di Carlo Barbagallo
Il 2 maggio scorso scrivevamo su questo giornale commentando la veloce trasferta nel “profondo” Sud del premier Matteo Renzi: Mentre i Bronzi di Riace tornano a risplendere grazie alla bacchetta magica del premier Matteo Renzi che, dalla Calabria e alla Sicilia, promette come il mago della pioggia diluvio di miliardi, i sondaggi della Demos-Coop sostengono che una larga maggioranza della collettività nazionale non crede alla tanto sbandierata ripresa. Sette cittadini su dieci sono pienamente convinti che il Paese non è in “ripresa”, in netto contrasto con le statistiche fornite dall’Istat e fatte proprie da Renzi che, in un certo senso, viene clamorosamente sbugiardato.
Il 3 maggio scorso scrivevamo ancora: Non è cosa da poco riuscire ad andare avanti per la propria strada facendo intendere che è la strada di tutti. L’unica percorribile. Non è cosa da poco lasciare intendere che si opera per il bene comune mentre, al contrario, si agisce per promuovere il bene di pochi (?). Non è cosa da poco riuscire a mantenere costantemente il sorriso sulle labbra anche quando si viene contestati apertamente. Non è cosa da poco sostenere che tutto va per il meglio quando si è pienamente consapevoli che si cammina su un filo di lana che può facilmente spezzarsi. Non è cosa da poco e se il tempo trascorre senza che nulla cambi, evidentemente, vuol dire che la sicurezza con la quale si affrontano le situazione difficili più disparate è ben fondata, solida e inattaccabile. Oppure, si tratta di una magia che trova radici chissà dove
Bisogna dare atto al premier Matteo Renzi della sua grande abilità nel presentare una realtà che in Italia non esiste: l’abilità del “maestro d’arte” che vuol convincere i suoi discepoli che il nero è bianco e, a volte, viceversa.
Giuseppe Salvagiullo sul quotidiano La Stampa di ieri (7 maggio) descrive con dovizia di particolari, come stanno veramente le cose: La controffensiva lanciata nelle ultime due settimane da Matteo Renzi non è una cavalcata trionfale. È andato in Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata per firmare in pompa magna i primi «patti per il Sud». Alla fine saranno 16 gli accordi con Regioni e città metropolitane per «far ripartire il Sud entro due anni». Dal dossier in mano alle Regioni emerge che i fondi per il Sud sono incerti e calanti, manca un piano generale, le competenze operative sono accentrate a Roma (…) . Tutti i discorsi sul Sud fanno capo a una sigla: Fsc. È il Fondo Sviluppo e Coesione, il canale di finanziamento nazionale che corre in parallelo ai fondi europei. Il Fondo si dispiega in cicli di sette anni e per legge l’80% dei soldi vanno al Sud. Quello attuale inizia nel 2014, mentre si insedia il governo Renzi (…) in un ciclo di investimenti di sette anni si parte con due anni e mezzo di ritardo. Nel frattempo la dotazione del Fondo si è sensibilmente ridimensionata: da 55 a 38 miliardi. E gli altri 17? Prelevati dal governo come a un bancomat per le più diverse esigenze dalla banda larga al piano per la ricerca ai beni culturali, per i quali il criterio di distribuzione geografica è stato capovolto: al Sud solo il 27% (peggio che con lo Sblocca-Italia, che aveva destinato solo il 38%) (…) Nei primi patti firmati da Renzi ci sono infrastrutture, aiuti alle imprese ma anche microfinanziamenti per studi di fattibilità su opere di realizzazione almeno incerta come l’alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. Tecnici delle Regioni ed esperti come Andrea Del Monaco, già consulente del governo Prodi, hanno svolto analisi più accurate. Emerge che per una quota prevalente (tra il 71% e il 75%) si tratta di soldi già stanziati dai governi precedenti, non nuovi. «Renzi ha raccolto quel che già c’è, sia in termini finanziari che di progetti», spiega l’economista Gianfranco Viesti (…).
Il premier Matteo Renzi va avanti, procede senza ostacoli nel suo percorso, usando il “potere” del suo ruolo: può farlo nella misura in cui nessuno reagisce, forse temendo un “peggio” che potrebbe soppiantarlo.