Sicilia: USA già in guerra in Libia

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di Salvo Barbagallo

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Non è una novità che stiamo attraversando un tempo di paradossi e contraddizioni, e che “paradossi e contraddizioni” siano diventati un “metro” primario per valutare gli avvenimenti che si susseguono in maniera straordinariamente veloce. Così accade di leggere sull’autorevole quotidiano Il Corriere della Sera l’intervista (rilasciata all’inviato Lorenzo Cremonesi) del premier libico Fayez al Sarraj che elogia l’Italia definendola “apripista per la Pace”, ignorando che qualche giorno prima le motovedette militari libiche avevano mitragliato pescherecci di Mazara del Vallo che operavano in acque internazionali, e tralasciando di ricordare che poco o nulla il governo di quel Paese ha fatto per frenare il flusso di migranti che da quelle coste partono diretto verso la Sicilia.

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La settimana scorsa commentavamo il mancato attentato all’ambasciata italiana a Tripoli, ponendoci l’interrogativo se l’Italia fosse a rischio solo in Libia, presupponendo che la matrice di quell’azione fosse di natura jihadista, ed ecco, invece che l’identificazione dei due kamikaze rimasti uccisi nell’esplosione della vettura/bomba fa cambiare indirizzo. Secondo il sito internet “Libya Observer”, infatti, gli autori dell’attentato del 26 gennaio scorso sarebbero legati alla cosiddetta “Operazione dignità” del generale Khalifa Haftar, fedele al governo di Tobruk che si oppone a quello di Tripoli – sostenuto dall’Onu e da diversi paesi, fra cui l’Italia– il cui obiettivo era proprio quello di colpire la sede diplomatica. La verità? Difficile da trovare là dove le informazioni, spesso e volentieri, sono di parte: difficile determinare quanto siano attendibili le conclusioni degli investigatori di Fayez al Sarraj, interessato a mettere in cattiva luce Haftar, le cui forze militari non risultano aver mai impiegato autobomba, né tanto meno commando suicidi per colpire gli avversari.

Un drone Reaper di stanza a Sigonella

Gianandrea Gaiani su “Analisi Difesa” – nell’Editoriale dal titolo “Italiani nel mirino nel sempre più complesso scenario libico” – sostiene che sul territorio libico l’ambasciata italiana è oggi l’unico target occidentale abbordabile per i terroristi (… ) Matrici diverse da quella jihadista risultano improbabili poiché se è vero che gli italiani erano stati recentemente criticati con durezza per la presenza della base militare a Misurata sia da Haftar sia dall’ex premier del precedente governo di Tripoli legato ai Fratelli Musulmani, Khalifa Ghwell, è altrettanto vero che nessuna milizia libica al di fuori di Isis e qaedisti ha mai impiegato autobomba e commando suicidi (…) Plausibile soprattutto il tentativo di colpire l’ambasciata italiana per uno Stato Islamico che poche ore prima dell’attentato aveva subito l’ultimo raid aereo dell’Amministrazione Obama: un’incursione combinata che ha visto mobilitati bombardieri “stealth” B-2 arrivati direttamente dal Missouri, e droni armati decollati con ogni probabilità da Sigonella che, guidati da aerei spia e forze speciali sul terreno hanno distrutto due campi d’addestramento del Califfato uccidendo una novantina di miliziani (…) Roma poi ha pubblicizzato fin dall’agosto scorso (quando prese il via l’operazione statunitense “Odissey Lightning” che ha colpito le milizie del Califfato con 435 incursioni) il via libera all’impiego in raid offensivi dei droni Reaper dell’Usaf a Sigonella e in altre basi italiane: un’autorizzazione precedentemente negata ma che ha reso l’Italia belligerante contro lo Stato Islamico anche in Libia (…).

Sicilia, dunque, direttamente interessata a quanto accade in Libia, tenuto conto – anche se in loco non trapela alcuna notizia in merito – che i droni “Reaper” che compiono raid distruttivi in Libia (e altrove?) operano da Sigonella, loro base strategica stabile, unitamente ai droni “Global Hawks” le cui missioni sono completamente sconosciute. Ma della “Sicilia armata” (armi di “stranieri”) nessuno ha interesse a parlarne, così come nessuno parlò delle “missioni” contro il regime di Gheddafi del 2011, quando anche l’Italia intervenne nell’ambito della Odyssey Dawn con l’utilizzo di Sigonella e Trapani. Sicilia in guerra? Ovviamente non con forze “militari siciliane o…italiane, ma fornendo tutti i supporti necessari ad altri Paesi…

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