Contestazione, riprovazione e disonore a molti governi
di Guido Di Stefano
“Il popolo è sovrano” convenivano tutti quando i “politici” si ponevano fattivamente al servizio della nazione pur nei limiti delle proprie capacità, coscienti che era loro dovere guidare e tutelare il popolo : gloria a loro se ben operavano, oblio se fallivano, ignominia se si “corrompevano”.
Erano i tempi in cui tutti (anche se poco o nulla dotti e tecnologici), popoli e governi erano coscienti che la democrazia (alias il governo del popolo) si regge sul delicato equilibrio di diritti e doveri, rapportati a compiti, competenze, capacità, lealtà, “giustizia” di ogni singolo cittadino e di ogni singolo organo della nazione elevata a stato.
Bei tempi quelli: se un politico si macchiava di “errori” per incompetenza o per infamia ne pagava il fio con la carriera e (se necessario) davanti alla legge.
Non andava bene però a molti furbi quell’etica castigatrice dei potenti.
Forti e confortati dal lungo codazzo di servi opportunisti e adulatori (e più scaltri di loro) coniarono un nuovo aforisma: “ogni popolo ha il governo che si merita”. E non si limitarono solo alle parole, poiché nel contempo creavano le condizioni per rendere veritiero il loro assioma-alibi: noi siamo espressione del popolo e quindi siamo quello che il popolo è. Ovviamente molti governi hanno usato e abusato del loro assioma accompagnandolo con manipolati esempi di vizi e virtù di genti e situazioni di genti di cui tanto loro quanto i loro sodali “araldi” conoscevano appena l’esistenza.
Giorno dopo giorno è stata usata la violenza verbale contro il “popolo sovrano”, stordendolo sempre più con offese gratuite, minacce, timori, miraggi, utopie.
Tant’è che ormai diffusa, soprattutto all’ovest, la sinistra convinzione che se qualcosa va bene è principalmente merito dei governanti e se qualcosa va male è colpa del popolo.
Ma tutti gli urlanti megafoni del potere si sono mai chiesti “cosa vogliono i popoli”?
Avessero letto e studiato un poco di più gli scritti “seri e super partes”!
Alcuni decenni addietro un grande pensatore ebbe a dire e scrivere:
“I popoli vogliono cose semplici e umane: la convivenza pacifica con tutti gli altri popoli (stati, nazioni, etnie, culture); il rispetto; la certezza di diritti e doveri; il benessere, quanto basta a salvaguardare la dignità dell’essere; la libertà della propria identità; la speranza; la giustizia”. Proprio tutto quello che troppi leaders (come tali autoproclamatisi e celebrati dalle invereconde corti) stanno cancellando con una solerzia tale da dare adito al più grande sospetto: “quale infernale e occulto demone (o quali demoni) stanno servendo”?
“Ai popoli intimamente non interessano più di tanto i transeunti volti e nomi dei potenti; inseguono disperatamente il sogno di illuminate “strade” di governo.
E se i popoli “frastornati”, intimiditi, vessati (nell’animo e/o nel fisico), raggirati, gabbati, ingannati, disinformati, sovrinformati, condizionati e “isterizzati” dall’assordante “battage” mediatico voluto da tanti potenti (ma è veramente potente chi sa solo distruggere e carpire) e assecondato (o amplificato) da servi compiacenti “dall’apparente volto umano” sbagliano a scegliere i loro rappresentanti sono veramente colpevoli o (peggio) possiedono “ipso facto” una “disumanità” (o malvagità?) pari a quella dei loro “capi”?
Siamo perplessi!
E’ una colpa accordare la propria fiducia a dei lupi “camuffati e pubblicizzati” come agnelli? E’ colpa dei popoli essere traditi dagli “eletti” che seguono poi imperscrutabili sentieri in danno dei popoli e a beneficio di non dichiarate e misteriose entità?
Troppo comodo strombazzare che ogni popolo ha il governo che si merita; ci sembra un velo per celare colpe e colpevoli ben più grandi.
Vi portiamo un semplice esempio: la Sicilia.
Da oltre un secolo e mezzo annessa all’Italia in nome di una unione (inter pares) mai attuata ha sempre pagato “doviziosamente” al potere centrale ininterrottamente dall’inizio (riserve auree e valutarie del Banco di Sicilia a Palermo, ori e beni di conventi, chiese e altri) fino ai nostri giorni (tanto per fare un esempio circa cinque miliardi di Euro riconosciutici e incamerati da Roma con aiuti locali); sempre vessata e sempre colpevolizzata nel suo “animus” siciliano.
Quella nazione che fu “provincia publica” con la Repubblica e l’impero di Roma nei fatti è stata tradita dagli “amici” ingrati anche negli accordi di Yalta (1045), pur se non è espressamente menzionata; ed è stata messa a completa disposizione del primo (non il migliore) offerente come si evince dalla lettura del trattato di Parigi (1947).
Per ora non scendiamo nei particolari di tutti i torti e miserie sofferti dai Siciliani, rintracciabili nella “storia”, intesa quella completa e non le semplici “veline” dei potenti sempre inclini a chiudersi a riccio per difendersi tra di loro.
Noi siamo i figli di una dea della pace e a volte abbiamo sbagliato a scegliere i nostri governanti perché indotti in errore da “regnanti” e loro sodali.
E non dimentichiamo il secolare stato di precarietà, necessità, “colonialità che vessa la Sicilia per volere del “giusto occidente” (diciamo) dei tempi moderni e contemporanei. Quel democratico occidente che contro la volontà dei popoli ha messo a ferro e fuoco Mediterraneo, Africa, Medio Oriente e oltre. Quel coraggioso occidente che “espone” la Sicilia e i Siciliani.
Quell’occidente dove i “potenti” si credono onnipotenti ed eterni si da spingere l’umanità verso il baratro della distruzione totale. Potenti che non hanno capito due cose: 1) l’occidente non può vincere “a suo piacimento”, perché trascura i fattori umani e territoriali; 2) chiusi nei loro bunker non domineranno la terra devastata e quando i loro discendenti ne usciranno non saranno niente e nessuno.
“Maledetto il bisogno” dice il popolo.
Come dire: siamo vittime più che colpevoli.