di Carlo Barbagallo
Nessuno dei Grandi del mondo riesce a sottrarsi dal parlare al futuro, nessuno riesce a evitare verbi che al presente non possono coniugarsi. In Italia (sicuramente convinto da una speranza che non deve mai essere abbandonata) il Capo dello Stato, Sergio Mattarella (a Napoli e in Sicilia) ha detto “Vinceremo la camorra”, “batteremo la mafia”. Ieri Obama parlando all’ONU si è espresso negli stessi termini parlando della lotta al Califfato jihadista, e il nostro premier Matteo Renzi – offrendo sua sponte tutto il supporto del nostro Paese – ha espresso, convinto, il suo pensiero “l’Isis sarà sconfitto”.
Non ce ne vogliano i Grandi del mondo se i verbi al futuro ci lasciano scettici. Affermiamo ciò perché abbiamo visto che la lezione dell’Iraq è servita a ben poco e che l’Iraq è ancora nel caos nonostante che Saddam sia stato tolto di mezzo da tempo, così come si è verificato per l’eliminazione di Gheddafi che non ha di certo migliorato la Libia ma ha peggiorato la situazione, così come è accaduto per la fine di Osama Bin Laden che non ha fatto scomparire al-Qāʿida, così come i raid aerei non stanno cancellando le forze del terrorismo in Siria e in altri Paesi di quell’area geografica tormentata.
Non ce ne voglia il Presidente della Repubblica, (che ci permettiamo di considerarlo un “Siciliano Doc”) se prendiamo con altrettanto scetticismo le sue speranze, quelle di vincere la mafia, notando (o annotando) questioni che non sono state risolte, come le (presunte, vere?) famose e dimenticate “Trattative Stato-mafia”, come le mafie di Roma Capitale e le corruzioni politiche che vanno da un capo all’altro del territorio nazionale. C’è quasi da mettere in secondo piano, a questo punto, anche il “vincere la camorra” dal momento che questa (la camorra) non ha alcuna voglia di essere vinta, talmente radicata come è.
E che dire della buona volontà del premier Matteo Renzi, che mette a disposizione degli USA tutto ciò che è possibile d’italiano per partecipare alle guerre comuni? Diciamo che questo lo può fare serenamente dal momento che da decenni e decenni lo hanno fatto i suoi predecessori, ponendosi “al servizio” di interessi altrui, concedendo (in nome di “alleanze” mai ratificate dalla collettività nazionale) consistenti pezzi del territorio italiano e, soprattutto, del territorio siciliano.
Forse non dovremmo più fare caso ai verbi coniugati al futuro dal premier Matteo Renzi (e degli altri “Grandi”), o forse dovremmo accettarli per quel che valgono poiché, di sicuro c’è, e ce ne rendiamo pienamente conto, che è oltremodo difficile coniugare verbi al presente: basti pensare alla disoccupazione che cresce (che probabilmente sarà debellata, anche se non si può prevedere il quando, in quale tempo, cioè, accadrà), alle tasse che aumentano, ai favoritismi che continuano e nessuno ferma, eccetera, eccetera.
Non sarebbe più onesto (e semplice) parlare al “presente” e presentare le cose (tutte le cose) per quelle che sono e cercare soluzioni, interpellando anche la gente comune che subisce e la cui opinione viene ignorata e stritolata quotidianamente?