di Salvo Barbagallo
I “nulla osta” di Barack Obama per la Sicilia valgono ancora, ma forse Donald Trump, il nuovo presidente USA, non ha conoscenza diretta: i marines di stanza stabile a Sigonella vengono impiegati (dove vengono richiesti?) per fare pulizie in giardini, scuole, chiese e strade del capoluogo etneo. Questo incarico “speciale” i marines lo svolgono a livello di “volontariato”, ma non è noto se il “servizio” particolare sia stato richiesto (o meno) dall’attuale sindaco Enzo Bianco, e non sono altrettanto note le condizioni del “volontariato” made in USA. È lecito chiedersi se Donald Trump approvi (o meno) la circostanza che i suoi (armati) uomini migliori in missione permanente all’estero (a Sigonella) vengano impiegati in questo modo: uno spreco, tutto sommato, di energie fisiche e anche di moneta, dal momento che a pagare i marines in trasferta è l’amministrazione statunitense e non l’amministrazione del Comune di Catania. Iniziativa deprimente, alla fine, considerato che il sindaco Enzo Bianco dispone di un servizio pubblico di Nettezza Urbana che (forse?) ha altri incarichi, diversi dal tenere pulita e brillante la città e i suoi monumenti.
Più volte abbiamo segnalato su questo giornale questa “anomala” prestazione dei marines USA a favore di Catania: prestazione sistematicamente periodica che viene puntualmente messa in rilievo dal giornale locale, come se fosse un fatto che merita attenzione. In realtà gli episodi che riguardano questi “marines” all’opera meritano riflessione approfondita, più che attenzione etichettata “curiosità”. Ne abbiamo parlato tante volte, e ne torniamo a parlare, magari consigliando il responsabile delle Relazioni esterne della base USA di Sigonella di evitare di reclamizzare tali iniziative perché gli effetti di “commento” (per quanti ancora vogliono discernere il grano dall’oglio) è inevitabilmente negativo. Queste “iniziative” infatti non possono (e non devono) essere considerate “pubbliche relazioni”, ma solo fumo negli occhi che non potrà mai coprire la “vera” natura della (forte) presenza militare statunitense a Sigonella e nelle varie basi sparse nel territorio isolano.
Piacerebbe avere in giro americani, ma in qualità di turisti e non come forza di “occupazione militare”, perché tale deve essere considerata non solo la presenza stabile a Sigonella (e altrove in Sicilia) dei marines, ma anche l’intero apparato bellico al loro seguito, dai velivoli cargo (cosa trasportano?), ai droni “Global Hawks” e “Predator” in grado di operare con missili (anche nucleari?) e non solo con sofisticate attrezzature video/fotografiche. Così come è da considerare occupazione stabile (quasi sicuramente “definitiva”) del MUOS a Niscemi, impianto di comunicazione satellitare (solo comunicazione o anche intercettazione?) che serve per scopi di guerra (?) e non certo per utilità “civile”. Eccetera, eccetera.
Allora, anche la “presa in giro” della collaborazione UA/Catania dei marines impiegati come “pulizieri”? L’addetto alle Relazioni con l’esterno della Naval Air Station USA di Sigonella, Alberto Lunetta, forse dovrebbe trovare altri sistemi per fare apprezzare la scomoda presenza yankee a Catania. O forse dovrebbe cambiare mestiere (ma questi sono affari suoi). Ci piacerebbe conoscere il pensiero del Presidente Donald Trump in merito…
Su questo “solito” argomento, a seguire (dopo la photogallery) alcuni articoli pubblicati in precedenza, per rinverdire la memoria.
15 settembre 2016
I marines perfettamente integrati a Catania
di Salvo Barbagallo
Anche se in ritardo, dovremmo dare ragione al ministro della Difesa Roberta Pinotti in merito all’integrazione dei militari statunitensi di stanza a Sigonella con la collettività Siciliana? È forse vero (!) che i marines sono perfettamente “inseriti” nel tessuto sociale etneo? Quindi corrisponde alla “verità” quanto ha dichiarato il ministro al giornalista Mario Barresi il 6 settembre scorso, in occasione della sua visita a Catania per prendere parte alla Festa nazionale dell’Unità: So che Sigonella è una base ben inserita nel territorio e in realtà gli americani e gli italiani sono come se fossero un’unica realtà (…)?
Qualcosa (per caso) ci ha fatto cambiare opinione? No, la nostra opinione rimane intatta e lo dimostra un articolo che abbiamo avuto modo di leggere ieri (24 settembre) nell’inserto del Corriere della Sera (Corriere Sociale – Corriere del Mezzogiorno). Un articolo significativo sul “rapporto” dei militari statunitensi con la popolazione locale, molto più esplicativo di quanto detto da Roberta Pinotti…
Già il titolo del servizio giornalistico (a firma di Riccardo Rossi) spiega in maniera chiara quanto e perché gli yankee siano ben voluti dai Siciliani: “Dalla base di Sigonella volontari in chiese, scuole e associazioni. Ogni anno 159 iniziative di solidarietà per ricambiare l’ospitalità siciliana. Così i militari Usa aiutano i più deboli”. C’è da commuoversi sin dalle prime righe dello scritto di Rossi: Gli americani sono un popolo che influenza la vita di questo pianeta in tanti modi. Pochi sanno che tutte le basi e navi militari nel mondo hanno un programma di solidarietà verso le popolazioni locali. La Stazione aeronavale della Marina Usa di Sigonella, dislocata nella Sicilia orientale, si è distinta nel mondo ricevendo il premio come come migliore programma di buon vicinato del 2015 per avere effettuato 150 progetti solidali, che ha visto impegnati 1200 militari, con un totale di 8000 ore di volontariato (…). Questi uomini che fanno parte di vari reparti, svolgono servizi utili alla collettività (…).”.
Veramente commovente e ammirevole.
Peccato che negli incontri di volontariato come da programma ben definito non si parli dei droni Predator o Global Hawks o del Muos, e cerchi ora di riportare indietro le lancette del tempo cercando di riproporre metodologie di persuasione che si credevano seppellite. C’è da chiedersi, infatti, se qualcuno negli USA ha inteso rispolverare le teorie propagandistiche di Joseph Paul Goebbels…
In più circostanze noi ci siamo occupati del “volontariato” dei marines di stanza a Sigonella: torneremo su questo argomento ogni qual volta si presenti l’occasione.
E non volendo aggiungere altro, ci limitiamo a riportare “qualche” articolo dei tanti pubblicati su questo giornale.
Ecco cosa fanno gli americani di Sigonella a Catania
7 giugno 2016
di Salvo Barbagallo
Se non fosse per la stampa locale non sapremmo quale attività svolgono effettivamente gli americani di stanza nella base militare di Sigonella. Periodicamente (ma con “costanza”) veniamo a conoscenza del perché ormai da oltre mezzo secolo gli yankee si sono stabiliti alle porte del capoluogo etneo: i giovani marines stanno a Catania per svolgere il lavoro di…giardinieri! È vero, poiché gli enti locali non sanno più come ripulire il (poco) verde urbano, si avvalgono della partecipazione straordinaria dei marines. Da non crederci, ma è così. Probabilmente (ma in merito non è mai stato diramata comunicazione da parte degli organismi competenti, e quindi il dubitativo è d’obbligo) tra la Naval Air Station di Sigonella (base autonoma statunitense) e il Comune di Catania è stata firmata da tempo qualche particolare convenzione, in quanto sistematicamente (sempre dalle notizie riportate dalla stampa locale) pattuglie di marines ripuliscono i giardinietti (?) delle scuole pubbliche e quelle di qualche piazza della città.
Sempre da notizie della stampa locale, ora apprendiamo che la collaborazione USA/Catania si è estesa fuori dal perimetro del capoluogo, grazie ai Club Services della provincia. E così abbiamo appreso che i marines hanno “adottano “un’aiuola” del Comune di Sant’Alfio.
Questa iniziativa è veramente significativa, come le altre che l’hanno preceduta: è il segno più tangibile dell’ottimo e incomparabile rapporto esistente tra gli “alleati” USA e la collettività Siciliana e la collettività catanese in particolare.
Tutto qui?
Certo, tutto qui.
INDISCRETO
Domanda –
E a Sigonella i Global Hakws, i Predator (i droni, i velivoli senza pilota, fortemente armati e operativi), a Niscemi il MUOS, e tutte le altre diavolerie belliche americane sparse nel territorio dell’Isola, che ci stanno a fare?
Risposta –
Ma via, quello è un altro discorso che con la Sicilia non ha nulla a che fare perché gli apparati bellici USA costituiscono un “rapporto” specifico e preciso con il Governo Italiano.
Domanda –
Ma, ci prendiamo in giro? La Sicilia non è “Italia”?
Risposta –
Beh, anche questo è un altro discorso…
Domanda –
Forse che la Sicilia ha chiuso il suo Parlamento e non ha più un suo Presidente della Regione in grado di decidere cosa fare o non fare nel suo territorio?
Risposta –
…Questa è propaganda di stampo stalinista! Perché porsi questi interrogativi quando neanche Putin ha mai obbiettato sulla presenza stabile di basi militari americane in Sicilia, pesantemente attrezzate per prevenire qualsiasi evento che possa mettere in pericolo l’Italia e l’Europa!
Domanda –
E i pericoli che corre la Sicilia per questo suo senso (obbligato?) di “ospitalità” militare straniera non si tengono in conto?
Risposta –
Ma quali pericoli e pericoli: gli americani stanno qui per difendere tutti noi!
Domanda –
Da cosa ci difendono? Dai migranti o dalla mafia?
Risposta –
Ci difendono anche da quanti sporcano i giardinetti: non vedi che adottano anche le aiuole?
Non solo replay: riecco i marines in azione a Catania
17 giugno 2016
di Vittorio Spada
Se non fosse per il quotidiano La Sicilia non verremmo sicuramente a conoscenza delle “missioni” che sono chiamati ad affrontare i marines di stanza (in forma stabile) nella vicina base “americana” di Sigonella. Grazie al giornale locale, la collettività etnea sistematicamente e puntualmente è tenuta informata sui movimenti dei militari statunitensi e sulle rischiose trasferte operative che compiono in un territorio (per loro) straniero.
Marines in addestramento a Sigonella
Certo, le “missioni yankee” sono splendidamente pianificate da esperti programmatori che da decenni hanno studiato ogni minimo dettaglio della provincia catanese e dell’intera isola, e si avvalgono anche delle più moderne e sofisticate tecnologie belliche. I militari USA, infatti, hanno a disposizione innanzitutto i droni, velivoli senza pilota di ultima generazione, quali i Global Hawks e i Predator che sono in grado (quando non vengono armati con missili) di fotografare ogni millimetro di terreno e scoprire eventuali (?) pericoli con largo margine di anticipo.
I militari USA, inoltre, hanno a disposizione centrali di ascolto e di intercettazione, hanno pure (anche se ufficialmente tenuto sotto sequestro dalla magistratura) il formidabile impianto satellitare di comunicazione mondiale, il MUOS di Niscemi. Insomma, gli americani di Sigonella hanno una vasta gamma di aggeggi bellici a disposizione che, da soli, possono far fronte a una Terza Guerra mondiale.
Ma l’elemento più importante sul quale può contare il personale della Naval Air Station USA di Sigonella è il “supporto” delle competenti autorità locali, che hanno molto a cuore il destino della collettività che rappresentano e che, opportunamente, ritengono, come avvenne nei lontani Anni Quaranta, che una nuova “AMGOT” (Allied Military Government of Occupied Territories) potrebbe risolvere tutti i problemi presenti e futuri.
Chissà perché tornano in mente le dichiarazioni che il politologo Edward Luttwak rilasciò nel settembre dello scorso anno:. Cosa diceva di “interessante” il politologo (anche lui!) “made in Usa”? Forniva una efficace “ricetta” ai Siciliani per uscire dalla interminabile crisi e dal sottosviluppo che li affligge: “E’ semplice. Rialzando con orgoglio il loro vessillo indipendentista sanguinante, i siciliani si riuniscono in assemblea e dichiarano la loro separazione da Roma. Non vogliono più un soldo da chi li ha asserviti e distrutti. Il loro capo – che vedrei bene indossare un elmetto – prima di tutto dichiara che in ogni caso non vorrà essere rieletto, poi procede al licenziamento di tutti i dipendenti pubblici della Regione. Sarà riassunto solo chi ha intenzione di lavorare. Viene dato spazio all’iniziativa privata, al commercio, al turismo, alla cultura. Viene incoraggiato il co-investimento. Vengono ristrutturati i porti eliminando la burocrazia, viene alacremente costruito un hub portuale internazionale nella piana di Enna. L’isola non sarà più governata dalla mafia, dalla politica, dal Calogero Sedara, ma dai siciliani veri, compresi i suoi nobili, come ai tempi di Federico II. E di nuovo stupirà il mondo”.
Forse quel “messaggio” è stato raccolto e c’è chi si adopera di conseguenza?
O forse esageriamo noi: questa pappardella di osservazioni per commentare l’articoletto de La Sicilia” (15 giugno) dal titolo “Marines e migranti insieme per pulire il lido salesiano”?
Ah!… Avevamo dimenticato il connubio “marines-migranti”: e cosa significa?