Sicilia bella, tanto bella! Per gli altri?

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di Salvo Barbagallo

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La Sicilia possiede grandi risorse, tante che lo sviluppo potrebbe diventare una realtà e non rimanere un mito. Di ciò ne sono convinti molti Siciliani, gli stessi che, poi, si chiedono perché lo sviluppo rimane una chimera. Gli interrogativi in merito bisognerebbe girarli a chi ha governato dal dopo guerra ad oggi l’Isola, ed anche a chi la governa oggi. La valenza del patrimonio che il territorio custodisce da millenni sembra che sia compreso solo dagli stranieri. Millenni di storia che possono leggersi nelle vestigia che il passato ha tramandato sino ai giorni nostri, eppure questo patrimonio non è valorizzato come dovrebbe da chi di competenza. Che, per esempio, se qualcuno vuole andare ad ammirare i mosaici di Piazza Armerina si deve avventurare in percorsi stradali da Terzo Mondo.

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E nonostante ciò, come si apprende dai mass media (Il Corriere della Sera del 18 scorso, reportage a firma Alessio Ribaudo) Negli ultimi anni nel sud est della Sicilia è boom di turismo internazionale (…)! E’ il CENSI che analizza i dati concretamente: nel Ragusano  tra il 2010 e il 2015, si è avuto un +60 per cento di arrivi e presenze dall’estero. L’anno scorso hanno rappresentato il 40 per cento dei volumi del locale settore alberghiero (era il 29% nel 2010), un terzo nell’extra-alberghiero (era il 20% cinque anni prima) con una permanenza media di 4,8 giorni (…). Per i ricercatori del Censis, tutto è iniziato a cambiare nel 2002, quando l’Unesco ha inserito le città barocche del sud-est della Sicilia (Caltagirone, Noto, Modica, Palazzolo Acreide, Scicli, ecc) nella lista dei siti patrimonio dell’Umanità. Un riconoscimento che ha fatto accendere i riflettori mondiali su quest’area ed è diventato un efficace strumento di promozione del territorio poi amplificato dal successo della fiction Rai del «Commissario Montalbano» — basata sui romanzi di Andrea Camilleri e girata per lo più nel Ragusano — che è stata trasmessa in tanti Paesi come Regno Unito, Russia, Giappone e Stati Uniti.

Una promozione al territorio siciliano formidabile, quella indiretta della fiction della RAI, perché, parlando di promotion quella istituzionale (che ben venga, comunque) appare principalmente in pagine pubblicitarie dei giornali locali. Appunto, come se i Siciliani avessero bisogno che qualcuno ricordasse loro quanto di “bello” e “interessante” posseggono da sempre. Ancora. Da Il Corriere della Sera (ieri 19 novembre, in un articolo a firma di Claudio Del Frate) apprendiamo che Le diocesi di Ragusa e Noto sono protagoniste di un progetto innovativo: la costituzione di un fondo di garanzia che finanzia la nascita di start up o comunque imprese da affidare a under 35 per dare impulso all’economia della zona. Non un’assistenza, pur doverosa, sul modello Caritas a persone in difficoltà economiche ma un’opportunità nuova e una scommessa sul futuro. Un nuovo bando per l’assegnazione di questi fondi verrà pubblicato a dicembre, ma sono già 49 le imprese nate grazie al sostegno delle due diocesi. Iniziative che meritano il plauso, che dovrebbero essere considerate “private” a fronte di organismi istituzionali/governativi che sono immobili o sonnecchiano, nella migliore delle ipotesi. Come spiega il presidente onorario di Unesco Italia, Giovanni Puglisi, il riconoscimento Unesco è volano di promozione territoriale a patto che non si consideri l’iscrizione come un traguardo ma una partenza. Serve a investire e migliorarsi di continuo perché una volta che salgono le aspettative salgono gli obblighi da rispettare. L’area Iblea, però, è un esempio di come il riconoscimento possa essere una grande risorsa (…).

Senza nulla togliere alla valenza e alla “risorsa/riconoscimento Unesco”, altre riflessioni andrebbero poste sul tappeto in riferimento all’accresciuta presenza “straniera” in tutta la Sicilia e non solo nel Ragusano negli ultimi anni: la Sicilia è considerata fuori pericolo attentati jihadisti, e quindi si è trasformata in meta privilegiata del turismo internazionale. Un dato che non deve essere sottovalutato, anche se (forse) volutamente sottaciuto. Quel pericolo attentati che ha fatto crollare il numero dei turisti in Francia, in Gran Bretagna, in Tunisia, eccetera, ha consentito ai tour operator di indirizzare verso la nostra Isola un flusso di turisti che altrimenti si sarebbe disperso.

A conti fatti, per rendere stabile il trend positivo che si sta registrando nel turismo in Sicilia occorre mettere in moto una “vera” politica del turismo, che consideri non solo i luoghi e le città da visitare, ma creare un piano immediato di servizi e realizzare quelle infrastrutture che sino ad ora sono rimaste sulla carta.

Semplice, no?…

 

 

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