Sabato 25 novembre, alle ore 17.30 presso la sala conferenze di Palazzo Cagnone a Francavilla di Sicilia, Salvatore Ferruccio Puglisi presenterà il suo ultimo lavoro “Il Salto di San Crimo” edito da Armando Siciliano Editore. Si tratta di un testo basato sul monastero basiliano di San Salvatore della Placa, meglio conosciuto in loco come “Batiazza” (“grande abbazia”) i cui ruderi (parti di pareti perimetrali, alcune strutture ad arco attestanti l’esistenza di un opificio per la vinificazione, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, qualche tomba rupestre) svettano sulla sommità di un colle dalla configurazione cilindrica con pareti a strapiombo ubicata nel territorio del Comune di Francavilla di Sicilia, a meno di quattro chilometri dal centro abitato nelle vicinanze del bivio che porta a Mojo Alcantara e Novara di Sicilia..
Salvatore Ferruccio Puglisi, insegnante in pensione è natio di Francavilla di Sicilia, ma ormai risiede da tempo in Veneto dove insegnava matematica. Ecologista (è stato fondatore e presidente della sezione francavillese di “Italia Nostra”), naturalista, appassionato di fotografia, autore di documentari in diapositive, campione di corsa podistica e da alcuni anni anche scrittore. Puglisi aveva già avuto a che fare con l’editoria, inizialmente dando alle stampe delle pubblicazioni riguardanti rispettivamente la flora spontanea e le testimonianze preistoriche nel territorio della Valle dell’Alcantara per poi, cinque anni fa, cimentarsi nel genere del romanzo con “Gli zucchini di Loto”. Adesso, invece, nel suo secondo lavoro letterario, riesce a coniugare gli aspetti autobiografici alla ricerca storica.
Nel leggere il testo, si rimane colpiti dalla straordinaria capacità d’approccio dell’autore di addentrarsi su argomenti, che per i più sono considerati ostici come la storia medievale, innestandoli con i suoi ricordi di giovane che assistette alla seconda tappa del giro ciclistico d’Italia del 22 maggio 1954. Egli utilizza la suggestiva tecnica del “flashback”, spesso impiegata nel cinema per salpare da situazioni contemporanee per poi proiettarsi a ritroso nel tempo. Così il giovane Puglisi, prendendo spunto dell’evento sportivo, si propone di effettuare una ricognizione sulla rocca della “Batiazza” per tentare di carpirne i misteri, ma finendo col rimanere piuttosto infastidito dalla chiassosa e strombazzante carovana del Giro che, prima di addentrarsi nel centro abitato di Francavilla, transitò ai piedi dell’altura su cui a tutt’oggi si ergono i resti dell’antico cenobio.
Ma, volendo saperne di più su quel luogo, decide di rivolgersi ad uno studioso: l’illustre sacerdote salesiano Don Salvatore Calogero Virzì, docente di materie letterarie al Collegio “San Basilio” di Randazzo, con il quale Salvatore Ferruccio Puglisi si sarebbe incontrato otto anni dopo.E proprio il prestigioso istituto retto dai salesiani e prima casa di San Giovanni Bosco in terra di Sicilia, prima che nel 1867 gli ordini religiosi venissero soppressi, aveva fatto da nuova sede dei monaci basiliani, probabilmente trasferitisi dalla “Batiazza” perché andata in rovina (alcuni affermano a seguito del disastroso terremoto verificatosi sul finire del XVII secolo) mentre alcune fonti dicono per la sommossa dei francavillesi nei confronti dei monaci a cui dovevano pagare le gabelle o a causa del clima rigido e delle avversità atmosferiche che, durante i mesi autunnali ed invernali, rendevano pressoché invivibile quel particolare lembo sopraelevato di territorio francavillese.
«Il compianto Don Virzì – spiega Salvatore Ferruccio Puglisi – ha condotto un’accurata ricerca sul monachesimo basiliano e su San Cremete, fondatore e primo abate dell’eremo di Francavilla, intitolato a San Salvatore della Placa. Al sottoscritto e ad altri allievi che venivamo dal Comune dell’Alcantara, amava parlarci spesso di Cremete.
«Ci raccontava, in particolare, che “nella seconda metà del secolo XI, sui monti di Placa viveva questo santo eremita, attorniato da vari animali selvatici che lui era riuscito ad addomesticare. Un giorno, accompagnato dalle sue docili bestie, si presentò al Conte Ruggero, che con il suo esercito si recava a Troina per combattere contro i Mori, il quale rimase affascinato dalla figura di quel mistico. Così, salito con lui sulla sommità della rocca, gli concesse di erigere in quel posto un monastero di cui Cremete diventò l’abate ed il superiore degli altri suoi confratelli.
«Ma un giorno alcuni monaci non vollero più ubbidire alla sua regola basiliana e pensarono di liberarsi di lui buttandolo giù dalla rocca. Ciò malgrado, Cremete sarebbe rimasto miracolosamente illeso (morì poi il 6 agosto del 1116) e, da quel momento, cominciò ad essere considerato un santo”.
«Da qui – prosegue l’autore – il titolo di questo mio nuovo scritto (“Il Salto di San Crimo”), che peraltro è un’espressione già usata da Antonio Filoteo degli Omodei, storico di Castiglione di Sicilia del 1500.
«Purtroppo Don Virzì, deceduto nel 1986 all’età di settantasei anni, non fece in tempo a pubblicare questo suo studio su San Cremete ed i basiliani, di cui resta solo una semplice bozza dattiloscritta. Mi sono quindi prodigato per avere una copia di essa e, con mia grandissima sorpresa, in quei fogli ho rinvenuto anche un intero paragrafo dedicato alla descrizione della visita fatta dal religioso ai ruderi del monastero il 22 maggio del 1954 quando io, ancora scolaretto di prima elementare, ero invece tutto preso, così come l’intera popolazione francavillese, dal passaggio del Giro d’Italia.
«“Il Salto di San Crimo” l’ho dunque articolato in due parti: la prima riguarda il mio personale ricordo di quel pezzo di storia sportiva nazionale transitata da Francavilla, mentre nella seconda ho integralmente riportato quanto scritto dal prete salesiano su quella stessa giornata, da lui vissuta in un contesto totalmente diverso da quello di noi “gente comune”».
Ma non spetta a Puglisi il primato di essersi occupato dell’antico monastero di San Salvatore della Placa e delle leggende che si narrano su di esso e sulla famosa “Batiazza”. Nel lontano 1986, ebbi a conoscere nell’episcopio dell’arcidiocesi di Messina, un monaco basiliano che, non appena seppe che ero di Francavilla, mi parlò della loro devozione a San Cremete festeggiato nel rito cattolico bizantino, il 6 di agosto e mi disse che avevano un libro agiografico, redatto da un suo confratello nel 1980, custodito gelosamente nella biblioteca del loro monastero. Ma nel 2004, lo scultore prof. Mario Restifo, anche lui originario della cittadina dell’Alcantara, si cimentò nella narrativa con il romanzo “Il Nido dell’Aquila”, ispirato alle vicende mistico-leggendarie di San Cremete, i cui resti del capo sono conservati in un reliquario di bronzo dorato ed argento custodito nella basilica di Santa Maria a Randazzo. Ci auguriamo che la presentazione del libro possa essere l’occasione giusta per rimediare ad un errore grossolano, fatto molti anni fa dall’allora amministrazione retta dal defunto sindaco Salvatore Puglisi, che dedicò una via a Cremete ma appellandola Via fra Cremete anziché monaco, abate o San Cremete, peraltro unico santo di Francavilla di Sicilia a cui fino agli anni ’50 si dedicava nel giorno della ricorrenza la festa, mentre oggi, soprattutto le nuove generazioni, disconoscono la storia di questo santo francavillese.