di Salvo Barbagallo
Ci ha rattristato molto l’avere appreso che il ministro Maria Elena Boschi (per come lei stessa ha dichiarato in un intervista al quotidiano La Stampa) e il governo vengano attaccati dai poteri proprio “perché non siamo schiavi dei poteri forti, non siamo il terminale di niente e di nessuno. Questo non piace a molti”. E a Jacopo Iacobini che le faceva notare come dall’inchiesta lucana viene forte un sentore di lobby rispondeva con grande fierezza ogni settore che smuove posti di lavoro ha le sue lobby. Noi abbiamo una linea chiara: sbloccare il Paese, toglierlo dalle sabbie mobili della burocrazia. Vale per le estrazioni, per l’edilizia… Rattristati per gli attacchi che riceve il ministro Boschi, ci rattristiamo maggiormente perché ci rendiamo conto che forse non abbiamo capito niente di come vada il mondo, di come vadano le cose in Italia e in Sicilia, in particolare. Inevitabile la domanda: ma quali sono veramente questi “poteri forti” di cui tutti parlano, ma che non vengono individuati con nomi e cognomi?
Il “mondo del petrolio” è un “potere forte”? Un potere che inquina e non solo metaforicamente? Ma di ciò si parla raramente, così come altrettanto raramente si perseguono gli autori di scempi che si compiono quotidianamente nelle aree interessate alle estrazioni petrolifere. Come avviene in Sicilia e altrove.
È di ieri (3 aprile) un resoconto di Greanpeace apparso sul quotidiano Huffington Post: “L’indagine dei giornalisti investigativi di “Italian Offshore” fa emergere che la piattaforma Vega – tra il 1989 e il 2007 – ha illecitamente smaltito poco meno di mezzo milione di metri cubi di acque inquinate con metalli, idrocarburi ed altre sostanze. L’accusa è di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”. Non molto diversa da quella che ha portato al recentissimo intervento della magistratura in Val d’Agri. In breve, la piattaforma Vega trasferiva le acque contaminate derivanti dal processo di estrazione di petrolio, a una nave appoggio, la Vega Oil (una ex petroliera) che poi illegalmente iniettava queste acque, assieme alle acque di sentina e alle acque di lavaggio della nave stessa, in un pozzo petrolifero sterile, alla profondità di 2.800 metri circa. Praticamente, a una ventina di chilometri dalle coste siciliane, è stata creata una pericolosa discarica sottomarina che rischia di contaminare per secoli i fondali del Canale di Sicilia.
Vale la pena ricordare che Vega è la più grande piattaforma petrolifera fissa realizzata nell’off-shore italiano. Il campo Vega è ubicato a circa 12 miglia a sud della costa meridionale della Sicilia, al largo di Pozzallo. La piattaforma è stata appoggiata, nel febbraio 1987, su un fondale di circa 122 metri di profondità d’acqua tramite un Jacket, struttura di acciaio tubolare a forma di traliccio con otto gambe ancorate.
Greanpeace evidenzia che il processo sul traffico di rifiuti del Campo Vega è iniziato nel 2007 e ormai si avvia alla prescrizione. I documenti di ISPRA sono del 2010. Come è stato possibile che il Ministero dello Sviluppo Economico nel 2012 abbia concesso una proroga alla continuazione di questa attività? Quella proroga consente addirittura di realizzare nuovi pozzi nel campo Vega. Il “piano di lavoro” prevede infatti la realizzazione di un’altra piattaforma (Vega B) e la trivellazione di altri 12 nuovi pozzi: che si faranno nonostante il divieto di trivellazione entro le 12 miglia perché autorizzati prima. Se passa il Sì al referendum del 17 aprile difficilmente Vega B si farà.
Poteri forti? Forse sono solo una invenzione…