di Vittorio Spada
Se non fosse per il quotidiano La Sicilia non verremmo sicuramente a conoscenza delle “missioni” che sono chiamati ad affrontare i marines di stanza (in forma stabile) nella vicina base “americana” di Sigonella. Grazie al giornale locale, la collettività etnea sistematicamente e puntualmente è tenuta informata sui movimenti dei militari statunitensi e sulle rischiose trasferte operative che compiono in un territorio (per loro) straniero.
Certo, le “missioni yankee” sono splendidamente pianificate da esperti programmatori che da decenni hanno studiato ogni minimo dettaglio della provincia catanese e dell’intera isola, e si avvalgono anche delle più moderne e sofisticate tecnologie belliche. I militari USA, infatti, hanno a disposizione innanzitutto i droni, velivoli senza pilota di ultima generazione, quali i Global Hawks e i Predator che sono in grado (quando non vengono armati con missili) di fotografare ogni millimetro di terreno e scoprire eventuali (?) pericoli con largo margine di anticipo.
I militari USA, inoltre, hanno a disposizione centrali di ascolto e di intercettazione, hanno pure (anche se ufficialmente tenuto sotto sequestro dalla magistratura) il formidabile impianto satellitare di comunicazione mondiale, il MUOS di Niscemi. Insomma, gli americani di Sigonella hanno una vasta gamma di aggeggi bellici a disposizione che, da soli, possono far fronte a una Terza Guerra mondiale.
Ma l’elemento più importante sul quale può contare il personale della Naval Air Station USA di Sigonella è il “supporto” delle competenti autorità locali, che hanno molto a cuore il destino della collettività che rappresentano e che, opportunamente, ritengono, come avvenne nei lontani Anni Quaranta, che una nuova “AMGOT” (Allied Military Government of Occupied Territories) potrebbe risolvere tutti i problemi presenti e futuri.
Chissà perché tornano in mente le dichiarazioni che il politologo Edward Luttwak rilasciò nel settembre dello scorso anno:. Cosa diceva di “interessante” il politologo (anche lui!) “made in Usa”? Forniva una efficace “ricetta” ai Siciliani per uscire dalla interminabile crisi e dal sottosviluppo che li affligge: “E’ semplice. Rialzando con orgoglio il loro vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma. Non vogliono più un soldo da chi li ha asserviti e distrutti. Il loro capo – che vedrei bene indossare un elmetto – prima di tutto dichiara che in ogni caso non vorrà essere rieletto, poi procede al licenziamento di tutti i dipendenti pubblici della Regione. Sarà riassunto solo chi ha intenzione di lavorare. Viene dato spazio all’iniziativa privata, al commercio, al turismo, alla cultura. Viene incoraggiato il co-investimento. Vengono ristrutturati i porti eliminando la burocrazia, viene alacremente costruito un hub portuale internazionale nella piana di Enna. L’isola non sarà più governata dalla mafia, dalla politica, dal Calogero Sedara, ma dai siciliani veri, compresi i suoi nobili, come ai tempi di Federico II. E di nuovo stupirà il mondo”.
Forse quel “messaggio” è stato raccolto e c’è chi si adopera di conseguenza?
O forse esageriamo noi: questa pappardella di osservazioni per commentare l’articoletto de La Sicilia” (15 giugno) dal titolo “Marines e migranti insieme per pulire il lido salesiano”?
Ah!… Avevamo dimenticato il connubio “marines-migranti”: e cosa significa?…