di Carlo Barbagallo
C’è poco da stare allegri con la sequela di tragici avvenimenti che si è riversata un po’ ovunque, dalla Francia alla Turchia, dal criminale attentato a Nizza, al fallito colpo di Stato in Turchia con la consequenziale e terribile ritorsione di Erdogan su quanti (e no) hanno cercato di defenestrarlo. Chi presta attenzione in queste condizioni a quanto continua ad accadere nelle acque del Mediterraneo, dove il flusso dei migranti/profughi si accresce per poi riversarsi in Sicilia e da qui diramarsi al di là dello Stretto di Messina?
Nel giro di quarantotto ore sono stati ben 3595 i fuggitivi sbarcati nei porti della Sicilia: ad Augusta la mattina di mercoledì scorso (20 luglio) è approdata la nave “Margottini” della Marina militare con 602 migranti, tra i quali 59 donne e 140 minori, nel pomeriggio è attraccata a Trapani la nave Responder dell’organizzazione umanitaria Moas con 378 profughi (tra di loro una bambina di un anno e novanta donne) e a Palermo dal pattugliatore “Borsini” della Marina sono sbarcate 1.146 persone (tra cui 354 donne e 108 minorenni) e un cadavere. Ieri (21 luglio) nel porto di Catania dalla nave Reina Sopia della Eunavfor Med sono stati sbarcati 841 profughi e un cadavere recuperato in mare, mentre a Pozzallo dalla nave Bourbon Argos di Medici senza frontiere sono sbarcati altri 628 fuggitivi. Oggi nuovo arrivo a Trapani: la nave Acquarius di Medici senza frontiere, dopo avere tratto in salvo 209 migranti al largo delle coste libiche, ha recuperato 22 cadaveri, ventuno vittime donne. Sono soltanto “numeri”, quelli che si conoscono e, di certo, non le singole “storie” che rappresentano ogni essere umano che viene salvato nel Mediterraneo e portato in terra siciliana. Numeri che, alla fine, impressionano poco l’opinione pubblica centrata, come detto, su “eventi” che stanno cambiando il modo di vivere dei Paesi europei e dei Paesi vicini, come la Turchia, che oggi e per tre mesi si ritrova con lo stato d’emergenza proclamato dal Consiglio di Sicurezza Nazionale per affrontare, come ha dichiarato Erdogan, “le minacce legate al fallito golpe”.
Sui migranti/profughi, è risaputo, c’è fin troppa speculazione: c’è chi ci guadagna con l’accoglienza (a volte esplode qualche “caso” che fa scandalo), spesso è la malavita che sfrutta le condizioni disperate dei migranti che dalla Sicilia, in un modo o in un altro, riescono a raggiungere il nord. Alcuni giorni addietro a Milano la polizia ha smantellato un’organizzazione criminale che gestiva il traffico di esseri umani senza permesso di soggiorno o di “status” di rifugiati per l’Italia: li hanno definiti “scafisti di terra” e in manette sono finiti tredici stranieri (sei egiziani, tre albanesi, due romeni, un siriano e una brasiliana) accusati di “associazione per delinquere, finalizzata allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, mediante trasporto di cittadini stranieri clandestini attraverso il territorio nazionale verso paesi del Nord Europa”. Dal capoluogo lombardo, tramite un complice in Sicilia, il capo dell’organizzazione criminale, un egiziano di 37 anni, era in contatto direttamente con gli scafisti in partenza dalle coste africane.
Episodi come questo citato mostrano che il controllo delle forze dell’ordine è costante ma, purtroppo, non sufficiente a bloccare una situazione che diventa ogni giorno più grave.
Lo sfruttamento dei migranti/profughi è continuo e si accresce ad ogni sbarco nei porti della Sicilia, ma il problema resta quello dell’accoglienza. L’assessore comunale alle Attività sociali di Palermo, Agnese Ciulla, a poche ore dallo sbarco che ha portato nel capoluogo regionale 1146 migranti, ha dichiarato preoccupata: Il governo non ci ascolta, siamo completamente abbandonati a noi stessi e alle nostre esigue forze. Trovare una sistemazione ai minori non accompagnati (una settantina) è un’impresa difficile che è diventata disperata, con l’arrivo della nave Borsini della Marina militare che ha sbarcato a Palermo 354 donne (23 in stato di gravidanza) 45 minori accompagnati e 63 soli, provenienti soprattutto da Somalia, Libia, Eritrea, Camerun ed Egitto.