Chi erano i “magi” d’oriente ?

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di Giuseppe Guarino

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Leggendo le prime pagine del vangelo di Matteo incontriamo queste figure, legate alla natività di Gesù, da sempre parte dell’immaginario collettivo cristiano: i “magi” venuti dall’oriente.

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                Nel tradizionale arricchimento di dettagli proprio della tradizione cattolica, è stato aggiunto molto a quello che è il semplice resoconto biblico. Nella narrazione tradizionale natalizia, i magi divengono “re” e sono di solito considerati tre, tanti quanti sono i doni che portano al “re dei Giudei”. Nelle classiche rappresentazioni della natività, sono vicini alla mangiatoia dove Gesù viene adagiato subito dopo la nascita, mentre in realtà, leggendo il vangelo, è verosimile che siano giunti soltanto qualche tempo dopo. Ad ognuno di loro la tradizione attribuisce un nome: Melchiorre, Baldassarre e Gaspare.

                Per cercare la verità storica, o, almeno, per formulare una teoria plausibile su chi fossero realmente questi individui, dobbiamo, però, attenerci più strettamente alla narrazione biblica.

                Matteo li chiama “magi” – nel greco originale del libro “μάγοι” (nel nostro alfabeto “magoi”), plurale di “μάγος” (magos). Si specifica soltanto che venivano dall’oriente, ma intuiamo che dovevano essere dei personaggi piuttosto importanti visto che viaggiavano con un seguito notevole, tanto che il loro ingresso nella città di Gerusalemme, sebbene questa fosse regolarmente visitata da forestieri, riuscì a provocare tanto trambusto da attirare l’attenzione dello stesso re Erode.

                Ma come si spiega che costoro avessero avuto notizia della nascita di un “re dei Giudei”? E chi erano veramente?

                Nell’Antico Testamento, nella versione greca del libro del profeta Daniele troviamo menzione di una certa categoria di savi di corte babilonesi, definiti  “μάγοι”, in italiano “magi”. Non sappiamo cosa implicasse esattamente il termine, ma sappiamo che costoro ricoprivano una posizione di rilievo.

                Il profeta Daniele era stato deportato ancora giovanissimo dalla Giudea alla corte babilonese nel 606 a.C. (Daniele capitolo 1), dove eccelse subito per le sue straordinarie doti (Daniele capitolo 2) per le quali il re Nabucodonosor lo definì capo dei saggi di Babilonia (Daniele 4:9). Egli ricoprì cariche molto importanti nell’apparato amministrativo statale babilonese prima e persiano poi.

                In Matteo leggiamo: “Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode. Dei magi  d’Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo».”

                E’ verosimile che già in tempi così remoti essi possedessero conoscenze scientifiche sufficienti per potere osservare o prevedere fenomeni astronomici? E come mai dalla comparsa di una stella, i magi dedussero che il  re era nato in Giudea?

               lunar eclipse Sul sito del British Museum http://www.mesopotamia.co.uk/astronomer/home_set.html, si possono studiare degli importanti reperti archeologici: le tavolette di Enuma Anu Enlil,che ci informano circa le conoscenze raccolte dai babilonesi durante secoli di paziente osservazione dei fenomeni astronomici. Una di queste tavolette, quella di Venere di Ammisaduqua, risale addirittura al XVII secolo a.C. Nell’immagine, una lettera scritta al re assiro Assurbanipal, che lo informa su una prossima eclisse lunare.

                Altri documenti ci informano con certezza che nel II secolo a.C. questi astronomi orientali avevano già appurato che i pianeti orbitano intorno al sole – Copernico arrivò alla stessa conclusione due millenni dopo! – e che le fasi lunari influenzano le maree.

                La scienza astronomica del primo secolo d.C. era quindi sufficientemente evoluta da rendere verosimile la narrazione del vangelo di Matteo.

                enuma enlil tabletLa tavoletta di Anu Enlil qui accanto, discute delle future apparizioni del pianeta Venere. Anche questa è visibile e consultabile sul sito ufficiale del British Museum.

                Sebbene non sappiamo quali fossero le competenze specifiche dei “magi”, non vi sono elementi per dubitare che, come dice l’evangelista, questi fossero osservatori degli astri in prima persona, o fossero, comunque, diligentemente informati dagli astronomi delle loro patrie.

                Supponendo che i magi della narrazione di Matteo siano i discendenti di quelli presenti nella corte babilonese del periodo in cui visse Daniele, allora è molto probabile che le loro credenze sull’apparizione di un futuro re dei Giudei potessero essere dovute all’influenza della persona di Daniele, che proprio fra quei sapienti aveva goduto di particolare credito. Considerato poi che gli “astronomi” orientali avevano sufficienti conoscenze per prevedere con un certo anticipo eventi quali il passaggio di una cometa, le fasi  lunari o le eclissi, possiamo ipotizzare che, sapendo delle profezie messianiche di Daniele e spinti dalla loro cultura, avrebbero cercato di collegare la nascita del re Messia giudaico ad un fenomeno celeste straordinario.

                Sarebbe inspiegabile, se l’attesa di questo re (Messia) non fosse stata una credenza radicata nella loro cultura, che dei saggi orientali avessero percorso tanti chilometri nella certezza che fosse nato il re di una modesta nazione sul Mediterraneo, che lo cercassero addirittura per portargli dei doni tanto preziosi, e, infine, che fossero così sicuri della sua identità da riconoscerlo persino nel figlio di un falegname che dimorava in una modesta cittadina quale era Betlemme.

                Un ultimo dettaglio: anche i magi, come era accaduto al profeta Daniele, ricevettero una rivelazione divina in un sogno (Matteo 2:12) che li avvertì di non dare retta ad Erode e tornare nella propria patria senza passare da Gerusalemme.

                Nella mia discussione so di essermi mosso, in alcuni punti, all’interno di un campo che non è prettamente mio. Per questo ho pensato di chiedere l’opinione di un esperto in materia. Ho perciò consultato un astronomo professionista, mio amico, attualmente impegnato in campo universitario e nelle osservazioni astronomiche a tempo pieno. La sua risposta è stata davvero incoraggiante e la sua mail si concludeva così: “La cosa più ragionevole è che questi magi siano stati degli “scienziati” dell’epoca (facevano scienza con le conoscenze e tecnologie che avevano ma, per esempio, alcuni astronomi dei millenni scorsi erano in grado di calcolare le date delle eclissi) e che abbiano collegato un evento astronomico insolito ad una profezia. Se la profezia era di origine ebraica, e così sembra, e questi magi venivano da un paese diverso, è lecito chiedersi come mai abbiano cercato un Messia o un re in Giudea.

L’interpretazione che tu prospetti, cioè che l’influenza di Daniele presso i babilonesi abbia lasciato questa traccia, è molto interessante e verosimile”.

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