Ankara: due esplosioni, quasi 100 morti

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Esplosione Ankara

di Luigi Asero

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Esplosioni ad Ankara, in Turchia, durante una manifestazione. Bilancio tragico, il più sanguinoso attacco terroristico nella storia della Turchia ha colpito una marcia per la pace ad appena 20 giorni dalle cruciali elezioni politiche anticipate. Due violente esplosioni in pochi secondi e a pochi passi dalla stazione ferroviaria, nel pieno centro della città, hanno ucciso intorno alle 10 di sabato mattina 97 persone.

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Difficile anche avere un bilancio definitivo. Per il governo ci sarebbero infatti 86 morti e 186 feriti, diversi i numeri forniti dall’Associazione Medica Turca che parla di 97 morti e quasi 400 feriti.

Nessuna rivendicazione immediata, ha fatto sapere il governo, che parla di un probabile attacco kamikaze. Una strage senza precedenti. Ora, temono in molti, la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente, nonostante a poche ore dalla strage i guerriglieri curdi abbiano annunciato un cessate il fuoco unilaterale per favorire la sicurezza del voto nel sud-est del Paese, da cui il governo turco voleva trasferire i seggi.

“Condanniamo con forza questo attacco che prende di mira l’unità del Paese”, ha detto il presidente Recep Tayyip Erdogan, facendo subito ritorno nella capitale da Istanbul. Annullati i suoi impegni in agenda, come quelli dei principali leader politici, che hanno sospeso la campagna elettorale ancor prima che venissero dichiarati tre giorni di lutto nazionale. In Turchia messaggi di cordoglio sono giunti da tutto il mondo.

“Nessuno ha rivendicato le esplosioni”, ha spiegato il premier Ahmet Davutoglu, indicando come potenziali sospetti Isis e Pkk ma anche le sigle di estrema sinistra Dhkp-c e Mlkp.

“Stiamo assistendo a un enorme massacro. E’ una continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc”, ha attaccato però il leader del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas, rievocando l’attentato a un suo comizio nella “capitale” curda del sud-est in cui morirono 2 persone alla vigilia del voto del 7 giugno. L’Hdp punta il dito contro il governo Davutoglu, giudicato incapace di garantire la sicurezza dei manifestanti contro pezzi deviati delle istituzioni che potrebbero aver organizzato l’attentato: “Siamo di fronte a uno stato assassino che si è trasformato in una mafia”.

Una situazione di caos a soli 20 giorni dalle elezioni, dove secondo i sondaggi come a giugno l’Akp di Erdogan rischia di ritrovarsi senza la maggioranza assoluta di cui aveva goduto per 13 anni. E ancora una volta, a negargliela sarebbe l’ingresso dei curdi in parlamento. E questo, se permettete, è un ulteriore spunto di riflessione per comprendere i motivi di tanta ferocia.

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