Libia, il caos dietro l’angolo della Sicilia

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di Salvo Barbagallo

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Nell’era dell’informazione in tempo reale da un punto all’altro del globo può anche accadere che le “informazioni” arrivino contraddittorie?

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Marco Minniti a Tripoli

E quale motivazione dare se le informazioni che pervengono “confuse” giungono da un Paese, la Libia, che è a un tiro di schioppo dall’Italia e dietro l’angolo della Sicilia? In poche parole: cosa sta accadendo veramente nell’altra sponda del Mediterraneo distante dalle coste siciliane poco più di 35 minuti di volo? C’è stato realmente un tentativo di golpe a Tripoli a seguito di incursioni militari di gruppi di miliziani vicini all’ex primo ministro del vecchio “governo di salvezza nazionale” di Khalifa Ghwell? Incursioni avvenute nelle sedi dei ministeri, della Difesa, dell’Economia e della Giustizia?

L’Ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Perrone

Per quel che è noto, in Sicilia nessuno si è posto interrogativi su quanto sta accadendo in Libia, d’altra parte le notizie che i mass media diramano (come detto) sono contraddittorie. E tutto ciò a pochi giorni di distanza dalla visita del ministro dell’Interno Marco Minniti e dalla riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli con l’insediamento del nuovo ambasciatore Giuseppe Perrone, ritenuto il “migliore conoscitore della regione e delle tematiche politiche del Mediterraneo”. E mentre erano in corso le “operazioni” dei miliziani, l’ambasciatore italiano dichiarava che non “risulta alcun golpe in atto, le sedi istituzionali nelle quali opera il governo di accordo nazionale sotto la guida di Sarraj continuano a lavorare” e subito dopo il portavoce delle forze speciali del governo Sarraj, Ashraf as-Sulsi, affermava “Abbiamo il controllo di tutti gli edifici che gli jihadisti avevano provato a prendere…”.

Nonostante l’appoggio garantito dalla comunità internazionale e dall’Onu al governo di Fayez Serraj, la situazione libica non solo non appare chiara, ma resta estremamente fluida. Le forze fedeli a Khalifa Gwell, ex primo ministro del disciolto governo islamista di salvezza nazionale, già ad ottobre avevano provato a deporre il governo Al Sarraj. Il leader islamista era apparso alla televisione dichiarando che i suoi miliziani “avevano il 100 per cento del controllo della località”, ma la situazione era poi tornata rapidamente alla normalità, mentre una decina di giorni addietro aerei militari sotto il comando del generale Khalifa Haftar, che appoggia il Parlamento di Tobruk, avevano bombardato la base aerea di Al Jufra, controllata dalle forze fedeli al governo di unità nazionale. Il generale Haftar, ex ufficiale gheddafiano che guida l’esercito nell’Est della Libia e sostiene il governo di Tobruk (non riconosciuto dall’Onu), da mesi ha messo in piedi una campagna per delegittimare il governo di Tripoli, arrivando in alcuni casi ad attaccare con la sua milizia le forze schierate con il governo di Fayez Serraj. E proprio nei giorni scorsi Haftar ha visitato la portaerei russa “Ammiraglio Kuznetsov” che transitava al largo della Cirenaica. Come dire, un significativo “segnale” lanciato da Vladimir Putin a quanti appoggiano il governo di Tripoli voluto e imposto dall’Onu.

La portaerei russa Ammiraglio Kuznetsov

L’Italia è il primo Paese occidentale che ha riaperto la sua ambasciata in Libia, e non sono mancate le reazioni a questo “atto ufficiale” di condivisione di una linea politica non gradita a 360 gradi. L’Agenzia Ansa, riportando quanto riferisce il sito The Libya Observer, informa che il ministero degli Esteri del “governo” guidato da Abdullah al-Thani e al quale fa riferimento il generale Khalifa Haftar, ha inviato una “nota diplomatica urgente” a tutte le ambasciate e i consolati libici all’estero per informarli di quello che viene definito “il ritorno militare dell’ambasciata italiana” a Tripoli. La nota di Tobruk, sempre secondo quanto riferisce The Libya Observer, sostiene che “Una nave militare italiana carica di soldati e munizioni è entrata nelle acque territoriali libiche. Si tratta di una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite e una forma di ripetuta aggressione”. Fonti italiane parlano di aperta strumentalizzazione, in quanto (e dunque la nave c’è) la presenza della San Giorgio della Marina Militare italiana  è inquadrata nell’Operazione Sophia di EunavforMed, e assieme alla nave olandese Rotterdam, ha il compito di addestrare personale della Guardia Costiera libica su richiesta del governo di Tripoli.

Una situazione delicata, che la Farnesina, con una sua nota chiarisce: Lavoriamo per risultati concreti sui fronti del contrasto alla immigrazione illegale, al traffico di essere umani e sul fronte del controllo dei punti di transito migratorio alla frontiera sud fra Libia e Niger. Compatibilmente con le condizioni di sicurezza, miriamo inoltre a migliorare l’interscambio commerciale tra i nostri due Paesi, a rafforzare il raccordo tra i nostri imprenditori e quelli libici e a promuovere le opportunità di investimento, anche nel cruciale rinnovamento delle infrastrutture estrattive e nella cooperazione bilaterale nel campo delle fonti energetiche rinnovabili e degli idrocarburi non convenzionali”.

Come, però, non tenere nel debito conto che la Russia formalmente disconosce il consiglio presidenziale di Fayez Serraj a Tripoli?

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