di Carlo Barbagallo
Tace in Italia il coro dei “buonisti” di fronte all’immane tragedia dei migranti/profughi, forse (e solo forse) avendo preso coscienza che non è con le ipocrite parole ammantate dal concetto di “solidarietà” che si può risolvere un problema epocale le cui origini restano oscure. Gli episodi che hanno caratterizzato gli ultimi mesi dovrebbero far riflettere quanti ancora parlano di “integrazione” possibile, così come dovrebbero far riflettere i dati del Viminale che indicano i numeri dei migranti giunti al 30 dicembre scorso, 181.283 contro i 153.842 del 2015. E sempre secondo i dati del Viminale sono 175.485 i migranti presenti sul territorio italiano, accolti in strutture temporanee, hot spot, centri di prima accoglienza, e centri per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). In particolare al 30 dicembre scorso, le presenze nei centri di prima accoglienza (Cpa) sono 14.669. I centri si trovano solo in 7 regioni, i più grandi sono quelli di Crotone, Mineo, Cona, Bagnoli di Sopra. Queste le presenze per regione: nel Lazio 824, nel Veneto 3032, in Sicilia 4530, in Emilia Romagna 652, in Calabria 3254, in Liguria 1218, nel Friuli Venezia Giulia 1159. Nelle strutture temporanee, invece, sono 136.706 i migranti ospitati; 547 quelli negli hot spot, 25.563 nei posti Sprar.
Adesso la situazione incomincia ad allarmare e il ministro dell’Interno Marco Minniti la settimana prossima si recherà in Libia per discutere con esponenti del governo Serraj quale sarà la “bozza” di un accordo per bloccare le partenze dei migranti. Ma si tralascia di dire che il governo di accordo nazionale Serraj, appoggiato dall’Onu e dall’Italia, ben poco ha fatto per bloccare il flusso dei migranti/profughi che partono dalla Libia per dirigersi in Sicilia sui barconi dei trafficanti d’esseri umani.
A fine anno, il Viminale ha annunciato il piano di riapertura dei Cie, Centri d’identificazione ed espulsione (oggi in gran parte chiusi), al fine di raddoppiare il rimpatrio di irregolari. Un ritorno alla “stagione dei Cie”, criticato da sindaci, governatori, associazioni impegnate nell’accoglienza e all’interno dello stesso PD. “Non mi convince l’idea di risolvere una questione complessa con appelli volitivi: si rischia solo l’effetto annuncio”, ha dichiarato Gianni Cuperlo, mentre il M5s sostiene sul blog di Grillo “Aprire un Cie per regione rallenterebbe solo le espulsioni degli immigrati irregolari e non farebbe altro che alimentare sprechi, illegalità e mafie” e Di Maio attacca “Nuovi Cie servono solo ad ingrassare cooperative amiche del governo”.
Vladimiro Polchi sul quotidiano La Repubblica ricorda: “Accanto all’espulsione degli irregolari, la macchina del Viminale ha intanto un’altra emergenza da gestire: l’accoglienza di quei 181.283 migranti sbarcati nel 2016”.
Massimo Mandorino del Sap (sindacato autonomo di polizia) di Bologna, che lavorava al commissariato Bolognina Ponte Vecchio, che un tempo aveva la gestione del Cie di quella città, poi chiuso, afferma: “(…) queste persone rimangono un sacco di tempo in quegli edifici e, inevitabilmente, si creano problemi di ordine pubblico. Ultimamente nei Cie gli ospiti rimangono 60 giorni, ma non sono sufficienti perché non bastano per arrivare a identificazione certa, visto che per quella serve che il Paese in cui vengono rispediti confermi la loro identità (…) Ora viene rinnovato continuamente il decreto di espulsione, ma così si produce solo una mole di carta che è senza esito e questi restano in giro per le strade italiane. Coattivamente è raro si rimandi indietro qualcuno, a meno che – conclude – non si tratti di presunti terroristi e, allora, in quel caso non è più un’espulsione amministrativa, ma disposta dal ministro dell’Interno e non dal prefetto della città e del luogo in cui viene rintracciato il clandestino (…)”.
Come abbiamo scritto in tanti articoli su questo giornale, i problemi dell’accoglienza dei migranti/profughi nel nostro Paese sono più che noti, e altrettanto noti sono gli scandali sulla gestione dei Centri che ospitano i migranti, ed altrettanto noti gli episodi di una (quasi) impossibile integrazione con le realtà locali. E ci si chiede perché è stato “archiviato” velocemente il preoccupante “segnale” lanciato nel dicembre scorso da Frontex, l’ex agenzia Ue delle frontiere esterne recentemente trasformata in una nuova Agenzia europea delle guardie di frontiera e costiera. Frontex ha accusato le ong impegnate nel soccorso in mare ai migranti di collusione con gli scafisti! La “denuncia” di questa presunta collusione sarebbe contenuta in due rapporti interni di Frontex, rivelati il 14 dicembre dell’anno appena trascorso dal Financial Times e ripresi dal quotidiano Avvenire.
Si tratta di “memoria corta” o volontà di lasciare le cose come stanno, aspettando che accada il peggio?