Ponte sullo Stretto, il trucco c’è, e si vede

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di Salvo Barbagallo

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Ponte sullo Stretto di Messina: il trucco c’è e si vede.

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Non è difficile scoprire le “bugie” che premier e governo nazionale ammanniscono continuamente agli italiani. Tanti sono i sistemi per capire (in generale parlando) le prese in giro, i metodi più semplici sono quelli di confrontare a distanza di tempo le dichiarazioni dei protagonisti che hanno in mano le sorti del Paese, oppure fare attenzione alle contraddizioni che emergono da un protagonista all’altro quando magari rilasciano interviste non concordate.

ponQuindi, per esempio, parlando di Ponte sullo Stretto di Messina, alle affermazioni entusiaste di Matteo Renzi di alcuni giorni addietro “Bisogna completare il collegamento tra Napoli e Palermo, un’operazione che porti 100 mila posti di lavoro e serva a togliere la Calabria dall’isolamento e ad avere la Sicilia più vicina”, fa eco un’altra affermazione del ministro Graziano Delrio nel corso di un’intervista rilasciata a Lorenzo Salvia su Il Corriere della Sera, sicuramente più realistica ma contemporaneamente in contrapposizione: “(…) nel 2018 la linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria avrà una velocità media di 140 chilometri orari contro gli 80 di adesso. Il Ponte non è una cattedrale nel deserto (…) per il ponte sullo Stretto siamo ancora allo studio di fattibilità. E nella legge di Bilancio ci concentreremo sulla casa (…)”. Come dire: parlare, ora come ora, di Ponte sullo Stretto di Messina è prematuro. Si vedrà strada facendo.

Da qualunque punto di vista si vogliano intendere, c’è da rilevare che (quasi sempre) sia le dichiarazioni del premier Matteo Renzi che dei suoi colleghi ministri (come Delrio) parlano costantemente al futuro: è al futuro, infatti, la coniugazione dei verbi che adoperano quando discutono delle “attuali” problematiche del Paese. Come dire, volenti o nolenti che il presente è considerato superato. Ma è così? La nostra opinione (solo la nostra?) è che viviamo nel “presente” e se questo “presente” non viene superato nel modo opportuno, non potrà esserci un futuro. Sarebbe come voler costruire un edificio partendo dal primo piano senza considerare il piano terra e le stesse fondamenta che devono reggere l’edificio.

E che si ragioni ininterrottamente in termini futuristici lo dimostrano ancora le parole del ministro Delrio: “(…) È necessario il corridoio Napoli Palermo di cui il Ponte è parte essenziale. Oggi per andare in treno da Roma a Palermo ci vogliono dieci ore e mezza. Con il Ponte e tutto il corridoio scenderemo a sei ore. Naturalmente si tratta di coinvolgere i territori con il dibattito pubblico, di limitare l’impatto ambientale e anche i costi (…)”. Naturalmente, aggiungiamo noi, quanto tempo porterà via in seguito il dibattito pubblico, di limitare l’impatto ambientale e anche i costi?

Quindi il “trucco” c’è, e si vede, tranne che si vogliano prendere per vere le illusioni dei prestigiatori. Un “trucco” che ha notato anche Ugo Magri che giorni addietro ha scritto sul quotidiano La Stampa: Dunque Renzi si lancia dove hanno già fallito Carlo Magno, Re Bomba (Ferdinando II di Borbone), Benito Mussolini, Bettino Craxi e da ultimo Silvio Berlusconi. Si tuffa in un’impresa che, ripensamento dopo ripensamento, è diventato un simbolo dell’inconcludenza nazionale. Per dirla con l’americano «Wall Street Journal», il Ponte sullo Stretto è l’«emblema della storica indecisione che incatena l’Italia al proprio passato». Lo facciamo, no non si fa, inizieremo presto i lavori, contrordine li abbiamo bloccati: un film rivisto perlomeno quanto certe puntate del Commissario Montalbano, per restare in tema di Sicilia. La sfiducia nelle parole è ormai tale che chi protesta in fondo fa un regalo al premier, perché combatte il progetto come se davvero le ruspe fossero pronte a scavare, insomma lo prende sul serio. Forse è proprio la reazione di cui Renzi ha bisogno (…).

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