È venuto a mancare a Catania, all’ospedale Cannizzaro dove era ricoverato, il giornalista Umberto D’Arrò. Aveva 82 anni. Aveva iniziato a lavorare all’Ansa nel 1955, occupandosi di uno scontro tra due aerei avvenuto nei cieli del capoluogo etneo. Era stato poi trasferito a Roma dove, nella redazione cronache italiane, aveva affinato la sua passione per la filatelia vincendo il premio internazionale «San Marino 1977» riservato ad articoli sui francobolli.
Una sua inchiesta, nel 1991, permise di risolvere il ‘giallo’ sul ritiro del famoso francobollo ‘Gronchi rosa’. Riuscì a intervistare un ex ambasciatore del Perù in Italia, Adelmo Risi, che gli rivelò che era stato lui a inoltrare una protesta diplomatica al nostro ministero degli Esteri perché nel francobollo i confini del suo Paese risultavano più piccoli. La passione e la professionalità per i francobolli e la loro collezione lo avevano portato a essere nominato, oltre che componente della Consulta filatelica nazionale, anche all’Acade’mie Europe’enne de philatelie e alla prestigiosa Royal philatelic society di Londra. Era stato nominato anche Cavaliere di Malta e Cavaliere di San Marino.
Aveva anche una grande amore per la scrittura. Quando nel 1993 ha lasciato l’Ansa, per andare in pensione, da caporedattore della segreteria di direzione, ha scritto un libro sul ‘Palazzo della Dataria’. È stato anche autore del ‘Manuale di linguaggio giornalistico’ e del volume ‘Genova raccontata dai letterati stranieri’. L’ultima sua opera è stata ‘Jean Houel, pittore del re nella Riviera dei Ciclopi’, sulla sua amata Acitrezza.
Alla moglie Antonia e ai figli Maurizio, redattore dell’agenzia Ansa a Catania, e Marco, le sentite condoglianze de “La Voce dell’Isola”.
Ciao Umberto,
adesso, probabilmente, stai con gli altri amici/colleghi della vecchia guardia che ti hanno preceduto, e con loro starai, come al solito, a dirne di tutti i colori su questo o quel personaggio che si affaccia sulle cronache di questo brutto momento. O forse te ne starai in disparte, come hai fatto negli ultimi decenni, a coltivare la tua passione, quella dei francobolli, ma sempre presente quando era necessario.
Parlare di te adesso è come parlare degli altri che non ci sono e di quelli che ci sono ancora, e qualcuno magari potrà dire che non serve a niente. Ma non è così: custodire una memoria sarà un fardello ma serve per indicare la strada a chi è più giovane e “memoria” non può avere.
Nelle cose lette dopo la tua scomparsa si mettono in luce i tuoi riconoscimenti nel campo filatelico. I miei spezzoni di memoria ti riportano fra la gente del Belice subito dopo il terribile terremoto, quando eri in prima linea sui fatti di Sicilia. E in prima linea sei rimasto nella cronaca di tutti i giorni con il tuo lavoro che personalmente consideravo fin troppo rigoroso quanto puntiglioso. Eri un rompiscatole che non si limitava a guardare in superficie, ma che scavava a fondo, dentro i fatti, come fu per il Caso Mattei, e per tanti e tanti episodi della vita italiana e siciliana. Non solo filatelia, dunque.
Ci siamo visti l’ultima volta durante la presentazione di un mio libro, alcuni anni addietro: dal fondo della sala mi gridasti “Ma quando la finirai di occuparti sempre delle stesse cose?” Punti di vista diversi, opinioni spesso contrastanti, scontri leali e corretti come raramente si poteva riscontrare in molti colleghi.
Ti mostravi rigido, in fondo un cuore d’oro, da persona per bene, disponibile quando dovevi dare la mano a qualcuno. Aspro nella tua sincerità, esprimevi quel che pensavi senza circondare le parole con la nebbia della retorica.
Avremo modo di discutere ancora di tante cose.
Ciao, Umberto: mi sei stato amico in tante occasioni. Grazie…
S.B.