di Salvo Barbagallo
Dalla Sicilia all’Inghilterra fiamme che divorano tutto: dagli incendi dolosi nell’Isola, all’omicidio della giovane deputata laburista Jo Cox, assassinata alla vigilia del referendum della Gran Bretagna sull’UE. Un mondo dove gli avvenimenti negativi si susseguono in maniera impressionante e nelle forme più disparate, che provocano comunque una continua destabilizzazione generalizzata e particolare.
I problemi sono sotto gli occhi di tutti, fin troppo appariscenti per essere ignorati, ma il leit motiv che i protagonisti della vita pubblica ripetono ossessivamente è quello che “tutto va bene”, “le crisi si stanno risolvendo” e intanto è tutto il contrario di ciò che vogliono far credere. È la fiammata dell’inverosimile che sta bruciando l’Europa e i Paesi dell’area del Mediterraneo: ormai tutto sembra dato per scontato, c’è chi gioca spesso sull’emozione che scaturisce da un evento drammatico, e ogni cosa poi. prosegue nel solito tran tran. Altrettanto inverosimile, pur se reale, appare lo spirito d’adattamento individuale e collettivo a questi episodi criminali, e ci si chiede come possa essere possibile.
In Sicilia gli incendi nel palermitano hanno distrutto ettari ed ettari di terreno, hanno messo in pericolo migliaia di famiglie: è la mano dell’uomo che ha appiccato le fiamme e il risultato è una polemica sull’attribuzione delle responsabilità. E l’estate è ancora all’inizio.
A poche ore dal voto con il quale la Gran Bretagna deciderà se rimanere o “scappare” dall’Unione Europea, ecco la tragedia di Jo Cox che potrebbe suscitare un mutamento d’opinione nelle decisione da dare alle urne. Jo Cox era impegnata nella campagna referendaria contro la Brexit e per i diritti dei migranti. Solo casualità o derminazioni parossistiche?
Questione migranti/profughi: secondo i dati ufficiali nel maggio scorso ne sono arrivati oltre 19 mila, più del doppio rispetto al mese precedente. Solo negli ultimi giorni di maggio oltre 13 mila disperati sono stati salvati nel Mediterraneo centrale. Il totale più alto mai registrato in quest’area di mare vicina alla Sicilia. E nei porti della Sicilia vengono condotti questi profughi, ma quale possa essere la loro destinazione non si comprende perché, in merito, le notizie affondano in terra ferma e non in mare. Cosa fanno, e quanti sono in “terra ferma-Sicilia” i migranti salvati? Quando accadono fatti di una certa gravità, allora le informazioni filtrano, come quella riguardante l’operazione antidroga condotta tre giorni addietro dai carabinieri nel Ragusano che, in esecuzione ad un provvedimento di custodia cautelare emesso dal Gip del Tribunale di Ragusa su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha tratto in arresto undici “extracomunitari” di nazionalità tunisina, marocchina ed algerina, accusati di spaccio di sostanze stupefacenti su tutto il territorio della provincia.
Anche queste sono situazioni che “bruciano” un territorio, al pari degli incendi dolosi: la mancata collocazione “civile” dei migranti salvati che finiscono in Italia (e in special modo in Sicilia) può portare inevitabilmente alla formazione di gruppi criminali nuovi o di inserimento in quelli già esistenti. Il punto nevralgico è la zona di mare prospiciente la Sicilia dove i barconi dei migranti si dirigono dalle coste della Libia e dove sono convinti che in soccorso giungeranno le navi predisposte al loro salvataggio. Il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri è dell’opinione di trasferire parte dell’equipaggiamento tecnico e delle guardie di frontiera nel Mediterraneo orientale, che continua a restare sotto pressione. Forse si incomincia a comprendere che la questione migranti non è un’emergenza ma una “storia” che potrà protrarsi per anni.
E forse c’è una volontà superiore che tende a mettere “a fuoco” per passare, dopo, a un’altra fase ancora più pesante?