Toh, c’è ancora il divario Nord/Sud

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di Carlo Barbagallo

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C’è chi si meraviglia? Ma perché? Il “divario Nord/Sud – è sotto gli occhi di tutti da sempre – non è mai stato colmato. Semmai è stato “archiviato”, cioè messo da parte in quanto al Centro (a Roma Capitale) non è interessato ricucire un Nord al Sud, sia sul piano economico che sulle eventuali e possibili prospettive di sviluppo.

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lavOra si riscopre che c’è un fossato enorme fra le due “periferie” del Paese: è quanto sostiene l’ultimo report dell’Ocse che analizza la disparità esistente fra le varie regioni d’Italia. Lavoro, ambiente, impegno civico e redditi non sono di certo eguali. L’Italia viene citata dall’Ocse – unitamente a Belgio, Spagna e Turchia – come una dei Paesi dove le disuguaglianze per il lavoro presentano aspetti macroscospici. Il report analizza undici parametri: reddito, lavoro, educazione, salute, sicurezza, ambiente, casa, soddisfazione di vita, impegno civico, comunità (persone su cui contare in caso di necessità) e servizi. Ebbene ci sono sei punti nei quali l’Italia porta almeno un esempio del migliore e del peggiore: fra questi punti il lavoro e la sicurezza. A conti fatti, la Valle d’Aosta rientra fra le regioni più sicure e dove non manca il lavoro, mentre la Sicilia scivola nel peggio.

Nell’Italia dove tutto va bene e dove domina ancora la logica del premier Matteo Renzi che presenta come vero ciò che è il contrario, constatare che nel corso dei decenni tra Nord e Sud non è cambiato granché, non dovrebbe stupire. Anche se, ovviamente, c’è chi sostiene e sosterrà che così non è.

lav1Lo scorso marzo il quotidiano La Repubblica riportava già dati preoccupanti: tra il 2008 e il 2014 gli occupati sono diminuiti ogni anno di 811.000 persone ma con grandi differenze a livello territoriale: il Sud ne ha persi il 70 per cento (576.000 posti di lavoro), il Nord ne ha persi 284.000, mentre il Centro ha guadagnato 48.000 occupati. Nel complesso le Regioni meridionali hanno registrato un calo dell’occupazione dell’8,9 per cento contro il -3,5 per cento dell’Italia. Come dire, il mercato del lavoro a livello territoriale è diviso in due. In meno di tre mesi la situazione non è mutata, anzi si è aggravata. Inoltre c’è da considerare nella “sottoccupazione” sul lavoro l’aumento della componente straniera, che al Sud cresce più che al Nord.

Nell’ultimo rapporto Istat veniva evidenziato che su quasi due milioni e mezzo di giovani nel Mezzogiorno hanno un’attività retribuita (anche precaria, anche sommersa) appena 223 mila, quindi meno di uno su dieci. Altri 347 mila cercano attivamente lavoro (inviando curriculum, partecipando a concorsi o colloqui) senza però trovarlo. Chi lavora e chi cerca attivamente un’occupazione rientra nelle “forze lavoro”, ovvero 570.000 giovani su 2.400.000. La gran parte dei 15-24 enni meridionali è fuori del mercato del lavoro perché studia (soprattutto) o perché è talmente scoraggiato da non fare nulla.

lav3Report Istat di pochi mesi addietro, i prossimi dati saranno ancora più allarmanti in quanto, nonostante le rassicuranti frasi fatte del premier Matteo Renzi (tipo, “siamo fuori dalla crisi”) nel Sud, e in Sicilia soprattutto dove la situazione “lavoro” si è aggravata, non si intravedono nuove prospettive. Lo scenario resta cupo nell’indifferenza politica generale.

Quell’indifferenza che ricade poi sulle collettività che mostrano il loro dissenso disertando le urne quando sono chiamate a esprimere la loro opinione. Così come è avvenuto nell’ultima competizione elettorale amministrativa in Sicilia, così come è avvenuto al Nord dove, nonostante l’assenteismo, il partito del premier è stato clamorosamente battuto.

Il divario tra Sud e Nord è destinato ad accrescersi.

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