di Salvo Barbagallo
L’attentato jihadista di Bruxelles dovrebbe far riflettere da nord a sud perché è da nord a sud che si sta combattendo una guerra che la gente non comprende, ma che accende gli animi e provoca un botta e risposta di odio, mette gli uni contro gli altri per opinioni diverse che si contrappongono e si rifiuta a priori una qualsiasi forma di dialogo.
Troppa carne al fuoco, troppi elementi contrastanti determinano una inevitabile confusione che conduce, altrettanto inevitabilmente, a una conclusione di scontro.
E già da questo punto di vista si dovrebbe prendere in debita considerazione l’effettiva capacità distruttiva dello pseudo (?) Stato islamico/Califfato nero/Daesh o Isis che dir si voglia, perché quanto sta portando avanti questa “entità” malvagia e perversa presuppone strategie altamente sofisticate e non certo improvvisate, al di là della mano d’opera (di basso profilo) che usa. Ciò che ormai accade da anni riteniamo che abbia ampiamente dimostrato che l’Isis/Daesh ha “dirigenti” (chiamateli pure “capi”) che sanno bene quale obbietivo vogliono raggiungere e non temono il costo da pagare, soprattutto perché la pelle al macero non è la loro, perché “loro” (i capi) non si espongono mai in prima persona, e mai scendono direttamente in campo aperto. Questi “capi” avranno magari menti contorte, ma di certo non prive di intelligenza mirata tutta al raggiungimento di una meta: il dominio. Il dominio dell’Occidente, lasciatecelo dire. Chi ha messo in moto da tempo la strategia del terrore vanta alleati potenti e ricchi: i finanziamenti non mancano e con i soldi si può comperare tanto, se non tutto. Che i “combattenti” dell’Isis vengano “pagati” pare che sia cosa accertata, noi non sappiamo se sia così, ma di certo non crediamo al “puro” idealismo, soprattutto se propagandato con etichetta “religiosa”.
Le analisi servono a ben poco se non ci si attiene ai fatti, e i “fatti” sono sotto gli occhi di tutti: dalle tragiche decapitazioni agli attentati, l’Isis/Daesh con grande clamore mediatico ha mostrato il suo volto, le sue intenzioni. L’Occidente (protagonista di tanti e tanti errori) sta giocando la sua partita a suon di bombe quando non è sul proprio territorio, ma quando deve muoversi a casa propria dove stanno operando i kamikaze jihadisti, mostra la sua vulnerabilità, mostra principalmente la mancanza di una strategia. I summit dei responsabili della sicurezza dei Paesi europei si sono susseguiti periodicamente in questi ultimi mesi, dalla strage di Charlie Hebdo a quella del Bataclan a Parigi e ieri dopo gli attacchi a Bruxelles. Come fa notare Marco Zatterin su La Stampa promesse, impegni alti e roboanti, le ricadute, quasi nulle. Si rischia di fare il tris. Secondo la bozza di conclusioni del consiglio, i ministri suggeriscono di giocare la carta del rafforzamento della vigilanza online, creando un’alleanza con i provider Tlc e digitali per tracciare in modo più puntuale i movimenti dei jihadisti e dei loro network. L’idea è di mettere in piedi entro giugno un intervento legislativo che consenta di elaborare e coordinare meglio la ricerca di prove digitali dei movimenti fisici e finanziari dei terroristi. Era ora, si potrebbe dire. Ma un testo legislativo di qui a tre mesi, con la possibilità che entri in vigore entro fine anno, non è un granché quando ci sono in giro 400 pazzi che mirano alle centrali nucleari. Adesso, per giunta.
Occorre riflettere su quanto è accaduto a Bruxelles, guardare ai fatti, non pavoneggiarsi con le opinioni del “dopo”, scaricando su altri responsabilità che sono di tutti. E su Huffington Post Lucia Annunziata giustamente rileva: Il doppio giro di attentati messo in atto per modalità e tempistica rende evidente una preparazione militare di alto livello. Che punta all’Esistenza di una organizzazione forte, con capacità logistiche serie, e con una regia che conosce molto bene tecniche e tattiche di guerra. Ci troviamo di fronte a un gruppo che a 48 ore dalla cattura della sua primula rossa, cioè da quella che era stata subito venduta come una sconfitta della rete terrorista in Belgio, l’arresto di Abdelslam, è stata in grado di attaccare su due fronti negli stessi chilometri quadrati che a parole erano stati messi in sicurezza. È stata in grado cioè di mettere in campo subito un gruppo di combattenti, appoggi logistici, armi ed esplosivo per i nuovi attentati ed è stata in grado di piazzarli senza che venissero scoperti, nel pieno cuore di una città militarizzata.
Come non condividere gli interrogativi che si pone Lucia Annunziata: Chi finanzia questo fronte? Operazioni quali quelle che abbiamo descritto, e che non sono appunto raccolte occasionali di estremisti, richiedono un finanziamento sostenuto nel tempo e nel volume. O vogliamo davvero immaginare che questi terroristi di ritorno si mantengano con lavoretti o ospitalità di famiglie o la carità della beneficenza delle locali moschee? Macchine, armi, spazi in affitto, viaggi. Qualcuno paga. Così come qualcuno paga l’enorme rete dell’Isis nei territori che occupa (…).
In Italia, così come in tutti i Paesi europei, è stato innalzato il grado di allerta e aumentata la sorveglianza in quelli che si reputano “obbiettivi sensibili”. Sono misure dovute, il minimo che si possa fare in tema di prevenzione, o presunta prevenzione, ma ciò non risolve il problema. Crearsi alibi per non mettere la mano sul fuoco oggi non serve, la gente comune non è nelle condizioni di accettare una situazione di allarme non stop, dove la vita (di per sé precaria) può essere cancellata nel modo più imprevedibile e nel momento più inaspettato. Attribuire le responsabilità alle carenze (?) dei Servizi segreti dei vari Paesi è un paravento dietro al quale nessuno può nascondersi. Anche i compromessi della “diplomazia” non sono più utili.
Se il Califfato nero si è autoproclamato “Stato”, e questo “Stato” ha dichiarato guerra all’Occidente, l’Occidente che fa? Ora come ora sembra che si limiti allo stato d’allerta….