La verità riguardo alla strage di Ustica non è ancora venuta a galla ma sono stati ritrovati nuovi documenti che potrebbero fare luce sul caso. Chi li ha letti, però, tace piegandosi alla ragion di stato, di seggio e di coscienza… Succede solo in Italia?
Leo Longanesi, geniale giornalista alla cui scuola si sono formati grandi come Arrigo Benedetti, Indro Montanelli e Mario Pannunzio, è l’inventore di acidi e formidabili aforismi: chi ne cade vittima, non si rialza più. Per lui nel tricolore italiano andava posta una scritta: “Tengo famiglia”.
Sì, tra i vari, sgangherati emendamenti che si propongono alla Costituzione se ne potrebbe aggiungere uno, al primo articolo: “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro (spesso degli altri) e sulla famiglia (da intendere, appunto alla Longanesi, come tengo famiglia)”.
Non so se quello che ora racconto sarebbe potuto accadere in un altro paese. Mi chiedo, per esempio, che cosa sarebbe successo se il senatore di cui racconto invece che essere italiano fosse stato americano (americano degli Stati Uniti, voglio dire).
I fatti. Nel 1980, il 27 giugno, un DC-9 dell’Itavia con 81 persone a bordo viene abbattuto sui cieli di Ustica. Prima si parla di cedimento strutturale, poi di un missile, ma anche di ordigno. Il giudice Rosario Priore conduce una faticosa inchiesta, nel suo cammino incontra una quantità di omertosi silenzi, di prove che vengono fatte sparire, inquinamenti, boicottaggi. Quel DC-9 è stato abbattuto nell’ambito di uno scenario di guerra, molti altri velivoli, italiani e stranieri, erano in volo quella sera. Di volta in volta vengono additati come responsabili americani, francesi, israeliani. Si è scritto e detto di tutto, in questi 36 anni. Una delle tesi è quella di un ordigno a bordo, ma i sostenitori della tesi non hanno mai spiegato bene perché esso sarebbe stato collocato e fatto esplodere, ma questo non importa. Non importa ora, almeno.
Fatto sta che quell’aereo è stato abbattuto, quei morti sono morti. Tutto fa ritenere che siano le vittime sacrificali di un colossale e inconfessabile complotto. Chi scrive è convinto che si debba guardare, per quanto riguarda le responsabilità politiche e concrete, a Parigi e che qualcuno tra Washington, Bruxelles e Roma sappia come sono andate le cose. Ma, per una mostruosa “ragione di Stato”, questo qualcuno tace. Queste cose le ho scritte in decine di articoli, in svariati servizi televisivi. Neppure questo è importante ora, lo dico solo perché il lettore sappia cosa penso.
Giorni fa accadde che un senatore componente della seconda Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul rapimento e l’uccisione di Aldo Moro dica che è giunto a conoscenza dell’esistenza di documenti “decisivi e sconvolgenti”, il cui contenuto ribalterebbe in maniera clamorosa tutto quello in cui finora si è creduto. Il senatore in questione è un sostenitore della tesi della bomba a bordo del DC-9 e quei documenti proverebbero la fondatezza della tesi aprendo nuovi, inediti scenari per quel che riguarda la strage del 2 agosto alla stazione di Bologna, sempre nel 1980. Benissimo, vediamoli, questi documenti. No, non si può. Perché non si può? Il senatore li ha visti, li ha potuti leggere, come mai non li può divulgare? Perché c’è un segreto, opposto dal presidente del Consiglio. Ha chiesto il permesso di poterli rivelare, che il segreto sia tolto. Il presidente del Consiglio tace, non ha mai risposto. Perbacco, se si tratta di documenti così clamorosi, così sconvolgenti, così importanti perché il senatore non fa un atto di disobbedienza civile, non ci fa sapere cosa c’è di sconvolgente e decisivo? In fin dei conti sono passati 36 anni, s’avrà pure il diritto di sapere. No, dice il senatore, non faccio questa disobbedienza civile. Perché no? Perché si rischia. Si rischia cosa? Processo, condanna, e decadenza dal seggio parlamentare. Ah, ecco il “tengo famiglia”. C’è qualcosa di decisivo e di sconvolgente; c’è una ragione di “Stato” inconfessabile, da una parte, e dall’altra c’è una ragione di coscienza, che si piega alla ragione di Stato e di seggio.
Ecco, se un senatore degli Stati Uniti d’America fosse a conoscenza di documenti sconvolgenti e decisivi, ma decidesse di non rivelarli per non perdere il seggio e rischiare una condanna, cosa direbbero di lui opinione pubblica, giornali e televisioni? Caro Stefano sai dirmelo, lo puoi e lo sai immaginare?
Qui in Italia, niente. Non si dice un nulla di nulla. Ah! Vuoi sapere come si chiama il senatore in questione? Carlo Giovanardi. È lui che parla di documenti sconvolgenti e decisivi. È lui ad avermi detto, pubblicamente, che ha paura del processo, della condanna, della perdita del seggio parlamentare. Come diceva Longanesi: “tengo famiglia”. Come ci insegna Alessandro Manzoni: “il coraggio se non ce l’hai nessuno te lo può dare”.
Da: La Voce di New York 4 agosto 2016