Quel che non si vuole sapere (e dire) sui migranti

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Ci siamo occupati da anni e anni della delicata questione dei migranti (prima definiti “clandestini” poi “profughi” o “fuggitivi”) che continuano ad essere salvati nelle acque dell’infido Mediterraneo per, quindi, essere sbarcati nei porti siciliani (gli ultimi 500 due giorni addietro ad Augusta).

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Una storia senza fine sulla quale si sono innescati interessi e disinteressi strumentali a seconda dei momenti politici vissuti non solo in Italia ma in tutti i Paesi dell’Europa. I migranti, in un modo o in un altro, fanno sempre “notizia”: sulla pelle dei migranti si giocano spesso partite ignote che hanno come posta ricatti reciproci che (alla fine, in un modo o in un altro) non vedono di certo “vincitori” gli stessi migranti, ma chi gioca meglio e sa trarne profitto. Una storia senza fine in realtà poco conosciuta poiché i “veri” aspetti della questione hanno origini poco chiare (“poco chiare”, leggasi come eufemismo) e le trasversalità che vengono innescate difficili da essere individuate.

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Restano i dati di fatto: i “numeri” dei migranti sbarcati, i “numeri” delle vittime, i “numeri” che costituiscono i “costi” della (pseudo?) accoglienza, i “numeri” dei compromessi spacciati per “senso umanitario”. Noi continueremo a parlare dei migranti, lo facciamo da quando questo giornale (allora cartaceo) undici anni addietro si presentò ai lettori. Ne abbiamo parlato ancora appena due giorni addietro, lo rifacciamo anche oggi presentando integralmente – per darne ulteriore diffusione – l’Editoriale di Gianandrea Gaiani su Analisi Difesa dall’emblematico e significativo titolo “Le chiacchiere e i fatti”. E’ un articolo che è opportuno leggere attentamente e sul quale si dovrebbe riflettere a lungo per capire cosa sta accadendo e per non essere travolti dalla disinformazione imperante sui principali mass media nazionali e internazionali. (S. B.)


ANALISI DIFESA

LE CHIACCHIERE E I FATTI

di Gianandrea Gaiani

 

L’Unione Europea e l’Italia si giocano (male) le ultime briciole di credibilità residua nella “guerra” all’immigrazione illegale che vede un po’ troppi “collaborazionisti col nemico” da questa parte del Mediterraneo. Quanto accaduto negli ultimi giorni è sintetizzabili in alcune sequenze consecutive.

Nella prima, che potremmo intitolare “le chiacchiere europee” il presidente del consiglio Ue Donald Tusk pronuncia la fatidica frase “chiuderemo la rotta libica. Sembrava una svolta importante con la Ue che, dopo aver chiuso la rotta balcanica in seguito a un traballante accordo con la Turchia pareva pronta a sostenere l’Italia per fermare i clandestini e contrastare finalmente i trafficanti libici. La sequenza poi procede col vertice a La Valletta dove non hanno deciso nulla. Solo chiacchiere: l’impegno per la stabilizzazione della Libia, ora “più importante che mai” con l’Europa che “darà il massimo per contribuire a questo obiettivo”.

Il premier italiano Paolo Gentiloni con il premier libico Fayez al Sarraj

Però sui respingimenti in Libia dei clandestini, mai nominati esplicitamente, nessuno pensa di fare “miracoli”, né ci sono “bacchette magiche”, spiega il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni: l’obiettivo è “ridurre il numero degli arrivi”, in modo da rendere il fenomeno “gestibile” e dare così, evitando “emergenze e tragedie”, una “risposta all’opinione pubblica”.

Cosa vorrà dire Gentiloni? Li faremo partire un po’ alla volta? Diremo ai libici di non farli salpare tutti insieme? Forniremo ai trafficanti barche più sicure e inaffondabili per mandarci i clandestini in tutta sicurezza? Li andremo a prendere direttamente sulle spiagge pagando noi l’obolo ai trafficanti per sostenere l’economia libica visto che il 50 per cento del PIL della Tripolitania è generato dai traffici illeciti?

La sequenza si conclude con Gentiloni che ripete ancora una volta che l’Italia si aspetta che i partner Ue si accollino i ricollocamenti dei clandestini accolti in Italia. Ancora questa barzelletta? E se anche li accogliessero tutti tra pochi mesi saremmo allo stesso punto se nessuno chiude “il rubinetto” in Libia. Certo è impossibile poi non notare che gli stessi governi responsabili dell’accoglienza indiscriminata di immigrati illegali si dicono oggi favorevoli a bloccarne i flussi, sposando di fatto le stesse posizioni dei movimenti nazionalisti, “populisti” o dei paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad.

E’ paradossale che, dopo averlo a lungo criticato, la Ue concordi oggi con il presidente ungherese Viktor Orban solo perché, come dice lo stesso Tusk, si è accorta che i flussi migratori illeciti “non sono più sostenibili”. Il sospetto è che i governi di molti paesi della Ue, specie quelli dove vi sono elezioni imminenti, abbiano interesse a mostrare un atteggiamento più rigido sull’immigrazione per contenere i crescenti consensi dei partiti nazionalisti e identitari.

A Bruxelles poi non sono neppure tutti d’accordo con la nuova linea. Mentre Tusk parlava di chiudere la rotta libica, Federica Mogherini ha rilasciato un’intervista in cui afferma che i flussi migratori non si possono fermare e in ogni caso la Ue ha bisogno di immigrati per combattere il calo demografico. Invece di immigrati illegali e islamici non sarebbero meglio asilo nido gratuiti e assegni famigliari dignitosi? Inutile attendersi risposte da un’Europa che non sa neppure porsi le domande appropriate.

La seconda sequenza potremmo intitolarla “chiacchiere italo –libiche” e mostra Fayez al-Sarraj e Paolo Gentiloni firmare un accordo basato sull’aria frutta che dovrebbe fermare o almeno rallentare i flussi di immigrati. Scritto in politichese misto a burocratese, l’accordo non è di facile lettura ma contiene tutto il repertorio del buonismo nazional popolare.

Si parla di “avviare iniziative di cooperazione per il sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali” mentre l’Italia fornirà “sostegno e finanziamento a programmi di crescita nelle regioni colpite dal fenomeno dell’immigrazione illegale, in settori diversi”. Cioè butteremo altri soldi al vento donandoli ai governi africani nella vana speranza che fermino gli immigrati clandestini. A questo dovrebbero servire i 200 milioni annunciati giorni fa dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano?

Roma fornirà “supporto tecnico e tecnologico alla guardia di frontiera e dalla guardia costiera libiche” si impegnerà nel “completamento del sistema di controllo dei confini terrestri del sud della Libia, nell’adeguamento e finanziamento dei centri di accoglienza”. Quindi daremo tecnologie ai libici perché controllino coste e confini sahariani che non sono però in mano ad al-Sarraj il cui governo presidia solo la base navale di Abu Sittah. L’intesa prevede la formazione “del personale libico all’interno dei centri di accoglienza, sostenendo i centri di ricerca libici che operano in questo settore”. Qualcuno ha mai sentito parlare di centri di ricerca libici che operano nel settore dell’immigrazione? Forse ce li hanno i trafficanti per valutare le tendenze del mercato e gestire meglio i flussi.

Facile intuire che da questa montagna di chiacchiere non uscirà nulla di concreto anche perché al-Sarraj non può prendere impegni di nessun tipo considerata l’autorità che realmente esercita. Lo pseudo premier ha però tranquillizzato i trafficanti negando che le navi militari Ue violeranno le acque libiche.

Quindi saranno le motovedette di Tripoli a riportare a terra i migranti? In ogni caso al- Sarraj ha tenuto a precisare che i clandestini respinti (l’accordo li chiama “rimpatri umanitari”) non resteranno stabilmente in Libia ma verranno rimpatriati con ponti aerei. Ma ammesso che si facciano chi li attuerà? L’Onu? E chi li pagherà? La Ue?

Italia e Libia, prevede ancora l’accordo, proporranno entro tre mesi “una visione di cooperazione euro-africana più completa e ampia, per eliminare le cause dell’immigrazione clandestina, al fine di sostenere i paesi d’origine dell’immigrazione nell’attuazione di progetti strategici di sviluppo, innalzare il livello dei settori di servizi migliorando così il tenore di vita e le condizioni sanitarie, e contribuire alla riduzione della povertà e della disoccupazione”.

Un vero libro dei sogni. “Visioni” a scadenza trimestrale hanno poco senso ma se non si comincerà già da oggi stesso i respingimenti allora vedremo nelle prossime settimane salpare migliaia di clandestini dalle coste libiche. Se quella contro i trafficanti è una “guerra” (così la chiamò il ministro della Difesa, Roberta Pinotti) le iniziative vanno annunciate dopo averle assunte non con mesi di anticipo consentendo così al nemico di adottare contromisure.

Che dire poi dell’obiettivo di Roma di migliorare gli standard di vita africani per scoraggiare le migrazioni? Ovviamente buttando soldi nostri che sarebbero meglio spesi per i 4,6 milioni di italiani poveri censiti dall’Istat.

Ogni euro investito oggi in Africa è buttato al vento poiché senza una seria campagna di controllo delle nascite il Continente Nero è destinato ad esplodere. Peccato che nel Sahel la fede islamica impedisca ogni tipo di controllo demografico mentre l’esodo di migranti aiuta i governi a liberarsi da giovani arrabbiati e delusi che domami invieranno a casa valuta pregiata e già da oggi costituiscono per l’Europa un problema di sicurezza gravissimo.

Migliorare le condizioni di vita del Sahel sarebbe un obiettivo forse non privo di senso se programmato sui prossimi 30 anni e comunque solo se non fossero i clepto-governi africani a dominare quelle regioni. Se è improbabile una nuova fase coloniale è altrettanto certo che in Africa si continuerà a vivere peggio che in Europa ancora per molti decenni almeno. Per questo l’immigrazione illegale va stroncata con la forza delle leggi e nel caso delle armi non buttando soldi e facendoci prendere per il naso da libici e africani. Del resto, invece di alleviare la disoccupazione giovanile nel Sahel, Gentiloni farebbe meglio a combattere quella italiana, oggi al 40 per cento.

La terza e ultima sequenza di questa vicenda potremmo intitolarla “i fatti concreti” e mostra decine di gommoni e barconi salpati ieri e oggi dalle solite spiagge della Tripolitania con a bordo i soliti clandestini africani raccolti dalle solite navi italiane ed europee, civili e militari, e portati in Italia per arricchire i soliti enti, associazioni, ong, coop legate ai soliti carri politici. Sono arrivati in 3 mila negli ultimi giorni mentre l’Europa e l’Italia chiacchieravano di respingimenti e chiusura della “rotta libica”.

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