Per Trump NATO obsoleta, ma di Sigonella e Muos ancora non parla

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di Salvo Barbagallo

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La settimana scorsa (11 gennaio) la proposta di Manlio Di Stefano (M5S) di ridiscutere la presenza dell’Italia nella Nato, dai più, è stata definita “una follia”.

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“Da tempo la Nato (tanto per non dire gli Stati Uniti…) sta giocando con le nostre vite. Vite che hanno già conosciuto due guerre mondiali e sanno cosa si provi ad essere un vaso di coccio tra due d’acciaio. Il M5S si oppone da sempre a questa immonda strategia della tensione e chiede, con una proposta di legge in discussione alla Camera, che la partecipazione italiana sia ridiscussa nei termini e sottoposta al giudizio degli italiani”, sostiene Di Stefano, ipotizzando un referendum per confermare l’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica. Il parlamentare del M5S afferma che “Il nostro territorio, le nostre basi, i nostri soldati non possono essere ostaggio di giochi di potere e degli umori del presidente americano di turno…”.

Manlio Di Stefano di certo non poteva prevedere che l’opinione pentastellata sulla Nato potesse avere, a distanza di pochi giorni, un “seguito” nelle parole del neo presidente degli Stati Uniti. Donald Trump infatti in un’intervista rilasciata al giornale tedesco Bild e al britannico Sunday Times ha definito la Nato una “organizzazione obsoleta”.

Trump, che si insedierà alla Casa Bianca fra tre giorni (20 gennaio) è chiaramente deciso, quando dichiara “… l’Alleanza Atlantica per me è importante, ma visto che solo cinque Paesi pagano, dovrebbero pagare anche gli altri. La Nato così come è oggi è decisamente obsoleta essendo stato pensata molti anni fa, non è attrezzata per combattere il terrorismo islamico, è vecchia di troppi anni, ha dei problemi e i suoi membri si riparano dietro alla forza degli Stati Uniti”. Donald Trump si spinge oltre: “… dobbiamo cominciare a fidarci di Vladimir Putin (…) occorre trovare un accordo con la Russia per ridurre gli arsenali nucleari: ci sono delle sanzioni nei loro confronti, ma è arrivato il momento di fare un accordo…”. Ma già durante la campagna per le presidenziali, Trump aveva messo in discussione la Nato e il contributo sproporzionato all’Alleanza da parte degli Stati Uniti.

Il neopresidente degli Stati Uniti sarà in grado di determinare una vera “svolta” che possa mutare il quadro non solo politico, ma soprattutto “militare” in riferimento alla massiccia presenza “bellica” Usa in Europa e in Italia?

Nell’articolo pubblicato ieri (16 gennaio) su questo giornale, Agostino Spataro (ex deputato PCI) metteva in evidenza La guerra di Libia sarà anche ricordata per avere inaugurato il nuovo ruolo assegnato alla Sicilia di piazzaforte militare strategica e nucleare della Nato e degli Usa, minacciosamente proiettata verso il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa.

Dalle basi siciliane (da Sigonella, da Trapani) sono partite migliaia di missioni aeree di bombardamento verso le coste libiche.

Questo nuovo ruolo, che ha richiesto l’insediamento a Niscemi del progetto MUOS, non farà che aggravare, desertificare la realtà civile e culturale di questa nostra Isola infelice, taglieggiata dalla mafia, mal governata da un ceto dominante imbelle e clientelare, sottoposta a una pesante condizione di “servitù militari”.

Che l’area del Mediterraneo sia il punto focale dove si gioca e si giocherà il futuro della specie umana non è solo un’ipotesi ma una realtà sotto gli occhi di tutti. Sigonella, Muos, Augusta e altre installazioni militari USA più o meno conosciute avranno un peso su eventuali “nuovi” accordi internazionali che potrebbero determinare scenari inediti? Forse potranno contribuire nelle decisioni di Trump le enormi spese che gli USA sostengono per mantenere gli esistenti apparati di guerra in Europa. Allora vale quanto da noi sostenuto in tante e tanti occasioni. E per quanto riguarda il nostro territorio “isolano” sicuramente figureranno da qualche parte nei resoconti del Congresso degli Stati Uniti, i dati sui costi della permanenza stabile delle forze militari USA in Sicilia. Questi “dati” noi non li abbiamo, né alla fine ci interessano più di tanto: non siamo contabili e questo “tipo” di contabilità, cioè le “spese” di mantenimento dei militari USA all’estero, ora interesseranno sicuramente il neo presidente Donald Trump. Si tratta sicuramente di cifre rilevanti, molto rilevanti, e sicuramente Trump avrà modo di vagliare attentamente l’utilità del proseguimento di questo pesante esborso continuo di milioni e milioni (forse miliardi) di dollari in un momento in cui la crisi economica mette in difficoltà tutti, America compresa.

Il pacifista/Premio/Nobel/Barack/Obama nel corso dei suoi nove anni di Presidenza del Grande Paese non ha ritenuto opportuno calmierare le spese, anzi per quanto attiene la Sicilia le ha aumentate, potenziando l’apparato bellico nell’Isola con l’invio (permanenza in forma stabile) dei droni Global Hawks e Predator a Sigonella, con la costruzione della pericolosa stazione satellitare del MUOS di Niscemi e con la realizzazione di strutture “segrete” (depositi di munizioni e armi, impianti missilistici?) in diversi punti strategici del territorio. Gli esperti militari che Trump avrà nel suo staff dovranno valutare attentamente lo stato delle cose e decidere in merito in base allo scenario internazionale che il neo Presidente si porrà davanti, anche in riferimento agli impegni che dovrà assumere per l’immediato futuro nei confronti dei cosiddetti “alleati tradizionali” e dei rapporti nuovi con altre Potenze che dovrà instaurare. Un problema primario al quale dovrà dare risposte concrete.

 

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