Libia, a Roma si coordina, in Sicilia si opererà?

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di Salvo Barbagallo

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La situazione in Libia, con la sempre maggiore invadenza del Califfato jihadista, necessita di un intervento militare in tempi brevi: la Coalizione internazionale nata per battere il Daesh/Isis ne è convinta da mesi, ma adesso l’aggravarsi delle condizioni in cui versa il Paese vicino di casa, ha dato una forte accelerazione alle iniziative preventivate. È ancora una volta il Wall Street Journal che anticipa le informazioni: il centro di coordinamento delle operazioni è a Roma e sarà italiana la “guida” della stessa coalizione. Giorni addietro era stato lo stesso segretario alla Difesa Usa, Ash Carter, a sostenere la necessità di riportare al più presto il Paese nordafricano in un quadro di stabilità, perché il caos in cui si trova non fa altro che dare linfa all’espansione dei movimenti jihadisti. Come ha dichiarato il generale Donald Bolduc, comandante delle Forze speciali Usa in Africa, da mesi viene preparato un piano per un intervento in Libia. Gran Bretagna e Germania hanno stabilito di inviare in Tunisia reparti speciali per contribuire al controllo della frontiera con la Libia e addestrare militari libici per fronteggiare l’Isis. Un’attività che le forze speciali francesi, britanniche e statunitensi già effettuano a Bengasi e Misurata.

La Tunisia nel frattempo ha dato la propria disponibilità all’offerta arrivata dalla Germania per addestrare i soldati dell’esercito libico nel territorio tunisino dove, proprio ieri, sono stati segnalati scontri armati tra esercito e Guardia nazionale tunisini da un lato e forze dell’Isis vicino alla città di Ben Guerdane, al confine tra Tunisia e Libia. Intanto la portaerei a propulsione nucleare Charles de Gaulle ha lasciato il Golfo Persico per tornare a operare nel Mar Mediterraneo orientale. L’Ammiraglia della flotta francese, che era a capo della Task Force 50 e in due mesi ha condotto con i suoi aerei 23 missioni ISR (intelligence surveillance and reconnaissance) e 80 raid contro obiettivi del Daesh tra Iraq e Siria, ha mutato destinazione ufficialmente per un’esercitazione al largo delle coste egiziane poco distanti dal Golfo di Sirte, ma probabilmente è una manovra preventiva in vista delle operazioni della Coalizione in territorio libico.

Mentre tutto si svolge su questi delicati piani, c’è da considerare che quasi sicuramente sarà la Sicilia (e non solo per la sua posizione geografica) la punta avanzata per qualsiasi tipo di iniziativa militare che la Coalizione internazionale anti-Isis intenderà effettuare il Libia: Sicilia come piattaforma di “lancio”, logistica e supporto, con le sue basi di Sigonella, Trapani e Augusta. Non ci sono notizie in merito, né in questo momento nelle installazioni siciliane appaiono attività interne di natura “straordinaria”. Resta il fatto (razionalmente parlando) che sono molte le probabilità che la Sicilia possa diventare, in tempi brevi, un centro nevralgico e fondamentale, così come avvenne nel 2011 con la partecipazione italiana all’abbattimento di Gheddafi.

Ciò è importante sottolineare considerando l’allarme terrorismo in Italia rilevato dalla relazione annuale dei servizi di intelligence italiana trasmessa al Parlamento: un target sensibile potrebbe essere, appunto, la Sicilia per il possibile ruolo che potrebbe assumere. Si sconosce se questi elementi indicati siano stati valutati (la relazione dei servizi nostrani descrive l’Italia sempre più “esposta” alla minaccia jihadista, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici) e quali eventuali misure di sicurezza possano essere stati presi o programmati. Di fatto, in realtà, nella collettività è assente la “percezione” di un “pericolo terrorismo”, così come è assente il timore di possibili infiltrazioni jihadiste nel flusso dei profughi che riescono a raggiungere la Sicilia. La mancata (giustificabile?) preoccupazione, o il mancato interesse verso questa problematica, potrebbe costituire un fattore di debolezza.

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