di Salvo Barbagallo
La grave (gravissima) situazione che sta determinando il terrorismo dell’Isis conseguenzialmente sta facendo dimenticare tutto il resto o, quanto meno, sta facendo mettere da parte le mille e mille problematiche che pesano sull’Italia, sulla Sicilia, ma non solo sul nostro Paese, sull’intera Europa e sul mondo intero, come gli avvenimenti che si susseguono dimostrano. Problematiche quasi certamente meno allarmanti, ma non per questo da mettere in archivio accentrando l’attenzione su un solo punto focale. Indubbiamente è vero che quanto è accaduto nell’ultimo mese, dall’esplosione del velivolo russo sul Sinai, all’attentato in Libano e poi agli attacchi a Parigi, che hanno provocato centinaia di vittime innocenti, rende il pericolo jihadista la questione da risolvere con priorità assoluta. Così come è altrettanto vero che fronteggiare il terrorismo, che ormai è entrato in casa nostra, significa affrontare i problemi della sicurezza interna ed esterna, e tutte le prevedibili ricadute sulla vita di tutti i giorni della collettività nazionale e internazionale.
Il terrorismo ha messo in luce le carenze esistenti in Italia e in Europa in materia di “sicurezza” e, a conti fatti, ci rendiamo conto che vigilare su pochi luoghi “sensibili” non solo non è la risposta adeguata, ma gli stessi mezzi a disposizione sono insufficienti. Comprensibile la paura dei cittadini; comprensibile che si voglia reagire ipotizzando “normalità” quotidiana. L’incertezza resta notando in chi ci governa atteggiamenti equivoci, contrastanti, con troppi silenzi e titubanze sul da farsi. Incutere “terrore” è una delle finalità principali della strategia che il feroce Califfato nero jiadista porta avanti nei confronti del nostro mondo: è una strategia che può essere vincente se non c’è una reazione concreta e convinta da parte di chi viene attaccato. Ma l’Italia ancora non è stata “attaccata”, ha ricevuto solo minacce che, anche se non vengono sottovalutate (a quel che appare), non sono ritenute poi tanto credibili.
E pur tuttavia nel contempo, come si possono mettere da parte le altre questioni?
Questioni come quelle dell’immigrazione, per esempio: non sappiamo più se gli sbarchi dei fuggitivi/profughi sulle nostre coste stanno continuando, e in che misura. I mass media non ne parlano da tempo, la stessa Merkel sembra disinteressarsene (è tutto dire!): il “problema immigrazione”, al momento, è come se non esistesse, eppure c’è, e in ogni modo ha a che vedere con la crisi che si attraversa. Così come non si parla più (e si dovrebbe) dei Centri di accoglienza dei fuggitivi, degli scandali, degli intrallazzi, dei procedimenti in corso che seguono un percorso ignorato. Così come non si discute più – per tornare a tematiche che continuano ad affliggere il Paese – di disoccupazione, di sottoccupazione, di lavoro nero, di Roma Capitale o del (mal) governo della Regione Sicilia, o del funzionamento (?) di Roma commissariata alla vigilia del Giubileo. Sì, certo, sul tappeto c’è la “preoccupazione Alfano” poiché i mafiosi hanno espresso l’intenzione di far fare al ministro dell’Interno la stessa fine di Kennedy (?!).
E in Sicilia?
Beh, ci vuole sempre qualcuno che riporti alla memorie le questioni che, a prescindere della fremente attualità del terrorismo. vengono strumentalmente fatte dimenticare. Questioni importanti che riguardano la collettività isolana. Questioni come il MUOS, i Global Hawks di Sigonella, la sicurezza dei voli nei cieli siciliani e la sicurezza negli aeroporti. Argomenti di cui le competenti autorità non gradiscono si parli e che tornano a galla quando si sono animate spontanee proteste, purtroppo limitate e inutili da un punto di vista determinante.
Dal sito NO MUOS abbiamo appreso che la stazione USA dell’impianto satellitare di Niscemi nel pomeriggio dell’11 novembre scorso era stata “violata” da un intruso (Turi), che era riuscito a salire (niente meno che…) su una parabola militare. All’indomani l’intruso era sceso dalla postazione e si era consegnato ai poliziotti schierati attorno: trasferito in carcere, era stato accusato di danneggiamento, violazione dei sigilli e ingresso in base militare. Il processo per direttissima a Gela. 48 ore questo episodio gli attentati di Parigi, e non c’era più motivo (giustamente per la circostanza) di parlare di quell’impresa. Ma non occorrono vicende mostruosamente gravi come quelle di Parigi, del Libano, dell’aereo esploso sul Sinai per accantonare certi argomenti: vengono “naturalmente” ignorati. Ma noi ci chiediamo a chi serve l’occupazione militare straniera dell’Isola? Nessuna risposta all’interrogativo da parte di chi governa (la Sicilia, in prima istanza), il disinteresse è totale. Tranne che siamo noi in errore e, quindi, non si tratti di “disinteresse” ma di “interessi” specifici che sfuggono a qualsiasi controllo.
Ci chiediamo a cosa servono le grandi esercitazioni aeronavali e terrestri “spettacolari” per mezzi e uomini che vengono coinvolti, come la recente Trident Juncture (la più imponente dai tempi della Guerra fredda, così è stata definita) che ha avuto il suo punto focale a Trapani, dove sono stati schierati decine di velivoli che, poi, hanno solcato i cieli e le acque dell’Isola, per poi rimanere pietrificati di fronte al subdolo terrorismo jihadista.
L’attentato dell’aereo russo esploso sul Sinai (che è costato la vita a 224 persone), provocato come ha riferito l’americana Cnn da un esplosivo al plastico C4 di tipo militare, ha posto all’attenzione mondiale la sicurezza negli aeroporti, evidenziando la necessità di rafforzare i controlli sul personale degli scali che ha accesso libero in zone senza sorveglianza. Negli Stati Uniti, in Russia, così come in diversi altri Paesi (d’Europa, e no), si sta correndo ai ripari. In Sicilia? Per quel che è noto, nessun responsabile degli aeroporti siciliani ha evidenziato le carenze. E dire che di “visibili” falle nella sicurezza non ne mancano.
Ecco, allora: fronteggiare il terrorismo necessità primaria e, nello stesso tempo, tornare alla “normalità”, avendo la coscienza di attenzionare quello che il quotidiano ci porta, dagli scandali all’inefficienza dell’amministrazione della Cosa pubblica, ai fuggitivi che continuano a sbarcare e ai Centri di accoglienza… e quant’altro…