Natale che vuoi, Natale che non puoi…

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di Carlo Barbagallo

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Chiedete a un giovane disoccupato che non riesce a trovare una prospettiva cosa gli faccia più paura oggi: il terrorismo o la mancanza di lavoro?

Chiedete a chi è meno giovane ma lontano dall’essere “anziano” e non riesce a sbarcare il lunario, nonostante che possa “godere” (a differenza di tanti e tanti altri) di un lavoro in nero e (molto, molto) sottopagato quali desideri vorrebbe che gli venissero esauditi in questo Natale. La risposta sicura è: lavoro, solo lavoro e merito riconosciuto.

Dove sta di casa l’ottimismo in questi giorni in Italia, nel Sud, in Sicilia, soprattutto? Certamente (e vorremmo essere in errore) questi interrogativi non se li pone chi governa il Paese, chi governa e parla costantemente con i verbi declinati al futuro, ignorando che esiste un presente, vantandosi magari d’avere completato dopo oltre mezzo secolo l’autostrada Salerno-Reggio e rassicurando gli ultimi terremotati che presto (dopo mesi e l’inverno che li sovrasta) avranno un’adeguata sistemazione e che nessuno li ha dimenticati.

Strano Paese l’Italia? Non crediamo che sia un Paese “strano” l’Italia, ma crediamo che sia un Paese al passo con i tempi che corrono, dove la preoccupazione principale di chi “è” o si “sente” protagonista (anche se non lo è), è “apparire” e fornire una immagine positiva. Non importa se si tratta solo di una immagine che nasconde tante bugie e promesse che non saranno mai rispettate.

Terrorismo, immigrazione forsennata “favorita” dai cosiddetti buonisti che ammantano di “solidarietà” anche le speculazioni sulla pelle di chi fugge rischiando la propria vita? Emanuele Bonini sul quotidiano La Stampa di alcuni giorni addietro ha scritto, riferendosi all’annuale rapporto dell’Eurobaromatro: Il terrorismo continua a fare paura, ma preoccupa di più la crisi di migranti che appare senza fine (…) Sul piano nazionale, invece, sono in molti in Europa a ritenere che i governi debbano riservare una corsia preferenziale alla creazione di posti di lavoro. (…) Alla domanda «quali sono i due temi più importanti che deve affrontare il vostro Paese in questo momento?», tre cittadini europei su dieci (31%) risponde «lavoro» (…).

Questo Natale 2016, Anno del Signore, non ha portato e non porta lavoro al Sud, in Sicilia: lo scenario che si presenta per il prossimo anno è carico di nebbia.

Quel che appare certo è il flusso di migranti che viene sbarcato regolarmente e puntualmente nei porti isolani dalle navi di soccorso. Un flusso sicuramente controllato dai trafficanti di esseri umani e coadiuvato da menti perverse che stanno anche in Italia. Jihadisti del Califfato nero fra i migranti? I terroristi si infiltrano ovunque ritengono di poterlo fare. I controlli? “L’Italia c’è”, ha affermato il premier Gentiloni e la sicurezza è alta. Prova ne è che in Italia (almeno fino ad ora) non si sono verificati attentati.

Abbiamo letto recentemente: Siamo in guerra e la guerra trascina con sé morte e distruzione. Siamo in guerra anche se tanti di noi non abbiamo avuto la casa distrutta da bombardamenti o perduto un figlio o una figlia o l’intera famiglia in attentati jihadisti, ancora non ce ne rendiamo perfettamente conto. La violenza è intorno a noi, abusa nelle sue mille forme dell’individuo, ma noi quando non siamo colpiti direttamente facciamo finta che non ci tocca e non ci toccherà mai. Una sorta avvilente e stupidità ci sovrasta e ci creiamo alibi per guardare altrove, dove riteniamo non possa esserci il dolore. Ci ostiniamo a credere che esistono paradisi dove ci si possa rifugiare. E intanto tutto crolla. Ci piangiamo addosso e non reagiamo, avviluppati in un fatalismo che, a poco a poco, si sta trasformando in un velario mortale. Pochi di noi si chiedono come sia possibile rimanere inerti, anche se non insensibili, di fronte al disastro che non colma i vuoti dell’indifferenza e dell’inefficienza, ma travolge le ultime energie vitali.

Accade tutto sotto i nostri occhi: nessuno oggi o domani potrà dire “non sapevamo, non comprendevamo…”. Non potranno esserci giustificazioni quando dal fondo dove siamo precipitati la risalita diventerà forse impossibile…

Dunque, il Natale che vuoi non puoi averlo quando tutto, quando ogni cosa dipende da altri. Parlare di terrorismo, parlare di migranti, parlare di lavoro (che non c’è) nei salotti delle varie tv, è solo scarno e inutile accademismo, là dove chi può mutare il corso della conosciuta quotidianità non ha alcun interesse a cambiarlo.

Non siamo e non vogliamo essere pessimisti dicendo le cose che abbiamo detto: noi non affondiamo la speranza. C’è ancora una Resistenza al buio che avanza e siamo convinti (come lo siamo sempre stati) che dopo la lunga notte del Solstizio d’Inverno una Luce dovrà pur venire per rischiarare questo presente. E, dopo, pensare al futuro.

 

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