di Salvo Barbagallo
Non è certo una “visione” idilliaca quella dell’attuale Italia che vede il mondo della politica squassato da inchieste della magistratura che mettono a nudo lo stesso modo di fare politica, o meglio di “amministrare” la politica per conto e e per nome dei cittadini nei cosiddetti Enti pubblici. Ora come ora è il (presunto?) partito di maggioranza al Governo del Paese, il PD, che sta un po’ sulla graticola per via di suoi esponenti che finiscono (per un motivo, o per un altro) nelle maglie della Giustizia, ed ecco che subito si parla di questione “morale”. C’è da chiedersi quale “morale” con i tempi che corrono, visto che si tratta (a nostro avviso, ma potremmo, come al solito, essere in errore) di un radicato “sistema” dell’utilizzo del potere, quello che detta gli orientamenti sul come agire sul territorio.
Il Dizionario Treccani indica in questi termini la parola “potere”: Capacità, possibilità oggettiva di agire, di fare qualcosa; per il Dizionario Hoepli il potere è la Facoltà di compiere o no un’azione, secondo il proprio volere.
Ogni individuo ha in sé un “potere”, diverso ovviamente da quello che possiede chi riveste un ruolo nella scala sociale o pubblica: c’è il “potere” del vigile urbano nel redigere una multa controversa, c’è il “potere” del capo famiglia nella scelta educativa dei propri figli, c’è il “potere” del tassista che allunga un percorso a scapito del cliente. Tantissimi gli esempi che possono caratterizzare le “forme” del “potere”: tutto dipende da chi lo esercita. Ma…
Ma ci sono le “regole” che stabilizzano una società, e dentro le”regole” (cioè gli Ordinamenti) i cittadini devono stare, rispettandole.
Quando si verificano le anomalie? Quando le “regole” vengono disattese, quando vengono ignorate volutamente oppure anche per banale ignoranza. Quando si è fuori dalle “regole” inevitabilmente si va incontro alle consequenziali “sanzioni”.
Sembra tutto semplice, nella realtà le cose si complicano, e si complicano spesso a causa della stessa natura umana: l’individuo che ha un “potere” qualsiasi non resiste alla tentazione di usarlo per fini personali. A maggior ragione quando l’abuso costituisce la normalità del quotidiano (ai livelli più disparati) e si trasforma in “sistema”.
È chiaro che affermare che tutta la classe politica oggi sia “corrotta” è un errore madornale; è altrettanto chiaro, di contro, che la “corruzione” è un fatto accertato. Così, però, è sempre stato, anche se ci sono periodi in cui il malcostume ha la meglio: e questo avviene quando il “sistema” del “potere” si ritiene inattaccabile.
È chiaramente giusto affermare che si è innocenti fino a quando non viene provato il contrario ed è, però, altrettanto legittimo il dubbio, quando gli episodi si ripetono a catena.
Il ministro Maria Elena Boschi qualche settimana addietro ha dichiarato: Ci attaccano i poteri proprio perché non siamo schiavi dei poteri forti, non siamo il terminale di niente e di nessuno. Questo non piace a molti. Il ministro senza portafoglio per le Riforme Costituzionali e i Rapporti con il Parlamento ha dimenticato che, nel suo ruolo, è lei stessa un”potere” che esercita “potere”. Pertanto, ora come ora, parlare di “questione morale” appare come retorica spicciola.
Se il cittadino guarda con diffidenza a chi rappresenta le Istituzioni una ragione deve pur esserci: scaricare responsabilità sulla Magistratura non solo è ritenuto fuor di luogo, ma soprattutto fuorviante. Così come è fuorviante sostenere che il Governo è sotto assedio da parte della Magistratura.