Libia+Isis: un passo avanti, due indietro. La Sicilia?

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di Salvo Barbagallo

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Libia+Isis. Non sappiamo se l’attuale linea che il premier Matteo Renzi ha adottato venga dettata dalla cautela o solo dalla comprensibile opportunità di frenare un po’ la corsa sulle delicate decisioni del tante volte preannunciato intervento armato in Libia con la partecipazione dell’Italia come “guida” della cosiddetta Coalizione internazionale. Quali che siano le ragioni che stanno animando il premier, in ogni modo, appaiono condivisibili e condivise praticamente dall’opinione pubblica nazionale. Che poi il premier affidi le possibili decisioni del Governo a un chiarimento in Parlamento non si deve necessariamente considerare una sorta di “scaricabarile” solo perché il premier in questa particolare circostanza si stia accorgendo che c’è ancora un Parlamento al quale bisogna dare conto. La complessità della situazione nel vicino Paese del Mediterraneo merita più che attenzione, al di là degli stessi “interessi” che l’Italia ha da tutelare. Considerando anche, come il Corriere della Sera informa (riprendendo una notizia diramata dall’agenzia Mena) che la volontà del governo di Tripoli è quella di non desiderare Nessuna operazione internazionale sul nostro territorio (…) Non accetteremo mai alcun intervento militare in Libia ammantato sotto qualsiasi “scusa”, per come si è espresso il ministro degli Esteri libico Aly Abuzaakouk.

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C'è chi dà e chi non haA nostro avviso (ma potremmo essere in errore, come è possibile) il motivo di fondo che sovrasta Matteo Renzi è fondamentalmente intricato, e riguarda principalmente il rapporto che l’Italia ha con il suo “partner” privilegiato (gli USA) e, in seconda/terza/quarta/eccetera istanza, con gli alleati della Coalizione. A nostro avviso (ma potremmo essere in errore, come è possibile) il nodo è quello del “dare o avere”, o non avere e dare agli USA: l’Italia ha dato (e continua a dare) molto agli Stati Uniti d’America, ma una presunta (o eventuale) contropartita gli Italiani non riescono a vederla. Soprattutto questa presunta contropartita non la vedono (così come non l’hanno mai vista) i Siciliani, sul cui territorio gli USA hanno installato stabilmente loro basi militari, trasformando l’Isola in una piattaforma bellica micidiale.

È questo rapporto Italia-USA che si trascina con trattati il cui contenuto, in molti casi, è “secretato” e sconosciuto anche allo stesso Parlamento che preoccupa, o dovrebbe preoccupare: cosa comportano gli “impegni” assunti con gli USA dai vari governi che si sono succeduti nei decenni? Forse il premier Matteo Renzi se ne sta rendendo conto adesso, perché è ora, in questo difficile momento dell’agire, che si ritrova la patata bollente in mano. Ed è una patata che può bruciare le mani e non solo le mani.

L'Isi e la LibiaComprensibili (e accettabili) le titubanze e i rallentamenti che si stanno registrando sul “caso” Libia e sulla lotta al Califatto jihadista, e comprensibili le “pressioni” esterne sull’Italia da parte degli USA e degli altri.

Certo, l’Italia ha interessi da salvaguardare in Libia e questo potrebbe giustificare una sua presenza “attiva”, ma a quale prezzo?

Sicilia armataChi mai riflettuto sulla situazione di vera “occupazione” militare “straniera” (se pur “alleata”) in Sicilia da decenni? In merito mai una parola incisiva da parte di chi ha rappresentato la Sicilia in sede di governo nazionale, nonostante che negli ultimi tempi la Sicilia sia stata sotto i riflettori internazionali per la questione degli sbarchi dei profughi. Il problema “militarizzazione” della Sicilia non è mai stato sollevato, i trattati di pace internazionali disattesi senza che nessuno abbia mai reagito. È surreale l’allarme per il crescente caos in Libia analizzato esclusivamente dal punto di vista degli equilibri delle grandi potenze, senza tenere conto delle ripercussioni che la Sicilia può subire essendo stata trasformata nella punta avanzata di un sistema bellico (tutto sommato) straniero.

Ora il premier Matteo Renzi chiede il parere del Parlamento, ed è corretto al di sopra delle stesse intenzioni che lo motivano. Quando prenderà consapevolezza il premier Matteo Renzi che deve chiarirsi anche con i Siciliani?

 

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