di Salvo Barbagallo
Un aereo di linea effettua il percorso Catania-Bengasi in 51 minuti, un velivolo militare in meno di dieci minuti. Come dire, Bengasi è dietro l’angolo di casa.
In un articolo di Shady Hamadi apparso su Il Fatto quotidiano di mercoledì scorso (1 dicembre) apprendiamo che Vladimir Putin vorrebbe una base russa a Benghazi, area controllata dalle milizie vicine al generale libico Khalifa Haftar, gemellata con quella di Hmeimim, a Latakia, in Siria. Il capo dell’ala militare fedele al Parlamento di Tobruk è in visita nella capitale russa da alcuni giorni, ricevuto dal capo della diplomazia russa Sergei Lavrov, il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e dal consigliere per la Sicurezza nazionale Nikolai Patrushev.
Shady Hamadi scrive: Se per alcuni media al centro dei colloqui ci sarebbe stata la proposta russa per l’apertura di una base militare a Benghazi (dove le milizie di Haftar controllano una vasta porzione di territorio), l’incontro è la cartina al tornasole dell’interesse russo per le vicende libiche e l’occasione per muovere un’altra pedina nel delicato scacchiere del Mediterraneo (…) Tanti i punti sul tavolo tra Mosca e il capo militare dello schieramento di Tobruk, il cui Parlamento non ha mai riconosciuto il governo di unità nazionale guidato da Fayez Al Serraj e patrocinato dall’Onu. Il primo è l’embargo sulle armi in Libia che “la Russia rispetta”, ha detto il generale libico. Ma se verrà revocato come Tobruk vorrebbe, l’Esercito nazionale libico potrebbe chiedere “l’assistenza di esperti russi”.
Khalifa Haftar a Mosca mentre a Roma mentre oggi si chiude a Roma il “Med Dialogue 2016”, la conferenza organizzata dal ministero degli Esteri e dall’Ispi dedicata ai grandi temi internazionali che si intrecciano nell’area del Mediterraneo alla quale prendo parte i rappresentanti si 55 Paesi. Troppo distratti gli italiani dalla kermesse sul Referendum Costituzionale per fare caso a questi “eventi” che la riguardano direttamente, indifferenti i responsabili del Governo Siciliano per fare caso a quanto accade attorno all’Isola e a poche centinaia di chilometri nell’altra sponda del Mediterraneo. Mancanza di consapevolezza, indifferenza o semplice disinteresse? Certo, la Sicilia non è uno Stato, ma di certo è una regione che fa parte di uno Stato (l’Italia !) che dovrebbe avere cura dei suoi abitanti, e se questo Stato di cui la Sicilia è (almeno sino a questo momento) parte integrante, dovrebbe ripensare alla sua politica di militarizzazione straniera permanente (quella degli USA) nell’Isola. Se ora Vladimir Putin mira ad avere una sua base stabile in Libia (quella ipotizzata a Bengasi) non c’è da stupirsi: Bengasi, infatti, è a un tiro di schioppo da Sigonella (base della Naval Air Station statunitense, fornita dei mezzi bellici aerei più avanzati) e da Niscemi (con gli impianti satellittari del MUOS).
Che già nel Mediterraneo si fronteggino da tempo le agguerrite Flotte della Russia e degli USA non è un mistero. Che l’area del Mediterraneo sia il punto focale dove si gioca e si giocherà il futuro della specie umana non è solo un’ipotesi ma una realtà sotto gli occhi di tutti. E (quasi) sicuramente il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America considererà una “nuova” minaccia la possibilità di una base russa a Bengasi e (quasi) sicuramente anziché far smobilitare dalla Sicilia i militari a Stelle e Strisce, finirà con il rafforzare questo presidio avanzato del Grande Paese.
Crocetta & Company queste problematiche non le hanno mai affrontate, delegando ai loro Superiori (altro che Poteri forti!) eventuali e marginali preoccupazioni che considerano materia non di loro pertinenza. Purtroppo la voce della collettività Siciliana si è addormentata da tempo, e le proteste degli sparuti Sicilianisti vengono considerate folkloristiche, nel migliore dei casi.
Che ben venga Putin a Bengasi? Forse, chi lo può dire…