di Carlo Barbagallo
Che certe “fiction” televisive preoccupano per il loro contenuto, non è una novità: a volte i produttori sono costretti a chiudere delle serie di successo perché quanto viene descritto è “troppo simile alla realtà”. Quando non è possibile fare pressioni, o quando le interferenze esterne non giungono a buon fine, allora si tenta la carta del discredito. E’ nostra opinione che ciò sia avvenuto per “Homeland”, giunta alla quinta serie (non ancora trasmessa in Italia) le cui riprese sono state effettuate a Berlino: è stata definita “razzista” ed è stata “beffata” nel corso delle stesse riprese. La notizia la riporta il “Corriere della Sera” nell’edizione di ieri: “Loro si fanno chiamare Arabian Street Artists: Heba Amin, Caram Kapp e Stone. I tre writer berlinesi ed egiziani hanno «hackerato» la serie Homeland. L’estate scorsa, durante le riprese della quinta stagione ambientata a Berlino, dovevano aiutare a trasformare un set in un campo profughi libanese. Due giorni di lavoro, nei quali avevano l’incarico di dipingere dei muri con delle scritte in arabo. Tuttavia, i writer hanno sfruttato l’occasione per farsi beffe e criticare la serie. Come documentano alcune immagini pubblicate sulla loro pagina in Internet. C’è ad esempio la scritta in arabo: «Homeland è un cocomero», che tradotto significa «Homeland è falso» o «Homeland è razzista». I graffiti sono ben visibili anche nel trailer della serie trasmesso in tv. Homeland – Caccia alla spia, in cui Claire Danes interpreta l’agente della CIA Carrie Mathison, è ripartita il 4 ottobre in Usa sul canale Showtime”.
Non potremmo esprimere giudizi sui tre writer berlinesi ed egiziani: a noi appare come un’azione goliardica quella che hanno portato a termine, fra l’altro inutile. Riteniamo “Homeland” una delle fiction più impegnate che si siano viste sul piccolo schermo negli ultimi anni. E già in precedenza questa fiction era stata attaccata dal Pakistan che ne aveva proibito la diffusione in quel Paese. A volte (quelle rare volte che accade) raccontare le cose per quel che sono, può dare fastidio. A tanti livelli.
Nelle foto, la protagonista di “Homeland” Claire Danes nel corso delle riprese, e le scritte in arabo che definiscono “razzista” la fiction.
Sull’argomento riproponiamo un articolo pubblicato da “La Voce dell’Isola” a inizio del 2015:
Il Pakistan attacca la fiction “Homeland”
C’era da aspettarselo, ne abbiamo parlato su questo giornale giorni addietro: i panni sporchi vanno lavati in casa, mostrarli è pericoloso. Ci riferiamo all’articolo “La realtà anticipata dalle fiction” nel quale si descrivevano alcune serie televisive (appunto, dette “fiction”) che hanno anticipato la realtà, nel senso che hanno parlato di fatti che gli stessi Paesi che le hanno prodotte avrebbero preferito non conoscere. Serie televisive con protagonisti la politica (o la cattiva politica), lo spionaggio (o le storture dei servizi segreti), l’attività dei gruppi bancari (o gli imbrogli delle banche), il potere dei governi (spesso usato in modo improprio). Una di queste serie prodotta dagli studi Hollywoodiani è “Homeland”, imperniata sull’attività dei servizi segreti governativi.
London Freemason Hall presentata in “Spooks” come la sede dei Servizi segreti inglesi
Il successo di questa fiction è possibile misurarla nel numero degli episodi, una cinquantina sino ad oggi, ma l’ultima serie (la quarta, appena conclusasi in Italia), ambientata al di fuori degli Stati Uniti d’America, in Pakistan, ha provocato violente reazioni “ufficiali” da parte del governo di quel Paese. la trama si sviluppa a Islamabad dove la spia americana Carrie Mathison – interpretata dall’attrice Claire Danes – scopre un complotto terroristico durante la sua permanenza in Pakistan, dove sono implicati gli stessi USA. Il portavoce dell’ambasciata pakistana negli Stati Uniti, Nadeem Hotiana ha protestato sostenendo che “Presentare con una cattiva luce un Paese alleato dell’America è un danno non soltanto agli interessi degli Stati Uniti ma anche al suo popolo“. A questa protesta (non poteva essere diversamente) è seguita quella degli stessi servizi segreti del Pakistan che sarebbero stati “dipinti” come “traditori” dell’alleato americano. La protesta avrà sicuramente effetto e la serie potrebbe scomparire dal piccolo schermo, così come è avvenuto per la serie “Rubicon” che non ebbe il seguito programmato e annunciato.