Il “Patto” Italia/Libia non blocca i trafficanti d’esseri umani

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di Salvo Barbagallo

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Fino a venerdì scorso (24 febbraio) mille migranti raccolti dalla nave norvegese “Siem Pilot” sono stati sbarcati nel porto di Palermo. Secondo gli ultimi dati resi noti a Ginevra dall’Oim: 13.924 migranti e rifugiati sono giunti via mare in Europa da inizio anno e il numero delle persone morte o scomparse nello stesso periodo è salito a 366. Quasi tutti i decessi in mare sono stati segnalati sulla rotta del Mediterraneo centrale che collega la Libia alla Sicilia per la quale il “Progetto Missing migrants” dell’Oim, stima da inizio 2017 al 22 febbraio, il 300 per cento in più rispetto allo stesso periodo 2016. In una intervista di due giorni addietro (25 febbraio) rilasciata all’inviato del quotidiano La Stampa, Francesco Semprini, il premier del Governo libico riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Sarraj, sostiene che Il Memorandum siglato con l’Italia è un punto di svolta nella lotta all’immigrazione clandestina, perché allarga il raggio di azione dalle coste ai confini meridionali della Libia (…). Ma, a conti fatti e almeno sino ad oggi, i risultati dell’accordo non si vedono.

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Come abbiamo scritto in precedenza in diversi articoli su questo giornale, il problema dei migranti sui mass media ormai passa in secondo/terzo/quarto piano: c’è fin troppa assuefazione alla questione e l’interesse generale viene indirizzato sulle tematiche del momento che più fanno presa o che sono ritenute (a ragione, oppure a torto) di carattere più “urgente”. Il problema, però, resta sul tappeto, con tutti i risvolti in chiaroscuro che presenta. Magdi Cristiano Allam sul quotidiano Il Giornale di due giorni addietro (26 febbraio) evidenziava: Frontex ha denunciato sia la connivenza delle autorità navali italiane con gli scafisti sia la collusione delle Ong le cui navi spesso si spingono vicino alla costa libica «come dei taxi», mentre agli scafisti vengono date «chiare istruzioni per raggiungere le imbarcazioni Ong». Perciò il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro ha aperto una inchiesta conoscitiva sulle Ong «che entrano nelle acque territoriali libiche chiamate dagli organizzatori del traffico», che «dispongono di costosissimi droni per intercettare i barconi», per cui si rende necessario capire «come nascono, chi le finanzia, quale finalità perseguono» (…), mentre il giorno prima, sullo stesso quotidiano scriveva che il think tank olandese «Gefira» ha tracciato per settimane gli spostamenti delle navi delle organizzazioni non governative che pattugliano il Mediterraneo centrale con una flotta di quattordici imbarcazioni, alcune dotate di droni. E secondo la fondazione olandese, nata dall’eredità di Franck Biancheri, padre del progetto Erasmus, alcune delle navi finiscono col dare una grossa mano agli scafisti. La loro missione sarebbe individuare gommoni carichi di disperati, prenderli a bordo e portarli in salvo. Nonostante il record di morti in in mare del 2016, ben 4.500, si direbbe un obiettivo umanitario di indiscutibile valore. Ma il lavoro della fondazione Gefira solleva dubbi. Quesiti che si sovrappongono a quelli dell’agenzia europea Frontex, della polizia italiana e delle procure di Palermo e Catania che stanno indagando sul fenomeno (…).

Risvolti in “chiaroscuro” non facilmente decifrabili, ma che mostrano un quadro della situazione piuttosto nebuloso dal quale traspaiono interessi trasversali ignoti. E tutto ciò senza passare ad una approfondita analisi sull’accoglienza che viene riservata ai migranti, una volta “sbarcati” in Sicilia/Italia, e sulla gestione stessa dell’accoglienza, già da tempo all’esame della Magistratura.

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