Chi è interessato alla protesta di Gela?

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di Carlo Barbagallo

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gelTutti, a quanto sembra, ci mostriamo poco interessati alla protesta dei lavoratori dell’Eni di Gela. Una protesta che dura ormai da giorni con il risultato (come appare) che la voce di questa protesta non viene ascoltata dai governanti nazionali e regionali. Si, in campo ci sono i sindacati ma la loro forza non riesce a penetrare la forte corazza di quanti dovrebbero trovare soluzioni a un problema noto che si trascina da tempo e che non mostra sbocchi. Domani (martedì 26 gennaio) la protesta si trasferirà dai cancelli dell’Eni in città con un lungo e affollato corteo che sfilerà per le vie principali: saranno presenti i segretari nazionali delle confederazioni sindacali e i rappresentanti di tutte le categorie, industriali, artigianali e commerciali. La decisione è stata presa dal Consiglio comunale di Gela, riunito in seduta permanente. I presidi non sono stati tolti e i manifestanti continuano a bloccare i veicoli in entrata e in uscita dalla città. Gli operai appaiono decisi a continuare finché non arriveranno rassicurazioni e garanzie sulla loro condizione occupazionale..

gel2A quanto riferiscono le cronache, è stato deludente l’incontro dei giorni scorsi a Palermo con il presidente della regione Crocetta, mentre il Governo nazionale ha ancora una volta rinviato la discussione in attesa di un generico “Piano di riqualificazione” di Gela. Il presidente della Regione Rosario Crocetta ha sottolineato la sua impotenza nella risoluzione del problema e ha scaricato la patata bollente sul Governo nazionale. Dopo un ulteriore rinvio a Roma per una programmata seduta con il Ministero dello Sviluppo economico, nella quale si dovrebbe discutere, appunto, della bozza del “Piano di riconversione e riqualificazione industriale dell’area di Gela”. Al momento la riconversione degli impianti in green rafinery appare una chimera poiché né Eni né il Governo (che avrebbe già stanziato 2,2 miliardi per l’ipotetica riconversione) intendono dare risposte concrete.

Come abbiamo già avuto modo di dire, non fa presa sui principali mass media nazionali la protesta dei tremila dipendenti della raffineria Eni e degli abitanti di Gela: è una rabbia che non trova riscontro, neanche da parte dei massimi organi governativi, né dei sottomessi responsabili regionali, come ha dimostrato il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta che si è dichiarato non in grado di trovare una soluzione, né in tempi brevi o medi. E ciò nonostante che siano stati fermati tutti i pozzi petroliferi e ridotta la fornitura del gasdotto libico “Greenstream”.

gel1Da anni i lavoratori di Gela attendono l’avvio degli investimenti reclamizzati che avrebbero dovuto garantire lavoro e bonifiche in base al protocollo d’intesa sulla riconversione della raffineria. Fermi da tempo ed esauriti tutti gli ammortizzatori, i lavoratori delle imprese appaltatrici ora rischiano il licenziamento perché non sono stati mai aperti i cantieri concordati con il protocollo d’intesa del novembre 2014.

Una lettera aperta è stata inviata al premier Matteo Renzi nella quale si sottolinea che questa è la vertenza di una intera città che non vuole morire. Ma, come era prevedibile, alla lettera non è giunta alcuna risposta. Al premier italiano forse interessa poco che un ecomostro come Eni abbia negli ultimi 60 anni devastato il territorio gelese e cancellato qualsiasi altro tipo di economia locale. Questi impianti sono in Sicilia, una terra che interessa solo e fino a quando può essere sfruttata. Dopo?…

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