di Luigi Asero
Di Grecia non si parla più, se non per ricordare gli sbarchi dei migranti nelle sue coste e i naufragi nei suoi mari, ma la Grecia in mano a Tsipras è -come si provava a dire in tempi non sospetti- come una pecora dentro la tana del lupo. E lentamente il lupo la sta sbranando.
Adesso, domenica 24 aprile, mancano tre giorni per accettare (pardon sottostare) un “pacchetto di contingenza” con nuove misure di austerità destinate a scattare automaticamente in futuro se non verranno rispettati i vincoli di bilancio per il 2015 e 2016. Eurogruppo e Fmi hanno dimostrato di non fidarsi di Atene. Pretendono così gli “stabilizzatori automatici”. In cambio promettono anche una riduzione di fatto della maxi-esposizione ellenica (stimata al 177% del Pil), richiesta da tempo dal premier greco Alexis Tsipras come indispensabile.
Al nuovo diktat il ministro delle Finanze ellenico, Eukleidīs Tsakalōtos, accenna un tentativo di resistenza. Ma immaginiamo già faccia parte di una scenetta ben orchestrata ai danni, ancora una volta, del popolo greco.
Il collega italiano Padoan promette l’appoggio italiano in termini di solidarietà ed “esperienza”.
Ovviamente saremo gufi, ma Padoan pensi a gestire quelle italiane di finanze ché dopo Tsipras il prossimo target della grande finanza internazionale è proprio l’Italia. Non ci saranno riforme costituzionali né beghe di quartierino a fermare un attacco della finanza internazionale quando il premier, invece di ripulire il marcio che c’è (e si vede) si impegna solo a polemizzare contro la magistratura.