di Salvo Barbagallo
L’interrogativo: perché l’Italia non cede totalmente la Sicilia agli USA? La risposta: perché non le conviene! Perché la situazione attuale all’Italia (Roma/governo) porta solo benefici (quali, non sappiamo e non conosciamo), perché (alla fine) è un modo per tenere legati gli USA all’Italia (Roma/governo).
Altro interrogativo: perché gli USA non si “annettono” direttamente la Sicilia? Perché nelle odierne condizioni di occupazione/militare risparmiano in moneta e in responsabilità; perché agli USA non conviene in questa fase storica “gestire” direttamente i Siciliani, dal momento che esiste lo Stato/Italia/alleato che li governa; perché quello che devono fare, lo fanno egualmente e senza dare alcun conto ai Siciliani e poco conto allo Stato/Italia/alleato.
Una situazione paradossale, per quanti vedono nell’invadente e crescente presenza militare statunitense, un pericolo e non un beneficio. E ciò in quanto di questa presenza stabile USA in Sicilia (a quel che risulta) i Siciliani non ne hanno mai tratto alcun vantaggio.
Una situazione paradossale che, prima o poi, potrebbe registrare un crollo degli equilibri di oggi: se ci fosse un governo filo russo (per esempio) lo Stato/Italia/alleato sicuramente verrebbe considerato dagli USA inaffidabile e gli USA con tutte le basi militari sparse in questo Paese, e soprattutto in Sicilia, si troverebbe in una condizione di certo precaria. Fra l’altro, questo è uno dei motivi principali per i quali chi governa l’Italia deve essere necessariamente filoamericano.
Gli Stati Uniti d’America possono fare a meno delle proprie installazioni militari nel Continente; non possono fare a meno, però, di quelle che da decenni si trovano sul suolo siciliano e lo dimostrano i potenziamenti delle basi, che continuano ad effettuarsi in progressione crescente. Per quanto attiene la Sicilia, gli USA hanno, comunque, la carta di “riserva”, hanno sempre a portata di mano un’opzione possibile: quella di rendere “indipendente” l’Isola.
L’indipendenza della Sicilia è uno spauracchio che viene fatto aleggiare ogni qual volta gli USA notano che possa essere messa in dubbio (o in difficoltà) la loro presenza nell’isola. Accadde negli Anni Ottanta quanto si “risvegliò” all’improvviso (almeno apparentemente) il “sentimento indipendentista siciliano” su spinta dell’allora leader libico Muammar Gheddafi: immediatamente sorsero gruppuscoli indipendentisti di chiara intonazione filoamericana. Poi, le spinte si esaurirono.
In questa chiave forse andrebbe letta la sollecitazione/provocazione/invito all’indipendenza siciliana portata avanti da Edward Luttwak nell’estate dello scorso anno. Cosa diceva il politologo americano (che, guarda caso, da tempo ha residenza a Bagheria) ponendosi come “fornitore di ricetta” per risollevare le sorti della Sicilia? Quale “ricetta” offriva? Eccola: “E’ semplice. Rialzando con orgoglio il loro vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma. Non vogliono più un soldo da
chi li ha asserviti e distrutti. Il loro capo – che vedrei bene indossare un elmetto – prima di tutto dichiara che in ogni caso non vorrà essere rieletto, poi procede al licenziamento di tutti i dipendenti pubblici della Regione. Sarà riassunto solo chi ha intenzione di lavorare. Viene dato spazio all’iniziativa privata, al commercio, al turismo, alla cultura. Viene incoraggiato il co-investimento. Vengono ristrutturati i porti eliminando la burocrazia, viene alacremente costruito un hub portuale internazionale nella piana di Enna. L’isola non sarà più governata dalla mafia, dalla politica, dai Calogero Sedera, ma dai siciliani veri, compresi i suoi nobili, come ai tempi di Federico II. E di nuovo stupirà il mondo”.
Un test, quello offerto ai Siciliani da Luttwak, o un avvertimento? Quali che fossero le intenzioni del personaggio, la cui voce è ancora considerata da molti “influente” negli ambienti governativi USA, nessuno in Sicilia (a quel che risulta) ha raccolto il suo “messaggio”. Ai potenti, ai governanti dell’Isola, ai politici e similari, le condizioni in cui si trova la Sicilia stanno bene come sono, e all’orizzonte non si intravede un nuovo Che Guevara. L’ultimo sognatore rivoluzionario indipendentista, Antonio Canepa, venne eliminato nel lontano 1945, e oggi non c’è nessuno disposto a sacrificarsi per interessi altrui.
Ecco perché, probabilmente, non cambierà nulla e la Sicilia non reagirà allo scempio che viene perpetrato indisturbato.