di Salvo Barbagallo
Per domani (venerdì 2 dicembre) a due giorni dalla chiamata alle urne, il premier Matteo Renzi aveva predisposto il suo calendario finale per la chiusura della campagna elettorale referendaria a favore del “Sì” con due trasferte in Sicilia. La prima a Catania, dove era stato predisposto il grande salone de Le Ciminiere, la seconda a Palermo. Ma per “improvvisi impegni dell’ultimo momento” il presidente del Consiglio “italiano” si è visto costretto a rinunciare alla sua visita nel capoluogo etneo. Di certo saranno rimasti delusi personaggi di casa nostra come il sindaco Enzo Bianco e il sottosegretario nazional-alfaniano Giuseppe Castiglione e i moltissimi fan della prima e dell’ultima ora che, forse, si avventureranno per l’impervia autostrada CT-PA per rendergli omaggio, o per fare semplicemente notare la loro presenza, o farsi un selfie per dimostrare “c’ero anche io!” nell’adunata.
È la quinta volta nell’arco di pochi mesi che Matteo Renzi attraversa lo Stretto di Messina, avendo scoperto (?) l’importanza che la Sicilia riveste quando si tratta di elezioni. D’altra parte in Sicilia il premier può contare su amici altamente affezionati a lui, da Crocetta all’ex leader (che “comanda” sempre nel “suo” territorio) Pino Firrarello. C’è chi, con molta malizia, ha inteso vedere nell’improvviso disimpegno della visita etnea un rischio che il premier non ha voluto correre: trovarsi a fronteggiare una possibile contestazione/protesta, oppure trovarsi accanto nel palco de Le Ciminiere qualcuno dei suoi amici che si ritrova in grossi guai con la magistratura.
Altra cosa certa è che Matteo Renzi alla Sicilia simbolo del cambiamento, non poteva rinunciare, e lo dimostra il fatto che chiude la sua campagna elettorale referendaria appunto nella Capitale dell’Isola. Abbiamo scritto proprio ieri: in Sicilia sono i principali feudi dei ras delle clientele. Nella nostra Isola i “capi cordata” sono da settimane al lavoro, tutti premiati dalle ricorrenti visite/trasferte del premier Matteo Renzi e di diversi suoi ministri, tutti a promettere mari e monti, ed elargizioni economiche governative in grado di produrre occupazione e sviluppo per i Siciliani (…). E come è accaduto in altre importanti consultazioni, la Sicilia è stata (quasi) sempre determinante per far pendere il piatto della bilancia a favore di chi si ritiene più utile. Utile (quasi) sempre non per la collettività isolana.
E pur tuttavia c’è ancora la possibilità che la Sicilia riservi al premier qualche sgradita sorpresa: i giovani che pagano sulla loro pelle il mancato sviluppo della loro regione, che pagano sulla loro pelle disoccupazione, sottoccupazione lavoro (mal remunerato) in nero, potrebbero esprimere il loro dissenso e la loro presa di coscienza votando un secco NO, ribaltando in tal modo la logica delle clientele, ribaltando la logica delle promesse, scoprendo -almeno una volta- per tempo bugie e ambiguità già emerse in maniera eclatante nel corso di questa campagna referendaria.