Scorrendo per il 2016, mese per mese, le sentenze finali di alcuni processi che avevano stroncato la carriera di figure politiche di primo piano, si scopre che sono stati per lo più fallimentari. Tutti assolti…
Che la politica sia affare sporco e che sporca; che i politici abbiano generalmente pessima fama, è giudizio consolidato, largamente diffuso, più che giustificato. Ovunque: e senza differenza di latitudine o paese. “Ero veramente un uomo troppo onesto”, dice Socrate, “per vivere ed essere un politico”. Più vicino a noi Ronald Reagan ricorda che “la politica è stata definita la seconda più antica professione del mondo. Certe volte trovo che assomigli molto alla prima”.
Tutto vero; ma occorre pur aggiungere che il politico corrotto, o incapace, mediocre non è una maledizione che cade dal cielo; è un signore (o una signora) che si presenta a delle elezioni. Nessun dottore ordina all’elettore di votare Tizio invece di Caio, o di Sempronio. Ma ora si rischia di deviare dalla riflessione che si propone; che è questa: è giusto, sacrosanto, che il politico sia costantemente sottoposto alla lente di sorveglianza dell’elettore; ed è anche giusto che non possa beneficiare di immunità che lo mettano al riparo da inchieste di un magistrato che indaga sui suoi “affari sporchi”. Accadono però fatti, vicende, che fanno pensare; fatti e vicende inquietanti. L’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, il 2016, per esempio, è caratterizzato da una quantità di flop giudiziari. Vale la pena (letterale), di elencarli, come si sono scansionati, mese per mese: un calendario davvero deprimente e di un certo significato.
Gennaio: si registra la Caporetto giudiziaria dell’ex pubblico ministero di Catanzaro (oggi sindaco di Napoli) Luigi De Magistris: assolti tutti i politici imputati nel processo per associazione per delinquere “figlio” della maxi-inchiesta “Why not”: presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici in Calabria. Il tribunale di Napoli annulla, dopo anni, il rinvio a giudizio dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella per presunta associazione a delinquere. L’inchiesta ha provocato la caduta del governo Prodi; per i giudici è viziata da “indeterminatezza della descrizione del fatto”. Dopo cinque anni, il Giudice dell’Udienza Preliminare di Catania archivia l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per l’ex senatore Nino Strano.
Febbraio: il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, è assolto in appello dall’accusa di abuso d’ufficio nel processo relativo alla costruzione di un termovalorizzatore (assoluzione che verrà confermata dalla Cassazione in settembre). Assolto in Cassazione il senatore Salvatore Margiotta; era accusato di corruzione e turbativa d’asta per degli appalti relativi alla costruzione del centro petrolifero Tempa Rossa in Basilicata.
Marzo: assolto Paolo Cocchi, ex sindaco di Barberino ed ex assessore regionale toscano. Nel frattempo ha abbandonato la carriera politica e si è ritirato a vita privata.
Aprile: assolti in primo grado tutti i funzionari del ministero dell’Agricoltura accusati tre anni e mezzo prima di aver costituito una “cricca” per la spartizione dei fondi pubblici. Tra gli imputati c’è chi, come Ludovico Gay, ha trascorso 120 giorni in carcere in stato di semi isolamento. A Salerno assolti i sei imputati accusati di aver ordito un complotto per far sì che le inchieste “Why not” e “Poseidone” fossero sottratte a Luigi de Magistris quando questi era Pubblico Ministero di Catanzaro.
Maggio: la Corte d’Appello di Palermo conferma l’assoluzione nei confronti dell’ex generale dei carabinieri Mario Mori e del colonnello dei carabinieri Mauro Obinu dall’accusa di favoreggiamento aggravato per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. La Corte di Cassazione scrive la parola fine sul processo per l’urbanizzazione dell’area di Castello a Firenze, durato otto anni, annulla la condanna a carico dell’ex patron di Fondiaria Sai, Salvatore Ligresti, e gli altri imputati, tra cui gli ex assessori comunali Gianni Biagi e Graziano Cioni.
Giugno: la Corte d’appello di Bologna assolve l’ex presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, dall’accusa di falso ideologico nel processo d’appello bis per il caso “Terremerse”. La vicenda, durata sei anni, nell’estate del 2014 aveva portato Errani alle dimissioni da governatore.
Luglio: Ilaria Capua, ricercatrice di fama internazionale, deputata, viene prosciolta dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, abuso di ufficio e traffico illecito di virus. Per due anni è stata definita come una pericolosa “trafficante di virus”. Sempre a luglio assolto, in uno dei filoni del processo Mafia Capitale, Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Settembre: scagionati dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, in procedimenti separati, il deputato Luigi Cesaro); il senatore Antonio D’Alì, dopo un rito “abbreviato” durato sei anni; e il consigliere regionale Stefano Graziano, che a causa dell’inchiesta si era dimesso da presidente del Pd campano. Vincenzo De Luca incassa una nuova assoluzione, nel processo “Sea Park” per le accuse di associazione per delinquere, falso e abuso d’ufficio.
Ottobre: assolto dalle accuse di truffa e peculato l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino. Roberto Cota, ex governatore del Piemonte, assolto insieme ad altre quindici persone dall’accusa di truffa per le cosiddette “spese pazze” in regione. Depositate, dopo un anno, le motivazioni della sentenza con cui l’ex ministro Calogero Mannino è stato assolto nel processo sulla presunta trattativa stato-mafia: prove “inadeguate” ed “enorme suggestione mediatica”.
Novembre: Sandro Frisullo, ex vicepresidente della giunta regionale pugliese guidata da Nichi Vendola, viene assolto dopo sei anni dall’accusa di turbativa d’asta per presunti appalti truccati nel settore sanitario. Per questa vicenda ha trascorso cinque mesi in carcere e agli arresti domiciliari.
Dicembre: la Cassazione annulla con rinvio la condanna nei confronti dell’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco, per associazione per delinquere nell’inchiesta sulla sanità abruzzese.
Tutti questi casi, e gli altri – tanti altri, si può presumere – non ci devono certo deflettere dal sostanziale sentimento di diffidenza che è igienico nutrire nei confronti di chi fa politica. Cautela e prudenza di fronte a chi si presenta con l’intento di voler fare il bene pubblico (e dunque anche il nostro), sono d’obbligo.
E’ tuttavia incontestabile che se dei politici (certi politici), è bene diffidare e stare lontani, di certi magistrati è bene aver timore e a loro volta andrebbero giudicati per quello che fanno (o non fanno).
E invece? Era il mese di febbraio 2015. Il presidente del Consiglio di allora, Matteo Renzi, modifica una norma sulla responsabilità civile dei magistrati. Trionfante annuncia che finalmente si sblocca l’anomalia, tutta italiana, dell’assenza di conseguenze per i danni provocati dai magistrati che commettono gravi errori giudiziari. Finalmente, assicura Renzi, il magistrato avrebbe pagato per il suo sbaglio, se commesso per dolo o colpa grave e acclarata. Come non esserne soddisfatti? I magistrati a dire il vero, la prendono malissimo. Il loro sindacato parla di “attacco morale alla nostra autonomia”. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando promette che la situazione sarà monitorata, in modo che si possa scongiurare che la riforma non comporti un eccesso di intenti punitivi nei confronti della categoria: “Faremo un tagliando”, garantisce.
Ecco i risultati del “tagliando”: nel 2015, settanta ricorsi. Nel 2016, ottanta. Niente, rispetto ai tanti casi di mala-giustizia che si sono consumati. Ma attenzione: si tratta di ricorsi. Per quel che riguarda le condanne: nessuna nel 2015. Una nel 2016. Va da via i ciap, dicono a Milano.
LA VOCE DI NEW YORK 27 GENNAIO