Serva ordinem

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di Guido Di Stefano

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     Serva ordinem et ordo servabit te: questo dicevano e praticavano i creatori dell’unico impero universale sulla terra. Si irradiarono a occidente e a oriente, a nord e a sud; dominarono, integrarono e sincretizzarono tutte le culture e le genti dal Sahara alle Highlands, dalle Baleari al Reno; composero tutto il mondo in pace; compreso il mare che dichiararono “mare nostrum” e dove dominarono pur non essendo inizialmente avvezzi all’arte marinara.

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     Uomini determinati e determinati eccelsero nell’organizzazione e nel metodo; assimilarono il meglio delle culture con cui vennero a contatto, senza mai perdere le proprie origini. Lo stato era reale e presente: batteva moneta, legiferava e amministrava la giustizia, gestiva le forze armate.  C’erano i ricchi, i poveri, gli schiavi ma tutti in “ordine”: nessun ricco poteva comprare uno stato; nessun povero moriva letteralmente di fame e dormiva sotto i ponti; e gli schiavi erano almeno considerati come beni patrimoniali. Chissà forse perché allora non c’erano i “buchi neri” delle banche e delle borse-valori! Ma soprattutto che c’era un certo quale  “diritto” garantito dallo stato. Non parole e proclami ma fatti (tra cui gli scritti): “verba volant, scripta manent” ovvero le parole volano, gli scritti rimangono, o, se vogliamo, gli scitti (i fatti) sono importanti non le volatili chiacchiere.

     E quanto a chiacchiere l’occidente ne è grande produttore e divulgatore.

   L’applicazione di quel latino consiglio o “ordinamento” è particolarmente ostica e osteggiata in questo attuale occidente in cui tutti sono stati depauperati: gli stati (molti) non battono moneta spodestati da  potentati finanziari; a fare sentire il loro potere legislativo (o regolamentativo) sono organismi non elettivi ma “investitivi”;  per l’amministrazione della giustizia e la gestione delle forze armate (esercito e polizia) forse è il caso di pregare; i comuni cittadini sono pressati  affinché rinuncino a identità, cultura, diritti: perché così si vuole là in quell’impenetrabile aureo Olimpo dove si può e si fa quel che si vuole.

    Tanto per chiarire riportiamo l’estensione semantica dei due termini cardine del detto e cioè “servare” e “ordo”.

     Servare = salvare, mantenere intatto, rispettare, conservare, preservare, custodire, osservare, curare, badare.

     Ordo = ordine, regola, sistema, serie, classe sociale o militare, successione, norma e (se vogliamo estendere) anche ordinamento, disposizione, organizzazione, normalità, dovere.

       La “combinazione” dei due termini, in tutte le loro accezioni, sintetizza i principi del diritto universale ed è un imperativo inviolabile per i popoli, per i governi   e per i singoli cittadini, a prescindere da potenza, potere, ricchezza, origini, rango. Ma la combinazione è ostica ai potentati occidentali attuali perché contiene in sé rispetto, dignità, doveri, diritti, identità, umanità.

    L’ordine dei Latini non aveva niente da spartire con quello meramente impositivo attualmente strombazzato con superficialità da troppi altolocati saggi occidentali: era (per i tempi) costruttivo, identitario, memore, giusto e “regolatore” del potere.

     Avevano capito meglio dei nostri sommi contemporanei: che il potere è uno strumento del bene comune e universale quando viene reso giusto; che è un’arma letale se asseconda i deliri di onnipotenza; che è una droga fatale se si affida agli inetti e incapaci.

     Il vero “ordine” serve l’umanità non la spadroneggia.

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