di Luigi Asero
Occuparsi di occupazione militare nell’isola, o del problema del traffico è come sparare al poligono di tiro: colpisci tutti e non frega nulla a nessuno. L’argomento del giorno è infatti l’avvio dei saldi in Sicilia.
In una regione colta da crisi economica endemica e perenne i saldi rappresentano la via di fuga delle famiglie e il modo di recuperare liquidità delle aziende commerciali isolane. Confcommercio, parlando di Palermo (e non solo) commenta: “È un momento importante per capire se la ripresa c’è stata. Ma la mancanza di parcheggi rischia di penalizzare maggiormente alcune zone del centro”
E infatti tutti i commercianti non attendevano altro, quasi potrebbero rimanere chiusi il resto dell’anno e riaprire soltanto per il periodo dei saldi. Ma è proprio vero? Quale sarebbe la convenienza di svendere i prodotti acquistati dai produttori a prezzo non certo bassissimo? Tranquilli cari commercianti, non saremo noi (non stavolta) la vostra Guardia di Finanza e non stiamo a farvi i conti in tasca. Voi siate onesti il più possibile comunque, non possiamo escludere successivi interventi in merito…
Eppure il pretesto dei saldi diventa un perfetto assist per iniziare un articolo che si occupi di considerare la realtà isolana nel suo complesso. Per l’ennesima volta, scusate il record negativo (e quando mai?…) la Sicilia detiene il primato delle chiusure di aziende al 31 dicembre. Secondo le stime dell’Osservatorio Confesercenti nazionale, la Sicilia è la regione ad avere messo a segno il saldo peggiore tra aperture e cessazioni di attività negli ultimi 5 anni, con un saldo negativo di 16.355. Soltanto a Catania dal 1 gennaio al 31 dicembre 2015 hanno chiuso 1.612 aziende, circa 4 al giorno. In tutta la Provincia etnea sono 4.949 le aziende che hanno cessato la loro attività. Il 2015 si conferma un anno di contrazione. Una vera e propria desertificazione che ha interessato tutto il territorio nazionale e in particolare la Sicilia. La nostra Regione ha guadagnato il primo posto per il peggiore saldo negativo negli ultimi cinque anni.
In tutto questo la Regione siciliana avvia l’anno con l’esercizio provvisorio per almeno due mesi perché i deputati dell’Ars lo scorso 23 dicembre hanno preferito il panettone agli impegni istituzionali e altrettanto hanno fatto lo scorso 29 dicembre. Complice l’inconsistenza del presunto governo Crocetta che fra rimpasti e beghe interne non ricorda nemmeno più quale regione sarebbe chiamato a governare.
La Sicilia arranca e con i saldi cerca la via per sopravvivere. A sé stessa prima di tutto, all’incuria politica, alla politica nazionale che l’ha sempre snobbata e sfruttata come serbatoio elettorale (e pertanto ha preteso di tenerla a pane e acqua per sfruttarne il bisogno di almeno un po’ di companatico). La Sicilia del 61 a zero di berlusconiana memoria, quella della Democrazia Cristiana di Salvo Lima senza se e senza ma, quella della rivoluzione crocettiana. La Sicilia del Gattopardo dove “tutto deve cambiare per non cambiare nulla” e ormai non cambia nemmeno i nomi del dissesto. La Sicilia del “comu voli u’ Signuri” resta qui, al passo. Mentre il mondo ancora si prepara alle sfide del terzo millennio in corso la Sicilia si prepara a sopravvivere a queste sfide. Tanto, già in partenza, ha perso.