Di Carlo Barbagallo
Non è una novità che l’ex Mare Nostrum, il Mediterraneo, sta morendo soffocato: l’inquinamento ha raggiunto tassi tanto elevati che il suo futuro può considerarsi un’incognita. Non è una novità (anche) che le competenti autorità di riferimento (i Paesi bagnati dalle acque del Mediterraneo) poco fanno (se non nulla) per correre ai ripari. In Sicilia l’esempio più appariscente è costituito dalle acque della baia di Augusta, grazie al Polo Petrolchimico e alle navi cisterna che nel corso di tanti e tanti anni hanno distrutto un patrimonio naturale. Se qualche iniziativa viene portata avanti per la “difesa” del “patrimonio comune”, quale è da considerare il Mediterraneo, deve essere accolta e fatta propria. Ed è il caso di quanto ha avviato da alcuni giorni l’associazione ambientalista Marevivo, con una campagna che denuncia il terrificante impatto della plastica in mare.
La settimana scorsa (lunedì 9 maggio) da Bari a bordo della nave scuola Amerigo Vespucci, in collaborazione con la Marina Italiana e il CoNISMa, è partita la nuova azione “offensiva” dell’Associazione, con una campagna di sensibilizzazione, divulgazione e conoscenza “Mare Mostro: un mare di plastica?”. L’iniziativa si snoderà a vari livelli: seminari, incontri con i giovani studenti, dibattiti con gli amministratori e politici e la proposta di una legge ad hoc. A supportare la campagna una mostra divulgativa, nata dalla Blue Factory di Marevivo, composta da giovani studiosi e ricercatori, coordinati dal professore dell’Università “La Sapienza” Giandomenico Ardizzone.
Diversi giornali hanno ripreso il “lancio” della campagna di Marevivo, fra i primi Difesa Online che ha sottolineato come pesca illegale ed eccessiva, petrolio, veleni di ogni tipo vengono riversati ogni giorno nel mare e non finisce qui: c’è un mostro apparentemente inarrestabile e indistruttibile che forma, senza sosta, immense isole e, addirittura, si insinua nella catena trofica: la plastica. Marevivo, fin dalla sua nascita nel 1985, ha tentato di arginare questo fenomeno, immediatamente percepito in tutta la sua gravità, attraverso manifestazioni di sensibilizzazione e pulizia di coste e fondali coinvolgendo intere comunità isolane e spingendo le amministrazioni locali a proibire i contenitori a perdere.
I grandi vortici oceanici di rifiuti plastici, le immense zuppe di plastica, cioè isole più grandi dell’intero Mediterraneo, lo sminuzzamento delle plastiche che diventano più piccole di un’unghia e vengono scambiate per plancton dai pesci sono tra i temi che verranno affrontati da esperti e ricercatori, durante il viaggio della nave. Ogni anno nel mondo vengono prodotte 280 milioni di tonnellate di plastica e si stima che nel 2050 diventeranno 400. In questo contesto si innesta uno studio della Fondazione “Ellen MacArthur”, che prevede che per quell’anno ci saranno più plastiche che pesci. Secondo alcune ricerche, oltre il 10 per cento viene gettato in mare, andando ad alimentare il Mostro. Poi vanno presi in considerazione le ripercussioni sulla salute dell’uomo: le microplastiche entrano nella catena alimentare e, partendo dal plancton, finiscono all’uomo ultimo consumatore, quanto ne potrà sopportare il corpo umano?
“Non ci è consentito di restare in panchina a guardare cosa sta capitando al nostro mare”, ha spiegato Rosalba Giugni, presidente e fondatrice di Marevivo, “non dimentichiamo che il mare rappresenta il 71 per cento del Pianeta, produce più dell’80 per cento dell’ossigeno che respiriamo e assorbe un terzo dell’anidride carbonica, quando è in buona salute. Questa benefica funzione viene esercitata non esclusivamente per le sue acque salate, ma perché il mare è un ‘organismo vitale’, composto da vegetali e animali in un equilibrio dinamico raggiunto in milioni di anni”.
Tema trasversale al centro della campagna di Marevivo è, appunto, il Mediterraneo, mare semichiuso, che impiega 80 anni per il ricambio delle sue acque, solo superficiali. Nel suo bacino sfociano importanti fiumi, che nel loro percorso raccolgono e trasportano quantità di rifiuti plastici. Si stima siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica sparsi per tutto il Mare Nostrum, con una concentrazione media di 0,116 frammenti /m2 di superficie fino ad un massimo di oltre 0,36 frammenti/m2.