di Salvo Barbagallo
Bisogna dare atto al giornale Il Fatto Quotidiano e ai suoi giornalisti se vengono a galla (e non raramente) “storie italiane” che agli italiani non vengono rese note. L’ultima “storia” (in ordine di tempo) è quella che riguarda la “guerra segreta” che il nostro Paese porterebbe avanti nell’altra sponda del Mediterraneo, in Libia e in Iraq. Il premier Matteo Renzi ha continuato a sostenere pubblicamente che l’Italia non sarebbe scesa in prima linea con uomini in armi, ma Enrico Piovesana smentisce e ieri (31 luglio, Il Fatto Quotidiano) ha scritto: Operazioni militari segrete condotte dalle forze speciali e decise dal governo all’insaputa del parlamento, missioni che ufficialmente non esistono e che quindi vanno categoricamente smentite fino alla loro conclusione, fino a quando non arriva il conferimento ufficiale di medaglie e onorificenze (…). Sta accadendo oggi in Iraq e in Libia, dove truppe d’élite italiane partecipano da tempo ai combattimenti contro l’Isis (…). In Iraq: Ora Il Fatto Quotidiano apprende da autorevoli fonti militari che in Al-Anbar è in corso ancora oggi un’azione delle forze speciali italiane. Si chiama operazione “Centuria” ed è condotta dalla Task Force 44, inizialmente basata su un’aliquota del 9° Reggimento d’assalto “Col Moschin”, poi affiancati, o avvicendati, dalle altre unità dipendenti dal Cofs (il Comando interforze per le operazioni delle forze speciali del generale Nicola Zanelli) quindi gli incursori di Marina del Comsubin, quelli del 17° Stormo dell’Aeronautica e i Gis dei Carabinieri, solitamente supportati dai ricognitori del 185° Folgore e dai Ranger del 4° Alpini (…). In Libia: Dell’operazione italiana autorizzata da Renzi lo scorso 10 febbraio con un decreto subito secretato, non si conosce ancora il nome in codice né i corpi speciali che vi partecipano. Si sa solo, in via del tutto ufficiosa, che si tratta di un piccolo distaccamento basato all’aeroporto militare di Misurata, che partecipa insieme alle forze speciali britanniche all’operazione “Banyoun Al Marsoos” (Struttura Solida) lanciata a maggio delle brigate misuratine e dalle guardie petrolifere di Ibrahim Jadhran per riconquistare la roccaforte Isis di Sirte.
Sarebbe opportuno che il reportage di Enrico Piovesana venisse letto da tutti gli italiani e a fondo, e tutti gli italiani chiedessero conto e ragione al premier Matteo Renzi e al governo di ciò che sta accadendo veramente nell’altra sponda del Mediterraneo. A partire proprio dalla Libia, stretta “vicina di casa”, dalla quale giungono poche notizie, mentre al contrario (forse per una misura di “compensazione”) continuano ad arrivare migranti/profughi (ieri settecento a Palermo e 600 a Catania) che partono dall’ex colonia italiana. E capire perché a Catania ancora una volta la polizia ha allontanato dalla zona dello sbarco giornalisti, cineoperatori e fotografi, che non hanno potuto seguire da vicino le operazioni di accoglienza dei migranti.
Certo, l’opinione pubblica ha posto tutta la sua attenzione agli atti terroristici portati avanti recentemente in Francia ed ora è meno “preoccupata” perché ha potuto constatare che cattolici e musulmani possono andare a messa insieme e dialogare. Dimenticando che musulmani e cristiani “convivono” da anni in Italia e che la “convivenza” nulla ha a che vedere con il “problema” del terrorismo jihadista. Ma questo della “convivenza” radicata è un’altra faccia della medaglia: nella direzione del “dialogo” la Sicilia ha dato “lezioni” sin dai tempi di Federico II di Svevia. Ma poco importa.
E allora, l’Italia che “ripudia” la guerra? Renzi non potrà mai ammettere che militari italiani imbracciano il mitragliatore all’estero. Almeno, fino a prova contraria.
Bugie e segreti vanno sempre di pari passo.