Quando si parla di migranti/profughi che rischiano la vita nelle acque del Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere le coste della Sicilia; quando si fa la conta di quanti la speranza l’hanno perduta in fondo al mare, allora il sentimento che affiora in tutti è innanzitutto quello della pietà, poi (giustamente) quello della solidarietà. Quando poi si apprende che sull’accoglienza di quanti fuggono disperati dalle guerre e dalla fame c’è chi ci specula e chi si arricchisce, allora sopravviene l’indignazione, lo sdegno. Ma le cose non cambiano, mentre il flusso dei fuggitivi non si arresta e il numero delle vittime continua ad aumentare. Poi, ancora, sopravviene l’indifferenza anche quando si conoscono i numeri dei “salvati” in mare e di quelli in fondo al mare finiti. Il tutto rientra nella “normalità” del quotidiano perché, nel frattempo, altre tragedie, di altra natura, si aggiungono e si accavallano sui mass media.
Ci sono altri aspetti sulla inesauribile questione dei migranti/profughi che si ignorano o perché non si conoscono, o perché questi “aspetti” si vogliono ignorare in quanto toccano “nervi” scoperti che potrebbero fare sussultare anche i benpensanti. Sono “aspetti tecnici” che il cittadino comune, in ogni modo, non è in grado di percepire in quanto non “preparato” tecnicamente ad affrontarli. Sono “aspetti” che può comprendere quasi solamente chi è esperto in determinati comparti della vita governativa, e che conosce risvolti economici che ai più naturalmente sfuggono. Ebbene, c’è chi approfondisce questi “aspetti”, ma chi vuole conoscerli deve avere la pazienza di andare a scovare gli approfondimenti nelle fonti originarie, oppure in giornali specializzati (cioè non di lettura di massa). Noi seguiamo quest’ultimo percorso, non avendo possibilità “tecniche” di adire alle fonti primarie. Ed ecco perché oggi riprendiamo un articolo del giornalista Gianandrea Gaiani apparso su “Analisi Difesa” e sul “Il Mattino”, e lo riportiamo integralmente (senza prendere “stralci”) per non travisare minimamente il contenuto, lasciando al lettore le sue conclusioni, ma ricordando che ogni medaglia ha il suo rovescio che, spesso, non appare o, volutamente, non viene mostrato.
S.B.
Migranti, la vergogna dei soccorsi in portaerei
Di Gianandrei Gaiani
Non si era mai vista una parata navale più penosa di quella che nelle ultime ore ha raggiunto i porti dell’Italia Meridionale. Portaerei, fregate lanciamissili, corvette e pattugliatori dal costo di diverse centinaia di milioni di euro ognuna e il cui impiego costa decine di migliaia di euro al giorno impiegate in massa come traghetti per portare in Europa oltre 13mila clandestini che, a una media di 2.400 euro a «posto barca», hanno fatto incassare oltre 31 milioni ai trafficanti in soli tre giorni.
La portaerei Garibaldi, che nel 2011 bombardò le forze di Gheddafi coi suoi caccia Harrier e il cui utilizzo costava all’epoca 135 mila euro al giorno, è arrivata a Palermo con a bordo 1.049 clandestini. La fregata lanciamissili Fasan, costata mezzo miliardo, è giunta a Messina imbarcandone 1.145.
La fregata spagnola Reina Sofia ne ha sbarcati 1.048 a Salerno, 679 erano sulla corvetta Sfinge, 537 sul pattugliatore Cigala Fulgosi e 268 sulla fregata Libeccio.
Ci sono vari motivi per definire assurdità le operazioni di accoglienza indiscriminata e il continuo impiego di navi militari.
Si tratta di grave errore politico perché sta incentivando le partenze da tutta l’Africa verso le coste libiche, come aveva predetto l’allora ministro degli interni britannico Theresa May, oggi premier di una Gran Bretagna il cui “Brexit” è stato dovuto in buona parte alla politica migratoria della Ue, prona ai trafficanti.
È un insulto alla legge, poiché viene di fatto rimosso il concetto di confini e sovranità nazionali, ed è una sciagura sul piano sociale perché alimenterà tensioni e violenze e scoraggerà i tanti stranieri che finora sono immigrati legalmente in Italia ed Europa.
È devastante per la sicurezza, poiché è noto che i trafficanti finanziano al- Qaeda e Isis e che insieme agli immigrati clandestini giungono in Europa anche jihadisti, ed è un disastro in termini militari.
Innanzitutto sul piano della deterrenza: nessun terrorista o criminale avrà mai timore delle flotte europee impegnate non a bloccare i flussi illegali ma a favorirli col paradosso che i terroristi infiltratisi mischiandosi ai clandestini sono stati sbarcati nel Vecchio Continente da navi militari europee.
E poi sul piano dell’usura dei mezzi e degli equipaggi. L’emergenza immigrazione ha consentito alla Marina di farsi finanziare il parziale rinnovo della flotta ma sta assorbendo la quasi totalità delle ore di moto, salite da 70 mila a 110 mila negli ultimi tre anni mentre i fondi per manutenzioni e carburante si sono dimezzati.
Le indennità d’imbarco agli equipaggi vengono pagate dai fondi ad hoc per le missioni stanziati dal governo ma da più parti si ammette che vi sono crescenti carenze nell’addestramento ai compiti militari dovute all’intenso impegno coi migranti.
L’aspetto più grave è però che i flussi migratori non avranno mai fine finché continuerà un’accoglienza che fa incassare ai trafficanti 5/6 miliardi di euro l’anno secondo l’ Europol mentre la missione Ue Eunavfor Med ritiene che circa la metà del Pil della regione libica della Tripolitania provenga dai traffici di esseri umani. Meglio sgombrare il campo dai facili buonismi e dalla retorica della missione umanitaria.
L’Italia e l’Europa non hanno mai scelto nulla né hanno mai varato operazioni per salvare popolazioni sterminate o che subiscono eccidi. Accettiamo chiunque abbia il denaro per pagare i trafficanti, cioè almeno 10 mila euro per un viaggio che inizia in Africa Occidentale o Orientale da Paesi quasi mai in guerra e spesso addirittura considerati “tigri africane” per i tassi di crescita economica annuali.
In realtà neppure i pochi che arrivano da zone di guerra (ieri a Cagliari sono sbarcati 20 siriani e 600 africani) dovrebbero poter chiedere asilo poiché il diritto internazionale riconosce loro di poter raggiungere il primo Stato in pace confinante e da lì, nei campi profughi dell’Onu, chiedere accoglienza a Paesi disponibili ad offrirla.
Gli Stati Uniti hanno già accolto 10 mila siriani prelevati dai campi profughi in Turchia, Giordania e Libano che potrebbero quadruplicare presto, la Gran Bretagna ne accoglierà nello stesso modo 20mila e il Canada almeno 25 mila: così non arricchiscono i trafficanti e corrono meno rischi di portarsi a casa jihadisti e criminali.
L’Italia invece accoglie quasi esclusivamente migranti economici e certo benestanti, mentre lascia in Africa a morire di stenti bambini con addomi e occhi sporgenti per la denutrizione.
Per favorire il business dei trafficanti libici vengono impegnate ben quattro flotte: l’Europa schiera le flotte di Frontex (Operazione Triton) e di Eunavfor Med (Operazione Sophia) e l’Italia le unità della Guardia Costiera e il gruppo navale dell’operazione Mare Sicuro.
E c’è addirittura chi ne vorrebbe una quinta, questa volta a guida Nato.
Se le flotte venissero schierate all’interno delle acque libiche (in base al principio indiscutibile che Tripoli non è in grado di amministrare il suo territorio né di perseguire o ostacolare i trafficanti) si potrebbero riportare sulle spiagge libiche, sotto scorta militare e con la protezione delle navi da guerra, tutti i clandestini.
In questo modo tutti verrebbero soccorsi appena salpati, non vi sarebbero vittime in mare mentre bisognosi e bambini soli potrebbero venire assistiti in Italia e poi rimpatriati nei Paesi di origine.
I flussi cesserebbero in pochi giorni, poiché nessuno pagherebbe i trafficanti per restare in Africa.
Sarebbe l’unica iniziativa efficace e ragionevole che possa giustificare e dare dignità all’impiego delle flotte militari dimostrando, per una volta, che l’Europa ha gli attributi necessari a difendere i suoi confini e i suoi interessi.
2 settembre 2016, pubblicato in Analisi Italia da Il Mattino del 1° Settembre 2016
Gianandrea Gaiani
Giornalista nato nel 1963 a Bologna, dove si è laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 ha collaborato con numerose testate occupandosi di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportages dai teatri di guerra. Attualmente collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, Il Corriere del Ticino e con il settimanale Panorama sul sito del quale cura il blog “War Games”. Dal febbraio 2000 è direttore responsabile di Analisi Difesa. Ha scritto Iraq Afghanistan – Guerre di pace italiane.
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