Disoccupazione: giovani sempre più abbandonati

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di Carlo Barbagallo

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Niente di nuovo, anzi, notizie sempre più negative per quanto riguarda il futuro dei giovani: la disoccupazione supera la soglia del quaranta per cento! È questo il livello più alto raggiunto dal giugno del 2015, pari al 12 per cento. Sono costantemente i “numeri” a parlare chiaro, anche se poi (nei fatti) dovrebbero essere considerati in difetto rispetto alla realtà che i giovani vivono quotidianamente. Ed è sempre l’ISTAT che indica la situazione: i disoccupati raggiungono quota 3.103.000 con un aumento di 9.000 unità su novembre e di 144.000 unità su dicembre 2015, ancora in calo gli inattivi tra i 15 e i 64 anni con meno 15.000 unità su novembre e meno 478.000 unità su dicembre 2015. Dal calcolo del tasso di disoccupazione, precisa l’ISTAT, sono per definizione esclusi i giovani inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella maggior parte dei casi perché impegnati negli studi. L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 10,9 per cento (vale a dire poco più di un giovane su 10 è disoccupato), incidenza in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al novembre scorso. Gli esperti spiegano che “sul calo degli occupati di 15-49 anni (-168 mila unità) influisce in modo decisivo la diminuzione della popolazione in questa classe di età”. Di fatto, è colpa anche dell’invecchiamento della popolazione.

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Si conferma il rallentamento degli effetti benefici degli sgravi contributivi: dal momento che le aziende non riescono ad assorbire per intero l’offerta di lavoro aumentano anche i disoccupati (+4,9%, pari a +144 mila).

L’Istat lancia ancora numeri preoccupanti per gli under 25. A dicembre il tasso di disoccupazione giovanile, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, è cresciuto come detto di 0,2 punti al 40,1%. Se si considera che la maggior parte dei ragazzi di quell’età sta studiando, l’incidenza dei giovani disoccupati sul totale di quella popolazione è, appunto, del 10,9 per cento, a significare che più di un ragazzo su dieci è a casa. Se si guarda al dettaglio delle altre fasce d’età, aggiunge l’Istat, la disoccupazione cala tra i 25-34enni (-0,9 punti), mentre aumenta nelle classi 35-49 anni (+0,1 punti) e 50-64 anni (+0,4 punti). Dagli ultimi trend censiti viene evidenziato che l’aumento dell’occupazione riguarda soprattutto gli over 50.

Migliore la situazione nella cosiddetta eurozona, mentre in Italia le condizioni del lavoro mostrano punti abbastanza oscuri. L’Italia, infatti è il solo Paese in peggioramento annuo: a dicembre il tasso di disoccupazione nella zona euro è risultato in calo a 9,6 per cento da 9,7 per cento a novembre e rispetto a 10,5 per cento di dicembre 2015. E’ il tasso più basso da maggio 2009. Nella Unione Europea il tasso di disoccupazione era a 8,2 per cento, stabile rispetto a novembre e in calo rispetto al 9 per cento un anno prima. Per la Unione Europea si tratta della percentuale più bassa da febbraio 2009.

l’Istat, con l’implacabile resoconto mensile, fa dunque i conti del disastro: la disoccupazione segnando un nuovo record negativo

Per quanto riguarda la Sicilia vanno ricordati i dati di qualche mese addietro del C.E.M.- Coercive Engineered Migration che riportano come 750.000 Siciliani abbiano costituito il terzo ciclo migratorio della Sicilia: in meno di dieci anni, dal 2001 al 2014 sono stati 526 mila i giovani Siciliani che sono emigrati dall’Isola, 205 mila i laureati. Generazioni perdute per sempre.

Si parla del futuro dei Paesi dell’Unione Europea: in molti in Europa oggi ritengono che i governi debbano riservare una corsia preferenziale alla creazione di posti di lavoro. Alla domanda “quali sono i due temi più importanti che deve affrontare il vostro Paese in questo momento?”, tre cittadini europei su dieci (31 per cento) risponde lavoro, e due cittadini su dieci (26 per cento) immigrazione. Ben dodici gli Stati membri dell’Ue che chiedono ai governi di dare priorità alla creazione di lavoro: Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia Spagna. Una priorità per un cittadino su due in Francia (49 per cento) e Italia (47 per cento), Paesi chiave dell’Eurozona. L’interrogativo rimane primario: questa priorità lavoro come viene affrontata? Quali soluzioni immediate, e non future, vengono adottate?

 

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