Cosa succede veramente in Libia?

I feriti libici sbarcati a Roma dal C130J dell’aeronautica militare italiana
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di Salvo Barbagallo

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È inevitabile che si volga l’attenzione alla Libia, un Paese a due passi da casa nostra, a due passi dalla Sicilia: a prescindere dalla frammentarietà delle informazioni, l’unica cosa certa è la questione dei migranti/profughi che continuano ad affluire nell’Isola e da questa porta del Mediterraneo si inoltrano in Italia e in Europa, feriti-libiadisperdendosi senza alcun controllo di destinazione. I sentimenti di “umanità”, e “solidarietà” verso i fuggitivi dalle guerre nei territori in cui, in un recente passato, si osannavano le “primavere arabe”, rendono ambiguo il problema dell’accoglienza e, soprattutto, della incessante “volontà” (da parte di chi?) di una integrazione per la quale non sono state programmate concrete soluzioni.

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Si riscontra un pericoloso gioco sui “numeri” dei profughi in attesa di attraversare il Mediterraneo per raggiungere una “ideale” meta che consenta loro di avere una vita “normale”, senza l’incubo bellico: ottocentomila, un milione, dodicimila sparsi sulle spiagge della Libia, mentre i trafficanti di esseri umani arricchiscono i loro forzieri. Ma di ciò che accade realmente in quel Paese giungono solo spezzoni di “verità” che possono essere contraddette dall’oggi al domani.

C’è in Libia un Governo riconosciuto dalla Comunità internazionale –quello di Fayez Al Sarraj- ed ecco che quel Governo viene contestato da un altro governo, sempre libico, ma non riconosciuto,  quello di Tobruk sostenuto da Khalifa Haftar. Una doccia fredda (48 ore addietro), come ha riportato l’agenzia ANSA: il generale Khalifa Haftar, capo delle forze armate libiche che rispondono al parlamento di Tobruk, ha dichiarato che non riconosce il nascente governo di unità nazionale (Gna) del premier designato Fayez Al Sarraj, né ha tempo da perdere con l’Onu. “Non m’importa nulla delle decisioni del Gna, le sue decisioni sono solo pezzi di carta“, ha detto Haftar come riportano tweet dell’emittente Libya’s Channel. “Non penso che questa soluzione imposta dall’Onu avrà successo”, ha affermato. Nell’intervista alla tv libica Haftar ha anche espresso indifferenza per l’inviato speciale dell’Onu in Libia, Martin Kobler: “Non ho tempo da perdere con Kobler, faccio conto sull’esercito e la polizia e non su un funzionario dell’Onu”.

lib2L’Italia di Matteo Renzi ufficialmente mostra prudenza ed ha accantonato la velleità di leadership della Coalizione internazionale per un intervento militare in Libia, ma di cosa faccia attualmente l’Italia (a conti fatti) con la Libia si conosce ben poco (almeno ufficialmente). Tre giorni addietro (17 maggio) il sito online “Cybernaua.it” ha pubblicato, con tanto di foto a corredo, un reportage a firma di Maria Clara Mussa dal quale si apprende che feriti libici sono stati trasportati da Tripoli a Roma: Ancora feriti libici trasportati in italia e curati all’ospedale Celio a Roma. Il 13 maggio scorso, con un C-130J dell’Aeronautica Militare, sono giunti a Roma tredici libici, rimasti feriti nell’attentato dello scorso 5 maggio vicino a Misurata; giunti a Roma sono stati ricoverati presso il Policlinico Militare del Celio ed altre strutture civili. Il velivolo, partito dall’aeroporto militare di Pratica di Mare con destinazione l’aeroporto di Misurata, con a bordo personale medico, infermieri e adeguato equipaggiamento sanitario per assistere il personale libico ferito, ha caricato le persone bisognose di cure, ripartendo quindi per atterrare, una volta effettuato l’accertamento delle condizioni dei feriti, alla volta dell’aeroporto di Roma Ciampino  L’attività è stata svolta in collaborazione con il ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale e quello della Salute per il tramite del Comando Operativo di vertice Interforze di Centocelle, nell’ambito delle iniziative poste in essere per assistere la Libia e il popolo libico nelle emergenze e nella ricostruzione della stabilità e dello sviluppo del Paese. La collaborazione con il Paese libico, ancora tutto da stabilizzare per quanto riguarda sia i disordini sia le istituzioni di governo, è confermata, ma non con interventi militari (…).

L’Italia è, quindi, già in campo in soccorso del Governo di Fayez Al Sarraj, ma con questo Governo riconosciuto e aiutato (per quel che risulta) non si pone sul tappeto la tematica dei profughi. C’è qualcosa che stride e non convince in tutto ciò.

 

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