quello di Cerere simbolo della civiltà, del rinnovamento e del rifiorire. Il termine cereale deriva appunto da Cerere dea della terra e dell’agricoltura. La macina scoperta e oggetto di studio, dista poche centinaia di metri dall’acropoli di Francavilla di Sicilia.
I prodotti vulcanici dell’Etna sono stati ampiamente utilizzati – proseguendo nella sua delucidazione – storicamente per la produzione di oggetti atti alla macinatura dei cereali anche durante l’Età del Bronzo. Inoltre, la presenza di macine romane ottenute dalla lavorazione di queste rocce etnee, è rintracciabile non solo nell’ambito del territorio siciliano, ma anche nell’Italia Centro-Meridionale, in Spagna, in Tunisia, in Tripolitania e Libia. Manufatti provenienti sia dall’Etna che dalle altre isole vulcaniche alcalino-sodiche della Sicilia (Pantelleria e in maniera minore Ustica) sono state segnalate in Nord Africa (Tunisia) e in alcune province della Libia (a Leptis Magna) e Cyrenaica (a Cyrene).
Infine, le due archeologhe dinnanzi al sindaco di Francavilla di Sicilia Lino Monea, hanno manifestato il loro interesse per uno studio più approfondito e per il recupero ed il restauro dell’importante attrezzo che così verrebbe valorizzato nell’intrinseca sua natura di bene archeologico di un contesto geografico antropico particolarissimo e molto originale, per il quale abbisognano dei finanziamenti.
Ci auguriamo che l’appello venga accolto e che si dia la possibilità, non solo ai turisti ma soprattutto ai francavillesi, di poter fruire della visione restaurata di questa importante macina.