“Fuocoammare” su Lampedusa vince l’Orso d’Oro

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di Nello Cristaudo

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“Fuocoammare”, il docufilm girato a Lampedusa da Gianfranco Rosi,  è il vincitore  della 66esima  edizione del Berlinale  che ha premiato il regista italiano con il conferimento  dell’orso d’oro. Il film, che per un anno e mezzo ha visto la presenza di Rosi a Lampedusa, documenta da un lato la vita sospesa degli abitanti dell’isola teatro del dramma degli immigrati, mentre dall’altro evidenzia la tragicità dei profughi migranti verso il nostro paese e di chi è in cerca di condizioni migliori per se stesso e per i propri congiunti sperando nel miraggio dell’Europa, colpendo sin dalle prime proiezioni sia il pubblico che la critica.

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Il mio pensiero va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa nel loro viaggio di speranza, e alla gente di Lampedusa che da venti trenta anni apre il suo cuore a chi arriva“. Lo ha detto Gianfranco Rosi, ricevendo l’orso d’Oro. E proseguendo nel suo discorso, durante il consueto saluto ai presenti e alla giuria, ha affermato: “L’accoglienza non deve essere fatta dalle singole nazioni, ma dall’Europa. L’esempio che ieri ha dato l’Austria, che sta iniziando a chiudersi, non è un grande esempio“,  frase quest’ultima detta precedentemente da Gianfranco Rosi a Berlino, procedendo lungo il red carpet della Berlinale. “L’Italia ha fatto tantissimo – ha aggiunto – per venti anni ha fatto da sola, ora non è più il momento di agire singolarmente“.

La presidente della giuria Meryl Streep, al fianco del direttore Dieter Kosslick, legge il verdetto: “Film eccitante e originale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un libero racconto e immagini di verità che ci racconta quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario“.

Gianfranco Rosi, seguendo il suo metodo di totale immersione, come ha fatto per le sue altre opere. raccontando persone e luoghi invisibili ai più (Below Sea Level) il Messico dei killer del narcotraffico (El Sicario, Room 164), la Roma del Grande Raccordo Anulare (Sacro Gra) adesso si è recato a Lampedusa, epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l’invisibile e le sue storie. Un riconoscimento ad un regista da sempre impegnato in temi sociali che in un periodo critico dove si vorrebbero alzare le barriere contro gli immigrati, da una lezione a chi tende ad escludere e non ad includere mettendo in risalto la cultura dell’accoglienza dei lampedusani che da sempre  si sono prodigati per gli immigrati sbarcati sulla loro terra in condizioni di ampio disagio.

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