di Salvo Barbagallo
C’è da ammirare il coraggio dei magistrati che prendono in esame il “Caso Muos” quando, soprattutto, entrano in contrasto su decisioni già prese in “accordi” internazionali, anche se “solo” bilaterali fra due Paesi, come in questa circostanza USA/Italia. Ma la legge è “legge”. Così si verifica che la vicenda dell’impianto satellitare USA con finalità belliche, impianto “straniero” in terra Italiana (o meglio, in terra “siciliana”, a Niscemi) è finito in Cassazione su ricorso della Procura Distrettuale di Catania avverso alla decisione della Quinta sezione del Tribunale del riesame (di Catania) che ne aveva disposto il dissequestro. Il Tribunale del riesame, infatti, aveva ritenuto di “non potere prescindere dalla valutazioni” del Consiglio di giustizia amministrativa che il 6 maggio scorso ha accolto la richiesta del ministero della Difesa e dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto da Legambiente sui procedimenti amministrativi riguardanti la realizzazione della stazione di trasmissioni militare statunitense Muos.
Un “ostacolo” all’operatività del Muos in funzione da mesi? No, almeno fino a quando la Cassazione non esprimerà il suo verdetto. Da “ignoranti” in materia, la nostra opinione è che non muterà nulla in quanto sarà difficile far “rompere” un Trattato stipulato fra Governi, a meno che la Cassazione non faccia riferimento a un Trattato firmato in precedenza da Italia e Stati Uniti (e da tutti i Paesi che avevano preso parte vittoriosamente al secondo conflitto mondiale). Ci riferiamo al Trattato di Pace fra l’Italia e le Potenze alleate sottoscritto il 10 febbraio del 1947 a Parigi firmato dall’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, dal Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, dagli Stati Uniti d’America, dalla Cina, dalla Francia, dall’Australia, dal Belgio, dalla Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, dal Brasile, dal Canadà, dalla Cecoslovacchia, dall’Etiopia, dalla Grecia, dall’India, dai Paesi Bassi, dalla Nuova Zelanda, dalla Polonia, dalla Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, dall’Unione del Sud Africa, dalla Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia e, ovviamente, dall’Italia.
Noi non ci stancheremo (augurandoci che non si stanchino i nostri lettori), non ci stancheremo a fare riferimento a quel Trattato che imponeva precisi limiti all’Italia in materia di insediamenti bellici nel suo territorio, e non ci stancheremo come abbiamo già fatto in precedenza a ricordare l’articolo 50 – comma 2, 3, e 4 – di quel Trattato che specificava:
- In Sicilia e Sardegna, tutte le installazioni permancnti e il materiale per la manutenzione e il magazzinaggio delle torpedini, delle mine marine e delle bombe saranno o demolite o trasferite nell’Italia continentale entro un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato.
- Non sarà permesso alcun miglioramento o alcuna ricostruzione o estensione delle installazioni esistenti o delle fortificazioni permanenti della Sicilia e della Sardegna; tuttavia, fatta eccezione per le zone della Sardegna settentrionale di cui al paragrafo 1 di cui sopra, potrà procedersi alla normale conservazione in efficienza di quelle installazioni o fortificazioni permanenti e delle armi che vi siano già installate.
- In Sicilia e Sardegna è vietato all’Italia di costruire alcuna installazione o fortificazione navale, militare o per l’aeronautica militare, fatta eccezione per quelle opere destinate agli alloggiamenti di quelle forze di sicurezza, che fossero necessarie per compiti d’ordine interno.
Ebbene ci troviamo di fronte a una situazione paradossale: un pericolosa impianto bellico (ovviamente costosissimo) costruito da una Potenza Straniera, gli USA, che è destinato a rimanere in Sicilia senza alcun limite temporale, con tutte le ricadute negative che ne derivano che non riguardano soltanto l’ambiente ma la prospettiva di vita dei Siciliani. Il Muos è una “struttura bellica” che può essere adoperata per condizioni “offensive”, così come la base autonoma statunitense di Sigonella e tutte le installazioni “autonome” e “fisse” USA in territorio “italiano”. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il premier Matteo Renzi, il Governo attuale, saranno ben consapevoli che il Muos, Sigonella, Augusta, Aviano, eccetera, poco o nulla hanno a che vedere con la “sicurezza” o la “difesa” (?) dell’Italia: ci si trova nella situazione di avere forze militari “straniere” che operano in basi “proprie” installate in territorio italiano.
Scetticismo legittimo sull’esito della “guerra di carta” delle Magistrature, là dove lo stesso premier Matteo Renzi tace, preferendo portare a casa la “benevolenza” degli USA sotto la forma di un Global Citizen Award, consegnatogli direttamente dal segretario di Stato americano John Kerry nell’occasione della sua recente partecipazione all’Assemblea dell’Onu.