di Carlo Barbagallo
Potrebbe essere considerata la scoperta dell’acqua calda, ma quando ci si ritrova di fronte alle nude statistiche non resta altro che prenderne atto, e vale poco affermare “… non c’è niente di nuovo, è tutto come prima, il trascorrere del tempo non cambia nulla…”. Constatare, o riconstatare che il divario fra Nord e Sud non si è colmato, anzi che forse è aumentato, non meraviglia più di tanto. Di certo non stupisce quanti al Sud vivono, o sopravvivono.
Le ultime statistiche vengono offerte dal quotidiano Il Sole 24 Ore che da oltre vent’anni misura la vivibilità delle province italiane, elaborando una serie di dati, stilando una classifica annuale: nell’edizione 2015 sulla Qualità della vita nelle province italiane è Bolzano a essere al primo posto, seguita a breve distanza da Trento che si colloca in terza posizione. Quello che per i ricercatori è stata una sorpresa è il secondo posto, che i dati attribuiscono alla provincia di Milano. Nella parte bassa della pagella finale si trova invece una concentrazione di centri del Mezzogiorno, con Reggio Calabria sull’ultimo gradino, Vibo Valentia al penultimo e statisticamente poco distante dalla provincia al di là dello Stretto, Messina (104ª). Bolzano ha conquistato il primato per la quinta volta in 26 anni di ricerca (dopo 2012, 2010, 2001 e 1995).
L’indagine de Il Sole 24 Ore si è sviluppata attraverso sei aree tematiche (Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi/Ambiente/Salute, Popolazione, Ordine pubblico, Tempo libero) per un totale di 36 indicatori con relative classifiche parziali, di tappa e finali. Reggio Calabria ha le posizioni peggiori nei primi tre capitoli, Tenore di vita, Affari e lavoro Servizi: alta è infatti la quota degli impieghi a rischio (36 per cento), basso il patrimonio familiare medio (193mila euro contro una media di 345mila), la quota di export sul Pil (meno del 2 per cento), la dotazione di asili nido (coperto meno del 2 per cento dell’utenza), pessimo il voto di Legambiente.
Nel capo opposto d’Italia, Milano si è “aggiudicato” il secondo posto nella classifica grazie soprattutto agli indicatori del benessere (pensioni, Pil), dei servizi e delle opportunità di svago, mentre meno bene va sul fronte della sicurezza (trend che comunque coinvolge tutti i centri più grandi o ad alta attrazione economica o turistica).
In Sicilia troviamo Catania al novantacinquesimo posto: la città che un tempo ormai lontano veniva considerata la “Milano del Sud” è confinata proprio in basso alla classifica del quotidiano economico. La presenza quale primo cittadino del capoluogo dell’ex ministro dell’Interno Enzo Bianco non ha apportato significativi risultati negli ultimi anni, nonostante in passato (nello stesso ruolo) Enzo Bianco sia stato protagonista di una “Primavera” che aveva fatto ben sperare, ma che si esaurì troppo presto. Il “miracolo” a Catania non si è ripetuto e la prospettiva non anticipa cambiamenti di sorta.
La “qualità” della vita nel Sud, in Sicilia è quella degli anni precedenti: nessuna svolta in positivo, le problematiche sempre eguali. Nell’Isola i vari governi che si sono succeduti non hanno apportato sviluppo o benessere alla collettività, e lo stesso discorso vale per quanti hanno avuto responsabilità di conduzione nelle provincie e nelle città. Le statistiche non possono che confermare attraverso numeri e analisi uno stato di cose “reale”: un progressivo e apparentemente lento, ma inarrestabile degrado.