di Guido Di Stefano
Certamente la perfezione non è di questo mondo e nessun essere umano è stato esente da errori. Altrettanto certo è che non tutti però si dilettano a perseverare diabolicamente nell’errore, anche se in definitiva risultano una sparuta minoranza quelli che ammettono l’errore e ne traggono insegnamento per ben operare. Sono aspetti che nelle posizioni apicali risaltano e pesano di più.
La storia ha tramandato la memoria di potenti “umani” e potenti “diabolici” e le cronache attuali non fanno che riproporre le diverse categorie.
Troviamo tra le pagine ingiallite (a volte celati tra le pieghe) governanti che con i fatti hanno dimostrato che hanno meritato il potere. Per periodi più o meno lunghi lo hanno esercitato (non imposto) all’insegna di una giustizia crescente, relazionandosi con i tempi e puntando al bene comune, al bene delle genti, al bene universale. Quasi avessero per motto “il potere per servire e per guidare lungo i sentieri della virtù e della luce”!
Soffermandoci sull’universo della gestione della “res publica” citiamo qualche personaggio lontano, molto lontano per evitare di cadere in segnalazioni moderne e/o contemporanee tacciabili come non “politically correct”. Magari andranno bene a tutti nomi come Cincinnato, Augusto, Tito, Costantino, Giustiniano, Carlo Magno, Ruggero II d’Altavilla, Federico II di Svevia, Kublai Khan. Non raggiunsero la perfezione ma avevano degli ideali. Non sono stati i soli meritevoli di essere chiamati grandi; però non sembra che siano in compagnia di grandi numeri; e neppure sembra che tutti i potenti meritevoli abbiano lasciato molti epigoni, poiché non vediamo granché in giro. Le memorie storiche raccontano anche che l’ansia di giustizia dei capi è “regolarmente” ostacolata e frenata (quando non annullata) da altri poteri (aurei e/o istituzionali laici o religiosi) che operano trasversalmente nel senso che o sono trasversali per associazionismo o si mettono di traverso per superba scelta. E mai che sia stata chiesta scusa ai popoli danneggiati!
In conclusione chi ha meritato il potere non si è celato nei gelidi silenzi, non ha raggirato con mirabolanti e stereotipate esortazioni, non ha lanciato squassanti proclami, non ha oppresso con ingiusto potere!
Forse ha influito il linguaggio di una volta: non era politicamente corretto e si solevano chiamare cose ed eventi con il loro nome, senza eccessive ipocrisie (anche allora usate per ogni ingiusto potere); e non c’erano i potenti “media” di ora, capaci di sovrastare ogni voce diversa e di imporre quotidianamente una nuova divinità!
Del “politicamente corretto” abbiamo trattato altre volte. È quel linguaggio secondo il quale un “crimine” finanziario (tangenti, truffe, fallimenti, ruberie …) commesso da personaggi di etnia non sicula né meridionale è semplicemente un dramma o un imprevisto o un modesto errore; invece se è riconducibile a un malvagio siculo o meridionale è subito trattato da tutti (per l’occasione tutti giustizieri e moralizzatori) senza ombra di dubbio di crimine organizzato di stampo mafioso: ma in entrambi i casi non restano “al suolo” vittime innocenti? È quel linguaggio che demonizza i Saddam Hussein, i Gheddafi, gli Assad, i Putin, gli Iraniani, i nord-coreani, i sud-americani orgogliosi e tutti i nostri occidentali che si dissociano dal coro, mentre esalta i coriferi anche se responsabili di guerre continue, centinaia di migliaia di morti per ogni guerra e milioni di profughi.
Restiamo turbati da quei volti che manifestano e lanciano alternativamente dogmatiche certezze e inappellabili scomuniche; restiamo assordati dal rombo di tumultuosi fiumi di parole, che esondano e allagano tutto quasi a volere annegare ogni “animale” fuori dal gregge e coprire in ogni caso ogni piccolo cinguettio “non benedetto dai poteri”; siamo preoccupati di questi novelli lupi cui la tecnologia ha messo le ali: non resta scampo neanche per i cardellini, a meno che siano “targati”. E ci terrorizzano i gelidi silenzi che oppongono alle genti quando le rituali fantasie non coprono affatto i “misfatti”.
Disse il Creatore: “Chi sei tu per giudicare il bene e il male?”. Le azioni di molti nostri potenti denunciano che loro (i capi) non si considerano affatto destinatari di tale tragico quesito, perché non c’erano e in ogni caso ora sono al vertice per volontà “superiori” (ma quali?). Come sempre sono i risultai che segnano il mondo.
La vecchissima e mai defunta “damnatio memoriae” (onta di molti popoli tra cui anche gli Egizi e i Romani) ha oscurato il secolo (defunto) 20° e sta accecando il (vivente?) 21°.
Si sussurra, si racconta, si ipotizza di tutto e di più in merito a quanto non divulgato chiaramente: solo frammenti sfuggiti alle potenti censure e non totalmente sepolti nelle oscure e profonde tombe dei segreti di stato.
Chi siamo noi per potere contestare gli indiscutibili dogmi e conseguenti “giustificazioni” o condanne? Chi siamo noi per poter rispondere a chi, per giustificare i propri errori, parlando della sua vittima ha osato urlare all’umanità che “il mondo senza di lui è migliore”. Ma si è chiesto se “Qualcuno” gli ha dato la facoltà di giudicare il bene e il male? Noi come umanità dove andiamo?
Ci limitiamo a prendere atto di alcuni capolavori in corso di perfezionamento.
Anche il diavolo ha il suo: convincere l’umanità della sua “non esistenza”! Il denaro ha assunto il rango di divinità e la sua “mutazione” in virtuale lo rende ubiquitario, onnipresente, subito disponibile e alla portata della giusta “preghiera” e del giusto clic. La moderna tecnologia lo assiste fino all’onnipotenza. Restano i riferimenti semantici di bene e male, opportunamente rivisitati per la neo-catechizzazione degli umani: bene sono la ricchezza e il denaro (virtuale), male sono la povertà e il contante.
Altro capolavoro, non meno significativo del precedente e basilare per il nuovo ordine globalizzato (auspicato da troppi personaggi di alto rango) è quello di inculcare e fare metabolizzare ai poveri l’amore per i plutocrati, la gratitudine per le sofferenze da loro inflitte e l’esaltazione per difenderli. Tanto ormai non ci sono più i prezzi di una volta, almeno così crediamo: ci sembra che ora (facendo le debite proporzioni) per un piatto di lenticchie o per trenta denari si imbastisce persino una guerra.
Non ci resta che sperare e pregare che renda giustizia a questa sfiduciata umanità Colui che ha detto “mia è la vendetta”!