di Salvo Barbagallo
C’è una sensazione, non sempre espressa ma che affiora qua e là, che qualcosa di grave debba accadere, molto più grave di quanto già verificato a Parigi (o sul Sinai, o in Libano, o in Tunisia, o nei cieli in prossimità della Turchia). Il terrorismo jihadista ha giocato e gioca le sue carte dimostrando che, allo stato attuale, non ci sono alleanze solide che possono controbatterlo, che ogni Paese che ha subito la ferocia del Califfato o che teme di subirla, non ha una linea d’azione (militare o politica) che possa essere condivisa con unità d’intenti. E queste carte del terrorismo jihadista (almeno al momento) appaiono vincenti. Una partita giocata in difesa, quella dei Paesi europei e delle grandi potenze Russia e Stati Uniti, aggressiva solo nelle forze aeree messe in campo che non ottengono risultati apprezzabili, ma solo dispendio (economico, soprattutto) di mezzi e vittime quasi sempre innocenti. Il termine “Pace” passa dalla guerra, un altro termine che in molti non vogliono pronunciare, anche se nei fatti di “guerra” si tratta.
In Italia il premier Matteo Renzi preannuncia vistosi stanziamenti per la “sicurezza”, preannuncia fantasiosi finanziamenti per la “cultura”, e altri poco apprezzabili per le forze dell’ordine. Nonostante la tragica fine della giovane veneziana Valeria Solesin, massacrata nella strage del Bataclan di Parigi, nel nostro Paese la psicosi del terrore jihadista non c’è (fortunatamente?). In Sicilia meno che mai, un’isola che vede (al di là delle presenze nei Centri di accoglienza coinvolti negli scandali) una convivenza “normale” fra arabi (più o meno “clandestini”) e residenti. Eppure la Sicilia è al centro di quel Mediterraneo che segna una precisa linea di demarcazione fra Paesi in guerra e Paesi che sono in “pace” o che aspirano a una “pace” reale, e non illusoria. Eppure la Libia è a due passi e in quel territorio (del quale non si parla da tempo) avvengono cose atroci che possono facilmente essere “esportate” sino a casa nostra. Chi governa la Sicilia (per quanto risulta) non ha mai affrontato il problema terrorismo jihadista, non ha mai affrontato concretamente i problemi della sicurezza, come se questi argomenti appartenessero ad altri e quest’Isola fosse immune da qualsiasi tipo di contaminazione violenta. Questo stato di cose dovrebbe far riflettere, ma i Siciliani non lo fanno: devono affrontare ben altri problemi, dalla disoccupazione crescente, ai trasporti interprovinciali, al mancato sviluppo, all’assenza di prospettive. Problemi del quotidiano che da anni, da decenni si trascinano senza soluzioni.
Marco Galluzzo ha scritto giorni addietro sul Corriere della Sera: “Mettete insieme il massimo della diplomazia mondiale, a cominciare da Kerry e Lavrov, aggiungete una dozzina di ministri degli Esteri occidentali e arabi (dalla Gran Bretagna al Marocco), invitate il re di Giordania Abdullah II ad aprire i lavori, più i massimi esperti internazionali di antiterrorismo, i vertici economici del sistema Paese, da Eni a Finmeccanica, i negoziatori del processo di pace palestinesi e israeliani, imprenditori, banchieri e accademici di entrambe le sponde del Mediterraneo, e avrete quelli che forse saranno definiti come «Roma Talks» (sulla scia dei colloqui diplomatici di Vienna): un Forum di altissimo livello internazionale che Matteo Renzi ha voluto e che il governo sta preparando in queste ore nel massimo riserbo. Il nome dell’evento è «Med, Mediterranean Dialogues»…”. L’evento si terrà a Roma il prossimo 10 dicembre, tranne cambiamenti dell’ultima ora a seguito di possibili altri eventi imprevisti.
Meglio tardi che mai, sperando bene. “Med, Mediterranean Dialogues” potrebbe essere una piattaforma di confronto di verifica per quanto sta accadendo nell’area del Mediterraneo, e la presenza di un rappresentante del governo della Regione Siciliana dovrebbe considerarsi indispensabile. Ma chi potrebbe partecipare? Il presidente Rosario Crocetta? Quale apporto potrebbe dare alla costruzione di un “Dialogo”?
Nel 1996 scrivevamo: Oggi, cadute le barriere che vedevano contrapposte le due grandi potenze Stati Uniti e Unione Sovietica; oggi che la Comunità Europea è una realtà operativa, il Mediterraneo e i Paesi del suo bacino, tornano ad acquistare una posizione strategica, diventano anello di congiunzione tra il mondo occidentale e il mondo orientale, due realtà ancora lontane fra di loro, separate dalla diversità socio-economica che esplode con contrasti anche di natura bellica; due mondi che hanno bisogno di conquistare la pace per potersi incontrare e costruire un futuro per le generazioni del Duemila. Ormai da anni e da più parti sono state avviate iniziative tendenti al raggiungimento dell’equilibrio necessario per la convivenza fra i popoli, ma il percorso mostra difficoltà notevoli, la meta irraggiungibile: incomprensioni, interessi economici contrastanti, mancanza di progetti che abbiano una comune finalità, provocano divergenze apparentemente insormontabili per portare a compimento quel processo di pace da tutti auspicato ma, di fatto, solo enunciazione teorica (…) E’ necessario che cadano le barriere dell’incomprensione: se anche la Chiesa Cattolica oggi, con i messaggi del pontefice Giovanni Paolo II, entra nel vivo dei problemi della pace, non è da contrapporre alcun primato laico là dove le finalità sono comuni. A 50 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo voluta dall’Onu – come Giovanni Paolo II ha detto – “…la pace deve essere uno dei punti da tenere sempre all’attenzione. Una pace che deve tradursi in concreti gesti di riconciliazione…” Il raggiungimento della pace deve essere l’obiettivo comune che deve animare tutti gli Uomini di buona volontà che vogliono costruire un mondo più giusto e solidale. Facciamo nostre, perché sono la base dei nostri stessi principi ispiratori, le parole del cardinale Martini: “Il segreto della pace vera sta nel rispetto dei Diritti Umani: il riconoscimento dell’innata dignità di tutti i membri della Famiglia Umana è il fondamento della Libertà, della Giustizia e della Pace nel mondo. Sono molti i Diritti inalienabili e nessuno può essere impunemente violato: scegliere la Vita comporta il rigetto di ogni forma di violenza, quella della povertà e della fame che colpisce tanti esseri umani; quella dei conflitti armati; quella della diffusione criminale delle droghe e del traffico delle armi; quella degli sconsiderati danneggiamenti all’ambiente naturale…”.
E come affermavamo con convinzione nel 1996, ancora oggi sosteniamo che non è più possibile indugiare oltre: occorre lavorare per costruire subito e non assistere passivamente alla disumanizzazione dell’Umanità che viene perpetrata! E ancora oggi dalla Sicilia vogliamo rilanciare questo messaggio: forse qualcuno lo raccoglierà… e lo farà suo.